Capitolo 48

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La risposta di Hana risuona nella mia testa per tutto il giorno, accompagnando il dolore sordo che ho nel petto. Come da un po' di tempo da queste parti, sa bene come individuare i miei punti più sensibili e colpirli proprio nel centro, senza mai mancare l'obiettivo. Ma se solitamente riesce a farmi ragionare senza alcuna difficoltà, questa volta ha solo fatto in modo di accordare un po' più di potere al mio subconscio.

"Sei in grado di integrarti e adattarti a qualunque tipo di situazione, Whitney. Sei più forte di quanto pensi." Mi ha risposto semplicemente. "Ma adattarti non vuol dire vivere. Se tu avessi voluto limitarti ad "adattarti", te ne saresti già ritornata in comunità e avresti accantonato tutti i suoi sogni. Non fare l'errore di seppellirti in quel luogo sperduto insieme a tua madre, questo non la riporterà indietro."

Le sue parole mi hanno accompagnata per tutto il pomeriggio, anche mentre mi sforzavo di accontentare l'ennesimo cliente impaziente- convinto che per fare un cappuccino basti la forza del pensiero e che, quindi, non richiede che un nanosecondo. Ma impegnata come sono stata a correre in su e giù, ho sentito per la prima volta da questa mattina un'emozione non collegata alla morte di mia madre: la mancanza di Justin. E involontariamente mi sono chiesta come sarebbe la mia vita senza di lui, ora che so che non ho necessariamente bisogno di un ingenuo ragazzo amish per essere felice e che, anzi, quello che mi attrae in Justin non ha niente a che fare con quello che potrei mai trovare dentro la mia piccola comunità.

Soffrirei senza di lui? Probabilmente si.
Saprei abituarmi alla sua mancanza? Il mio cervello non è in grado di trovare una risposta a questa domanda. Essendo Justin la prima persona che ha saputo spazzare via ogni mia esitazione, non ho alcun termine di paragone. Quindi no, non ho la più pallida idea di come si affronti una rottura e la sofferenza che ne consegue.

Certo è che saltare dal dolore causato dalla perdita di mia madre al pensiero che a breve potrei perdere anche Justin mi prosciuga anche dall'ultimo grammo di forza, facendomi catapultare in una sorta di trance che dura fino alla fine del turno.

Non che la situazione migliori una volta fuori dal Caffee Shop, intendiamoci. D'altra parte, come promesso, Zachary fa nuovamente capolino, portandosi dietro tutte le sue scomode verità.

Dopo solo mezz'ora di chiacchere le mie supposizioni sul fatto che io non sia più la benvenuta diventano convinzioni. Ma non è questo ciò mi ferisce di più, bensì il fatto di venir a sapere che oltre alla giustificata tristezza che regna nella mia casa d'infanzia, ciò che risuona di più sono le urla di Bethany- la mia sorellina- e mio padre. A detta di Zachary, Bethany, da due settimane, sta insistendo affinché papà lasci che mi raggiunga a New York, poiché ormai del tutto insofferente per quanto riguarda tutto ciò che è collegato alla comunità.

Ovviamente Bethany è troppo piccola per poter fare un tale passo. Papà ha sempre messo in chiaro che ognuno di noi avrebbe avuto una possibilità di avere un assaggio del mondo, al di fuori della comunità, dopo i diciotto anni. Mai prima. Il che vuol dire che, secondo questa regola mai passata inosservata per quanto riguarda me e i miei fratelli, Bethany dovrebbe aspettare ancora almeno tre anni prima di vedere il proprio desiderio avverarsi.

Ma Bethany non è me, Bethany è un vulcano pronto ad eruttare ogniqualvolta qualcosa le venga negato. Ed il suo carattere esplosivo spesso la fa finire in infinite discussioni, che delle volte la portano a raggiungere il suo obiettivo e altre volte, invece, semplicemente contribuiscono ad appesantire l'atmosfera. La sua sfortuna però, in questo caso, è che non c'è neanche un minimo di probabilità che mio padre faccia un'eccezione alla regola per lei. E mi si spezza il cuore nel sapere che sia bloccata in quel posto, quando lei vorrebbe semplicemente raggiungermi.

"Se solo ci fosse un modo per convincere mio padre..." Rifletto a voce alta, beccandomi uno sguardo incredulo da parte di Zachary.
"Whitney, ripensaci." Si affretta a rispondere, sapendo esattamente in che direzione sto andando a parare. "Non solo non sei più la benvenuta a casa e dentro la comunità, ma non c'è nemmeno un minimo di possibilità che tu convinca tuo padre a lasciare che Bethany abbandoni la comunità a soli 15 anni. E sai cosa succederà? Semplicemente non avrai il coraggio di abbandonare Bethany e tornerai a vivere nella comunità, quando è ben chiaro che non sia più un posto che faccia al caso tuo. È un suicidio."
"Faresti la stessa cosa per il bene della tua sorellina." Asserisco, senza negare che il suo ragionamento sia giusto.
"Probabilmente si." Ammette, scuotendo la testa con fare rassegnato.

Dopo di questo, restiamo ancora un po' a conversare, riuscendo a raggiungere un accordo: Zachary mi darà ancora un paio di giorni per pensare sul da farsi e al termine di questo breve periodo, se non sarà riuscito a indirizzare i miei pensieri in una direzione totalmente diversa da quella di tornare nella comunità, ce ne torneremo insieme.

E quando le nostre "trattative" finiscono è già mezzanotte passata e di Justin non c'è ancora alcuna traccia. Eppure, pur ricordando le prime ore di questo terribile giorno piuttosto vagamente, sono decisamente sicura di aver precisato che avrei voluto rivederlo una volta finito il turno.

Non è da Justin sparire nel nulla senza dare nemmeno un piccolo segno di vita. Solitamente è lui che mi sommerge di messaggi, pur sapendo che ancora non sono così presa da tutta questa tecnologia, per il semplice gusto di farmi sapere che lui c'è sempre, anche se in quel determinato momento non è presente fisicamente.

Questa volta, invece, sta a me fare un piccolo sforzo e usare quella diavoleria per assicurarmi che vada tutto bene. Ma dopo un paio di squilli mi convinco da sola che forse semplicemente sta dormendo e si è dimenticato di avvisarmi del fatto che non aveva intenzione di vedermi questa sera. Il che, comunque, è un po' bizzarro. Si nasconde proprio nel momento in cui ho più bisogno di lui?

No, non voglio addossargli alcuna immeritata colpa. Il mio comportamento di questa mattina deve averlo ferito, in qualche modo. Al diavolo, ero così confusa ed annientata che non mi sono preoccupata che dei miei sentimenti. E tuttora sono incastrata in questo vortice distruttivo, ma, in più, c'è un qualcosa nella mia testa che mi spinge a preoccuparmi per Justin, facendomi sentire l'incessante bisogno di assicurarmi che niente sia cambiato.

"Cosa ci fai ancora sveglia?" Sento dall'altra parte e, inizialmente, faccio persino fatica a riconoscere la sua voce. Ma attribuisco questo fugace momento di interdizione al fatto che io sia stata presa alla sprovvista, poiché ormai convinta che non avrei ricevuto alcuna risposta.
"Justin..." Inizio, per poi fermarmi e schiarirmi la voce. "Va tutto bene? Mi sarei aspettata di vederti questa sera."
"Lo so, mi dispiace." Farfuglia e la sua voce mi appare nuovamente strana, quasi impastata. Forse stava davvero dormendo prima che io lo chiamassi?
"Ho avuto un piccolo problema." Riesce finalmente a proferire.
"Che tipo di problema?" Ribatto immediatamente. "E perché non mi hai chiamato?"
"Non sono un bambino, riesco a risolvere i miei problemi anche da solo." Ribatte e mi sembra parecchio in difficoltà a mettere insieme un discorso che contenga più di qualche parola.
"Lo so, è solo che..." Cerco di rispondere, per poi fermarmi nuovamente, rendendomi conto di essere a corto di parole.
"Sono davvero un idiota." Sento farfugliare nuovamente dall'altra parte. "Buonanotte, Whitney."

Ancor prima di avere il tempo di rispondere, realizzo che ormai lui abbia deciso di mettere fine alla chiamata, lasciandosi dietro una me ancora più confusa e preoccupata. Questo non è il Justin che io conosco, cosa sta succedendo?

"Perché ho l'impressione che sia successo dell'altro?" Interrompe Hana il filo dei miei pensieri, facendo capolino nel salotto con addosso il suo pigiama rosa in flanella e portandosi dietro due tazze di tè.
"Ho appena chiamato Justin e, giuro, ho quasi avuto l'impressione che facesse fatica a parlare." Le spiego, sbattendo le palpebre ripetutamente come per cercare di svegliarmi da questo incubo. "Farfugliava di continuo."
"Forse era solo ubriaco? Si sarà sentito messo da parte e ha bevuto qualche bicchiere, non farne un dramma." Suggerisce, per poi affrettarsi a continuare, probabilmente notando il mio improvviso pallore cadaverico. "Whitney, ci sei?
"È un problema se sei un alcolista in via di guarigione." Asserisco a voce bassa, più per me stessa che per lei.

N.a
Ciao, ragazze! Si, esatto, sono ancora viva e ben consapevole che dopo questa lunga assenza probabilmente poche di voi sono rimaste con la speranza di vedere arrivare la notifica di un mio aggiornamento.

Sto per dire una cosa terribile: non sono dispiaciuta. Cioè, MI SPIEGO MEGLIO, sono dispiaciuta per avervi in un certo senso deluse, ma non per essermi presa una pausa.

Ne avevo bisogno, nonostante non sia stata in grado di capirlo.
E ora che ho staccato un po' da tutto, mi sento pronta a riprendere in mano le redini della storia e portarla al termine il più dignitosamente possibile.

Dunque, per chi mi ha abbandonato: vi capisco, l'avrei fatto anche io; per chi, invece, è ancora qui: ne è valsa la pena, fidatevi di me. Farò in modo che questa storia non sia il solito cliché che dimenticate non appena finite di leggere l'ultimo capitolo. Ve lo prometto.

Sono tornata e sono più forte di prima!

Il cielo nei tuoi occhi d'ebanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora