Capitolo 55-Justin

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"Ehi, Justin!" Sento provenire dal corridoio, accompagnato da un lieve bussare nella porta. Per qualche istante valuto l'idea di ignorare la voce amichevole di Matt, ma, per qualche strano motivo, mi risulta alquanto difficile farlo. Perciò, dopo una frazione di secondo in cui mi permetto di tintinnare, dopo essermi alzato di scatto dal letto disfatto, le mie gambe prendono a camminare nella direzione della porta.

"Cosa c'è, Matt?" Chiedo non appena apro la porta, cercando invano di sbandierare un'espressione stufata.
"Stiamo organizzando una partita di basket, vuoi venire?" Mi chiede, completamente indisturbato dai miei tentativi di far sembrare che io sia completamente disinteressato a qualsiasi essere umano nel raggio di qualche km. "Prima di dire di no, ricordati che mi devi un favore."
"E lo vuoi sprecare così?" Ribatto, inarcando un sopracciglio. In tutta risposta, il ragazzo alza le spalle con nonchalance, per poi girare i tacchi e cominciare ad attraversare il lungo corridoio davanti a sé, completamente convinto che io seguirò i suoi passi.

E, in effetti, è proprio ciò che faccio. Ma non perché solo qualche giorno fa, per una ragione a me del tutto sconosciuta, ha deciso di aiutarmi a scamparmela da un incontro totalmente indesiderato con uno dei miei cosiddetti amici, Mason. A quanto pare, da quando ho preso la saggia decisione di rinchiudermi in un rehab per un mese e mezzo, improvvisamente tutti sembrano interessarsi a come stia andando la mia vita.
Comunque sia, Matt- da brava palla al piede quale gli piace essere, ha catturato l'istante preciso in cui Mason ha chiesto di me ad uno degli addetti della clinica, per poi mettere su un teatrino con lo scopo di far credere a Mason che stavo attendendo un incontro molto delicato con lo psicologo, quando semplicemente stavo dormendo beatamente nella mia stanza spoglia e impersonale che mi fa da rifugio da venti giorni da questa parte.

Tutt'ora mi chiedo perché Matt l'abbia fatto.

Non conosce me.
Non conosce la mia storia.
Non conosce Mason.

Probabilmente ha capito che non gradisco alcuna visita mentre sono intrappolato qua, non è poi così difficile da arrivare a questa conclusione. Eppure non è comunque facile decifrare il motivo che lo abbia portato a coprirmi le spalle, dopo aver semplicemente sentito dire il mio nome, considerando che sin da quando ho messo piede in questa clinica non ho fatto altro che ostentare il mio lato più asociale.

"Sbrigati!" Mi intima senza girarsi minimamente nella mia direzione, proseguendo verso la sua destinazione. "Abbiamo a disposizione una mezz'ora prima che qualcuno debba andarsene per quella sorta di tortura mentale di gruppo."
Una risata sfugge dalle mie labbra, mentre velocizzo la mia camminata e guardo distrattamente il personale della clinica impegnato in un andirivieni continuo. In un batter d'occhio attraversiamo la hall che ha più l'aspetto della reception di un albergo che di quella di un rehab, e arriviamo nel cortile posteriore diviso in una zona verde adibita a panchine e tavoli, un piccolo campo da basket e uno da tennis.

Per un posto che accoglie ogni mese figli di papà distrutti dall'alcol e droga, direi che non sia poi così male. L'unica pecca sono semplicemente i soggetti che vi transitano temporaneamente, incluso me. Ma per la mia difesa, questo posto mi serve per dimostrare che negli ultimi mesi ho davvero fatto del mio meglio per mettere la testa a posto.

Sbandierare al vento il fatto che io sia sobrio nuovamente da ormai sei lunghi mesi da questa parte, non è più abbastanza. Soprattutto quando la mia credibilità come individuo pensante, dopo la mia ultima ricaduta, sia scesa sotto il livello della terra.

Un altro lato bello di questo posto, se così si può dire, è che sono circondato da persone come me: con la testa incasinata, ma con il desiderio di renderla più libera. Se avessi saputo che non mi sarei sentito poi così fuori luogo, probabilmente mi sarei risparmiato un sacco di ansie e di paranoie.

Certo, avevo ragione a pensare che mi sarei sentito torturato ad ogni incontro di gruppo o ad ogni seduta con uno psicologo, ma alla fine della giornata sembra comunque ne stia valendo la pena. Quando mi rinchiudo nella mia stanza spoglia, mi sento bene per aver iniziato finalmente a fare un qualcosa di tangibile per me stesso.

E' vero, non è stata un'idea nata da qualche parte nella mia mente ingarbugliata. È stata più il risultato di un lavaggio di cervello continuo. Perché per la prima volta nella mia vita, ho completamente riposto la mia fiducia nelle mani di una persona che non sia io.

E il risultato? Un continuo sputare sangue per mesi e mesi.
Eppure, come mi potrei lamentare? Ne ho già raccolto i frutti: ho passato ogni esame, non importa quanto sia stato difficile riprendere il filo dello studio; ho finito, contro ogni aspettativa, il secondo anno di college; ho trovato il coraggio di chiedere aiuto e mettere definitivamente una pietra sopra al passato e alle mie dipendenze. E non appena uscirò da qui, affiancherò mio padre e sarò il suo braccio destro nell'impresa che ha guidato con successo per anni e anni.

È un segno di fiducia assoluta che non mi sarei mai aspettato da parte sua. Ma non mi sarei neanche aspettato che seguisse ogni mio passo giorno e notte, assicurandosi che io non mi perda da qualche parte nel tragitto verso la destinazione finale. Ho trovato in lui un alleato con cui combattere contro i miei demoni, anche se sembra letteralmente quasi impossibile. D'altronde, tutta la vita ci siamo combattuti a vicenda, perché lui non ha mai rappresentato la mia immagine ideale di un padre e io non ho mai rappresentato la sua immagine ideale di un figlio.

Ora gran parte dei tanti pezzi da cui è costituita la mia vita sembra stiano trovando il posto giusto. Manca solo il pezzo finale, il più importante...quello che fara si che tutto resti per sempre cosi. Whitney.


"Ti sei divertito a placarmi come se fosse una partita di rugby?" Chiedo, lasciandomi cadere sul prato curato mezz'ora piu tardi.
"Ci puoi scommettere." Risponde Matt in tutta sincerità, imitando il mio gesto. "Mi sono vendicato per tutte le volte che mi hai trattato di merda."
"Ehi, sei tu che mi segui come un cagnolino." Lo derido bonariamente. "Te la stai cercando, non credi?"
"Perché sto cercando di esserti amico?" Ribatte, per poi spingermi scherzosamente. E poiché mi prende alla sprovvista, in men che non si dica mi ritrovo disteso sul prato a ridere come un cretino.
"Siamo tornati alle elementari dove scegli come amico il bambino che ti ignora di piu?" Proseguo divertito. "Cosa ti fa pensare che io voglia esserti amico?"
"Abbiamo tante cose in comune e, chiamalo sesto senso, ma qualcosa mi dice che entrambi vorremo trovare nuovi amici una volta usciti da qui." Ribatte con nonchalance. Ogni tentativo di infastidirlo risulta completamente vano. "Via le vecchie e tossiche amicizie e benvenuto alle nuove."
"Come sai che abbiamo tante cose in comune?" Gli chiedo, inarcando un sopracciglio. Sembra incredibilmente convinto delle sue parole, cosa che mi rende curioso e insospettito allo stesso tempo. Da una parte vorrei sapere cosa, nella sua opinione, ci accomuna... e poi, in fine- semmai fosse vero, come diavolo è venuto a saperlo.

"Quella volta che sono venuto ad avvisarti del fatto che qualcuno stesse cercando di vederti, eri seduto sul bordo del letto, che era interamente coperto di polaroid che ritraevano una ragazza." Mi dice, per poi schiarirsi la voce. "Perciò, presumo che entrambi ci troviamo qui per la stessa ragione: renderci un po' più meritevoli dell'affetto di una persona che amiamo. Qualcuno là fuori ci aspetta, perciò non possiamo sbagliare anche questo colpo."
"Sei quasi un buon osservatore." Gli dico, controllando l'orologio che ho al polso. "Ma ti sbagli su un punto: lei non mi aspetta là fuori, non sono così fortunato. Non la vedo da sei mesi, e non la vedrò per altri sei."
"Sono confuso." Ribatte il ragazzo, afferrandomi per un braccio e costringendomi a mettermi in posizione seduta, in modo da poter scrutare la mia espressione. E io mi lascio analizzare a malavoglia. "Perché così tanto tempo? Cosa vi frena?"
"Se hai ragione e se davvero diventeremo amici, questa sarà una storia che ti racconterò fuori da qui." Resto sul vago, ridacchiando quando dapprima egli ribatte con un verso quasi inumano, per poi esordire con "Oh, andiamo. Voglio saperlo adesso!"

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Il cielo nei tuoi occhi d'ebanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora