Con grande gioia di mia madre, per quella mattina avevo fissato di vedermi con la mia amica Claudette a pochi isolati da qui. Ero socialmente imbarazzante, restia ad uscire e a farlo con persone che non fossero la pacifica Claudette; ero impulsiva, incredibilmente reattiva e un po' troppo scatenata per intrattenere conversazioni con amici non abituati al mio carattere.
Uscire mi annoiava, anche se adesso sono un po' cambiata. Molto. Ad ogni modo, l'idea di andare a zonzo per le strade per fare qualcosa di non precisamente determinato, che variava dallo shopping alla passeggiata per un parco o per una strada, dallo sbrigare commissioni che non avrebbero comportato più di cinque miseri minuti all'andare a bere un drink da Starbucks.
A volte, alla simpatica coppia Jo e Claudette si aggiungeva Roxanne. Era simpatica, ma era ossessionata dalle scarpe ed era abbastanza noioso guardarla sfilare avanti e indietro per il solito negozio di calzature. Nonostante il mio essere impulsiva e un po' irascibile, mi esimevo dal dispensare commenti poco garbati nei suoi confronti.
Ci eravamo rassegnate, io, Claudette e anche mia madre, al triste destino delle mie rare uscite, che purtroppo finivano sempre nello stesso luogo: il porto di New York.
Un luogo magico e abbastanza trafficato dove, stanche di una camminata, ci fermavamo a contemplare assuefatte i nostri acquisti che, ero solita obiettare, differivano drasticamente da quelli di Roxy.
Amavo le sue panchine di ferro, sulle quali spesso mi fermavo per leggere, così come amavo i battelli che scorrevano, che vedevo solo con la coda dell'occhio, ma che contribuivano a creare lo scenario sempre ugualmente diverso, per libri semprepuramente diversi.
Partendo da Il grande Gatsby di Fitzgerald e passando da Polvere negli occhi di Christie, si arrivava a libri toccanti come Il giovane Holden di Salinger, che facevano da trampolino di lancio ad altri libri. Un esempio era Sulla strada di Jack Kerouac, il romanzo che stavo correntemente leggendo.
I libri scandivano pezzi della mia vita che avrei potuto ricordare precisamente solo grazie ad essi.
Mentre pensavo alla questione, mi incamminavo verso l'appartamento della mia amica, che, come me, viveva ancora con i suoi.
Come un marinaio con la sua fida nave, a passo veloce anche io solcavo l'asfalto dei marciapiedi grigi della metropoli con il mio solito aspetto, con il mio solito modo di vestire, con il mio solito modo di essere.
Bussai al citofono e la voce di Lilith, la sorella di Claudette, mi disse che la sorella sarebbe stata giù dopo pochi minuti e le intimò di scendere. Riuscii a sentire la sua voce che urlò un sì in risposta.
Non dovetti aspettare tanto perché una ventunenne cicciottella affiorasse dal portone di metallo. I capelli biondi raccolti in una coda di cavallo davano spazio alla faccia ampia; portava una maglietta gialla con la mitica lingua-simbolo dei Rolling Stones e un paio di jeans stretti che la stringevano troppo, tuttavia era inopinabile che fosse una bella ragazza.
Mentre chiudeva il portone, agitava la mano e sorrideva energicamente.
- Ciao, Jo! -
- Ciao, Claudette. - sorrisi. - Allora? Ti dispiace accompagnarmi? -
Rispose di no. La sera precedente, quando mi aveva chiesto di uscire, avevo accettato, a patto che prima mi facesse compagnia nel breve tragitto fino all'università, dove ero diretta per consegnare un libro. La verità è che mi annoiava passeggiare da sola, mi dava fastidio e non poco. Il motivo non c'era, ma mi sentivo osservata e questo mi imbarazzava. Tiravo fuori lo specchietto e cercavo qualcosa di strano sul mio volto: uno strano segno scuro, mascara sciolto, fondotinta steso grossolanamente, capelli scompigliati, dentifricio, vari tagli sanguinanti. Ma, per quanto mi sforzassi di cercare, non c'era niente di tutto questo. Non c'erano macchie sui vestiti, né macchie sulla faccia. Avevo i miei soliti capelli mossi che mi scendevano lungo la schiena, e nel loro squallido color fango non trovavo niente che fosse degno di sguardi, che fosse bello o brutto. Poi i miei occhi marroni, il mio naso normale, la mia bocca normale, e il mio corpo esile e di media statura. Una persona normale. L'avresti trovata così in Canada, in Germania e anche in Italia. Solo il mio incarnato un po' più scuro rispetto a quello medio negli States rivelava che non ero di quelle parti, o almeno non totalmente. Ritornando a quel giorno, Claudette, di buona volontà, mi accompagnò all'università dove consegnai il libro di fisica alla studentessa che me l'aveva gentilmente prestato.
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Brasileiros (Neymar Jr Fanfiction)
FanfictionJo è una ventenne fredda, ossessionata dalle mode strane e con la mente offuscata dal suo sogno: la solitudine, l'unica cosa che renderebbe felice il suo animo solo e restio a relazioni di qualsiasi genere quando incontra per la prima volta Neymar J...