Capitolo 13

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Il vento le scompigliava la chioma corvina. Dal tetto su cui si trovava, la città risplendeva come se fosse stata ricoperta di pietre preziose multicolori.

Chat Noir arrivò con un balzo, al suo fianco, allungando il braccio verso di lei con un sorriso stampato in faccia. «Andiamo, milady?»

Marinette allungò la mano verso di lui ma il vento si fece più forte, facendole perdere l'equilibrio. «I-io non... non ce la faccio...» esclamò la ragazza, tentando inutilmente di raggiungerlo.

Cadde di sotto, tuffandosi in un mare di fumo nero. Tutto intorno a lei era scuro e asfissiante, eccezion fatta per quella strana luce, lontana, sopra di lei, mentre una voce maschile bisbigliava una cantilena.

"Fortuna e sfortuna riunitevi insieme,

donatemi adesso il vostro potere..."

«Chi sei?» tentò di urlare Marinette, ma la voce non voleva saperne di venir fuori.

"Che nulla adesso lo possa impedire,

diventi realtà ciò che voglio esaudire..."

«Ti prego, aiutami» implorò la donna, sentendo quel fumo riempirle i polmoni, impedendole di respirare.

Alla voce che ripeteva se ne aggiunse un'altra, più forte e chiara. "Ricorda ciò che eri, ricorda ciò che hai fatto..."

Marinette tentò di raggiungere la luce ma c'era come una forza che la trascinava di sotto. Stava quasi per arrendersi quando le sue mani afferrarono qualcosa.

Si aggrappò con tutte le sue forze a quello strano oggetto circolare, rosso a pois neri, che sembrava tirarla fuori da quell'incubo, verso la luce.

"Ricorda quando volavi... ricorda quanto eri libera..."

Una strana euforia riempì il petto di Marinette, mentre la luce si avvicinava sempre di più. Poi una fitta alle tempie la fece sobbalzare e, immediatamente, si svegliò.

Era madida di sudore e aveva il fiatone.

Al suo fianco Adrien dormiva, le coperte tirate a metà sul suo petto nudo. Per un attimo pensò di svegliarlo, ma ricordò quanto poco suo marito avesse dormito, anche a causa sua, in quegli ultimi giorni.

L'orologio luminoso sul comodino segnava le tre e un quarto.

Marinette si alzò, indossando la vestaglia, si diresse in cucina e uscì sul balcone. Da lì aveva una vista perfetta sul giardino comunale nella quale aveva passato tanti pomeriggi, accompagnando sua figlia Emilie.

Frugò nella tasca della vestaglia e tirò fuori il pupazzo che Adrien, qualche giorno prima, le aveva dato. Guardandolo le si chiuse la gola e avvertì una profonda tristezza.

«Tikki, tu non sei un sogno, vero?» bisbigliò al peluche «Io sono certa di averti conosciuta... »

Lasciò che una lacrima le scivolasse giù, fino a bagnare la ringhiera.

Il cielo quella sera era terso e uno spicchio di luna illuminava la statua di Ladybug e Chat Noir, che troneggiava in quel parco. La donna si ritrovò a fissarla, quasi distrattamente, poi il ricordo del sogno che aveva fatto le attraversò la mente come un fulmine.

Chat Noir, lei lo aveva incontrato... lo conosceva!

La testa prese a girarle, tanto che Marinette finì per sedersi a terra, tentando di reprimere la nausea che provava. Altre immagini, confuse e sfocate, le tornarono in mente: una tutina rossa a pois neri, farfalle nere e poi candide, un paio di enormi, bellissimi occhi verdi... la voce di Adrien che le diceva "sono contento che sia tu".

Possibile che quella fosse la verità? Lei era stata davvero Ladybug?



«Quanti ancora ne serviranno, prima di poter affrontare quei due ragazzini?» chiese Shiwa. Camminava a testa bassa, nascondendosi tra le ombre dei vicoli, con Noun che gli volteggiava a fianco.

«Non molti. La mia energia sta crescendo rapidamente» rispose il kwami.

La ragazza sbuffò. «Non abbiamo tempo! Fu potrebbe essere ovunque, ormai!»

«Calmati, non avere fretta. Quel vecchio non andrà da nessuna parte.»

Shiwa si voltò a fissare il suo interlocutore. Da quando avevano iniziato a raccogliere energia il suo corpo si era ingrossato, diventando delle dimensioni della sua testa e rendendolo ancora più inquietante. «Come fai a dirlo?» volle sapere.

«Tikki e Plagg sono ancora qui e quell'idiota non si allontanerebbe mai dai portatori... in fondo, è questo il compito di un guardiano, no?»

La ragazza si voltò dall'altra parte. Ogni volta che Noun nominava I guardiani sentiva una dolorosa fitta al petto.

Il kwami si avvicinò a lei, strisciando la sua ispida peluria sul collo della ragazza. Sarebbe potuto sembrare un gesto affettuoso, ma la voce dell'essere lo tradiva con una nota sinistra. «Non temere, presto avremo potere a sufficienza per attaccare in grande stile, e a quel punto niente e nessuno potrà fermarci!»

Shiwa deglutì. Nonostante tutto, Noun le metteva i brividi. "Li riporterò indietro... farò tornare tutto come prima" pensò, mentre usciva dal vicolo buio, alla ricerca della sua prossima vittima.


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Salve gente, vi sono mancata?
Scrivere questo piccolo capitolo si è rivelato più arduo del previsto, non tanto per quello che accade, ma perché parla di cose introspettive e non volevo sembrare banale... spero di esserci riuscita!

Marinette è sempre più se stessa e i suoi ricordi diventano sempre più chiari... la nostra cara Ladybug sta tornando!

Beh, fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto... alla prossima!
Baci!!!

Laura

A new lineageDove le storie prendono vita. Scoprilo ora