A quiet place

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"Grazie, ma non ho bisogno di un passaggio a casa" mi affretto a dire, cercando di mantenere un tono quantomeno cordiale.

"Questo lo so, casa tua è dalla parte opposta" ribatte il ragazzo di fronte a me, abbassando il braccio con il quale mi stava porgendo l'altro casco.

Mi lascio andare ad un sospiro leggero, non udibile a causa del rumore assordante che continuo a sentire più nel petto che nelle orecchie.

E puntualmente, come se avesse percepito il mio tedio nei confronti di quel casino, si volta e va a spegnere il motore.

Il ricordo del giorno in cui mi ha riaccompagnata a casa mi induce a storcere il naso, mentre una sensazione di spossatezza si fa spazio nella mia testa.

"Dove stai andando?" insiste lui, alzando un po' la voce per farsi sentire attraverso il casco.

Già, dove sto andando?

Volgo lo sguardo alla moto, e tutto ciò che riesco a dargli in risposta è un'alzata di spalle.

La verità è che io so dove voglio andare, ma non sono sicura che nei paraggi ci sia un posto così.

Non so se da qualche parte in questa città ci sia silenzio.

Non so se si possano evitare le persone.

Non so se per una dannata volta avrò la possibilità di guardare dei colori che non hanno niente a che fare con l'intervento dell'essere umano, non ancora almeno.

Non lo so, ma è in un luogo così che vorrei trovarmi adesso.

Stringo gli occhi per un attimo, desiderando soltanto per metà di cancellare ogni minimo pensiero.

Soltanto per metà, perché non ho nemmeno la voglia di immaginare come potrei essere adesso se i miei pensieri non fossero quelli che ho.

Sento i piedi incollati a terra, mentre nel petto si diffonde un calore intenso tutt'altro che buono.

Dio, che razza di fastidio.

"D'accordo, allora dov'è che vorresti andare?"

Punto il mio sguardo nel suo, distinguibile solo grazie alla visiera abbassata.

"Conosci un posto tranquillo?"

"Tranquillo?" chiede lui di rimando, aggrottando appena le sopracciglia.

"Si, tranquillo" inizio seria, mentre il figlio di Rabbia e Disgusto, ovvero Sarcasmo, attiva il solito pulsante presente nella console all'interno dell'anticamera del mio cervello.

Minchia, ultimamente lo sta gestendo solamente lui quel quartier generale.

Inizio a fissare un punto a metà tra il marciapiede e la sua moto, assumendo un'espressione seriamente concentrata.

"Sai, un posto non invaso da persone, specialmente non da quelle che ti fanno dubitare del tuo elevato autocontrollo" continuo, fermandomi solo per riportare i miei occhi sulla sua figura.

"Tipo te" concludo, piegando le labbra in un sorrisetto che io stessa farei sparire a forza di schiaffi, se solo il viso non fosse il mio.

Lui rotea gli occhi, che questa volta hanno un ché di divertito, e non di altamente incazzato.

"Sei proprio una stronzetta, te l'hanno mai detto?"

"Svariate volte" rispondo con noncuranza, nella quale traspare una punta di fierezza.

"Salta su, forza" esordisce il ragazzo, la cui voce, ovattata a causa del casco, suona quasi amichevole.

"Aspetta, vuol dire che conosci un posto così?"

Bad  | Shawn Mendes Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora