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Capitolo 1
Chiara

Stampandomi in faccia un sorriso da Oscar, esco in sala, con una pizza su un braccio destro e due sopra quello sinistro. Spero di non essere costretta a trasformarmi nel giocoliere del Circo Orfei dato che è la prima volta che porto tre pizze contemporaneamente da quando lavoro DA CICCIO, ovvero da poco più di due settimane.

In più, al tavolo che devo servire c'è niente di meno che Luca, quel bonazzo di mio vicino di casa, un buttafuori di due metri, con due spalle enormi e un fisico da far invidia a chiunque, che non mi calcola minimamente.
Almeno, non nel senso che vorrei.

"Su, Chiara, ce la poi fare!" mi incoraggio da sola nel momento in cui i miei occhi azzurri incontrano i suoi, scuri come una notte senza stelle. Però quando mi mostra anche un sorriso, con tanto di fossette, le mie gambe iniziano a fare Giacomo Giacomo e rischio seriamente di sciogliermi.

Ok, calmiamoci! Non è che mi abbia chiesto un appuntamento o qualcosa del genere. Mi ha solo sorriso!!! Però, dall'altro canto, ogni volta che mi incontra sul pianerottolo mi saluta appena perciò il fatto che abbia sorriso in quel modo vorrà pur dire qualcosa.
Ma cosa?

Ca si tutta scemunita!!!

Ignoro Peppino, il grillo parlante fastidioso che si diverte a darmi contro, DA SEMPRE, e decido di accelerare il passo. Le pizze rischiano di raffreddarsi ed io di essere licenziata. Di nuovo.

"Ormai è fatta!" penso, con il cuore che mi rimbomba nelle orecchie. Un solo metro mi separa dal tavolo di Luca, che si trova insieme ad una rossa vestita come una pornostar pronta all'azione e un tizio talmente serio che sembrerebbe capace di disintegrare qualcosa con una sola occhiata, quando un bambino vivace tira all'indietro la sedia su di cui è seduto, per scappare poi via verso chissà quale destinazione, ignaro del disastro che sta per provocare.

È solo questione di secondi, tanto che non ho nemmeno il tempo di realizzare quello che sta accadendo.

Il mio ginocchio va a sbattere contro la sedia, inciampo sui miei stessi piedi e perdo l'equilibrio. In questo momento nemmeno il mago Silvan potrebbe essermi d'aiuto. Le pizze mi volano dalle mani ed io finisco attaccata al pavimento come una cozza allo scoglio.

Trattengo a malapena un grido di dolore quando sento il gusto metallico del sangue espandersi nella mia bocca anche perché la quiete che regnava nel ristorante fino ad un secondo fa viene sostituita dal rumore provocato dai piatti frantumati al suolo, dalle urla di un tizio con uno strano accento che impreca contro quella cameriera incapace e dal timbro rauco della voce di Vito, il mio datore di lavoro, che tenta di scusarsi in tutti modi, spiegando a chissà chi che sono nuova e che è da poco che faccio questo lavoro.

«Dovrebbe assumere del personale qualificato, non ragazzine con gli ormoni in subbuglio!» tuona il tizio dall'accento strano.

Scusa?
Ormoni in subbuglio chi?
Solo perché sono passati due anni da quando non vado a letto con qualcuno, questo non vuol dire che abbia gli ormoni in subbuglio, chiaro?
E comunque, grazie per la ragazzina. Di solito mi chiamano tutti signora.

«Steven ha ragione! Guarda come l'ha ridotto questa!» strilla un'oca, probabilmente la rossa che stava accanto a Luca.

Antipatica!

«Lo so che ha ragione. Ma vede... Chiara mi ha fatto tanto pena visto che non riusciva più a trovare un lavoro stabile dopo che la banca in cui ha fatto la segreteria per alcuni anni ha chiuso. È figlia di un mio vecchio amico, Salvatore, altrimenti non l'avrei mai assunta So quanto può essere imbranata, l'ho vista crescere. Pensi che nemmeno un fidanzato è capace a tenersi. Suo padre mi dice che è molto dispiaciuto perché la sua unica figlia morirà zitella e lui non avrà mai un nipote. Però è una brava ragazza e...»

IL MIO CAPO È UN IDIOTADove le storie prendono vita. Scoprilo ora