Capitolo 9 ~ Brindiamo alla vita.

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26 Giugno 2018

Emma.

<<Emma sbrigati, altrimenti perdiamo il treno!>>, urlò Elisa correndo fuori dall'aeroporto di Bologna. Mi affrettai a seguirla maledicendola nella mia mente, mi aveva fatta svegliare all'alba urlando come una matta, poi eravamo partite per Bologna in fretta e furia, ci mancava solo un'altra ora di treno a migliorare quella giornata che non era partita decisamente bene.

<<Io ancora non ci credo che ti hanno chiesto di venire fin qui per lavorare, secondo me mi hai solamente presa in giro e ti sei presa un giorno di ferie, dì la verità>>, le dissi con il fiato corto quando, finalmente, raggiungemmo la stazione dei treni.

<<Ecco il nostro treno! Saliamo!>>, esclamò tutta contenta.

<<Non sviare il discorso>>, le dissi accomodandomi su una delle poltrone blu del treno.

<<Senti, te l'ho detto un milione di volte, te l'ho pure giurato. Lo hanno chiesto a un gruppo di infermieri, ma nessuno voleva andare, sai hanno tutti famiglia e veniva scomodo spostarsi a molti di loro, così io ho alzato subito la mano ed eccoci. Ora smetti di chiedermelo, domani verrai con me in ospedale e vedrai che dovrò davvero lavorare>>, disse trasformando le sue labbra carnose in una smorfia di disappunto, incrociò le braccia sul petto e si lasciò andare sulla poltrona accanto alla mia.

<<Scusa, solo che mi sembra così... a dir poco strano>>, sussurrai guardando fuori dal finestrino, la stazione si stava pian piano allontanando, così come l'intera città che ci aveva ospitate per pochi minuti.

<<Lo so, io non riuscivo a credere che il caporeparto stesse proprio dicendo Riccione, ma quando l'ho sentito sono saltata in aria, tant'è che i miei colleghi mi hanno guardata male>>

<<Non lo so, da quando ho rincontrato Filippo il mondo sembra diverso, come se ogni cosa parlasse di lui>>, sospirai quando una tortora volò proprio affianco al finestrino del treno, ancora troppo lento per superarla.

<<Te l'ho detto Emma, non possono essere solo coincidenze>>, Elisa era sempre stata più sognatrice di me, era il classico tipo che legge l'oroscopo e che si farebbe leggere la mano.

Io invece ormai non credevo più a niente se non a me stessa e a quello che stavo vivendo, attimo dopo attimo.

Dal finestrino ancora semi aperto cadde la piccola piuma della tortora che ormai si era arresa nell'inseguire il treno sempre più veloce per lei.

Io ed Elisa restammo a guardare quel piccolo oggetto caduto silenzioso con così tanta naturalezza. Un brivido gelato percorse le mie gambe fino a raggiungere la schiena ed infine il collo, lasciando dietro di sé una schiera di peli ritti.

<<Non ci credo>>, sussurrò la mia amica.

Mi scossi da quella sensazione di rimbecillimento e con rabbia mi alza in piedi e chiusi il finestrino, lo spostamento d'aria fece volare la piuma fino al corridoio dove una ragazza bruna che camminava tranquilla la condusse chissà dove.

<<Perché l'hai fatto?>>, chiese Elisa sconcertata.

<<Basta così, niente più stupidaggini. Io, solo io sono l'artefice del mio destino, niente più piume svolazzanti o cose assurde. Io credo solo a me stessa>>, dissi con fermezza.

Per tutto il resto del viaggio non parlammo, pensai di aver spaventato la mia amica usando un tono così brusco e rancoroso, eppure ero piuttosto certa che lei sapeva che in realtà non era lei la destinataria del mio nervosismo, l'universo lo era o chiunque si stesse prendendo gioco di me in quel modo.

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