3 Maggio 2011
Filippo.
Erano ormai passati due giorni dalla giornata passata a Milano, due giorni in cui avevo deciso di chiudermi nella mia stanza e di non parlare con nessuno, tanto meno con Lori o Emma.
Quello che avevo visto, vissuto e sentito in quel maledetto negozio continuava a ronzarmi in testa. Ogni volta che chiudevo gli occhi, anche solo per una frazione di secondo, vedevo lui a pochi centimetri dal viso di lei, ed ogni volta la sensazione era sempre la stessa, se mi chiedessero di descriverla non saprei da dove iniziare, l'unica cosa che mi verrebbe da dire sarebbe solo esprimibile con "male", mi sentivo estremamente male.
Non riuscivo a quantificare o anche solo a dare un nome a tutto ciò che mi sentivo dentro, forse era confusione quella che regnava dentro di me o forse solo paura.
Fu quando sentii bussare che riaprii gli occhi per tornare alla mia triste realtà.
<<Fil, c'è Lori, lo faccio salire?>>, chiese mia madre al di là della porta.
Lori...
I miei pensieri su di lui avevano attraversato molte fasi in quei pochi giorni.
Ero passato dall'essere furioso con lui, all'essere solo arrabbiato, poi deluso, abbandonato, di nuovo incazzato, sdegnato, schifato e ancora una volta arrabbiato.Quel giorno non sapevo cosa provavo, mi ero svegliato nell'apatia e nel caos di una mente fin troppo stanca per reagire.
<<Fallo salire>>, dissi passivo, forse quello sarebbe stato il momento giusto per poter parlare, visto che avevo esaurito le forze per provare qualsiasi altra cosa.
Attesi qualche minuto, ancora sdraiato sul mio letto, ad osservare il soffitto bianco, fino a che la porta non si aprì lentamente.
<<Posso?>>, chiese Lori in tono incerto, non risposi, mi limitai a sollevare le spalle in una smorfia di indifferenza.
<<Wow, sembra scoppiata una bomba qui>>, constatò lui osservando le precarie condizioni in cui verteva la mia stanza. I fogli scarabocchiati di parole poco convincenti, strappati, appallottolati o semplicemente abbandonati, giacevano su tutto il pavimento lasciando intravedere solo alcune delle piastrelle grigie, la sedia e la scrivania erano ricoperte di vestiti e cianfrusaglie, la chitarra accostava la piccola pianola e l'armadio dalle ante spalancate regnava nel trambusto.
Lori si fece spazio e liberò la sedia, si sedette ed iniziò a fissarmi appoggiandosi ai gomiti.
<<Sei venuto qui per guardarmi?>>, chiesi inarcando un sopracciglio.
<<No>>
<<Cosa sei venuto a fare?>>
<<A chiederti scusa>>
<<Non sei molto convincente, non lo eri negli sms che mi hai mandato in questi due giorni e non lo sei neanche ora>>
<<Filo, guardami in faccia>>
Girai controvoglia lo sguardo sugli occhi blu del ragazzo seduto a pochi passi da me, lui deglutì ed iniziò a parlare.
<<Mi dispiace, so che ti ho ferito, ma mi scuso solo per i modi che ho usato, non per ciò che ho fatto...>>
<<Cosa cazzo vorrebbe dire questo?>>, chiesi interrompendolo.
<<Fammi finire. Quella ragazza è innamorata di te, e tu non dirmi che non lo sei di lei perché ti conosco da troppo tempo per potermi bere una cazzata del genere, però siete entrambi troppo testardi. Ho cercato di farvi capire un milione di volte come stanno le cose, ad un certo punto quello di avvicinarmi a lei mi è sembrato l'unico modo che avrebbe potuto funzionare e devo dire che avevo ragione, altrimenti non avresti reagito come hai fatto>>
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~Serendipity~
RomanceSerendipity è la storia di due ragazzi che per una vita intera non hanno fatto altro che rincorrersi, senza riuscire mai ad avere il briciolo di felicità a cui tanto ambivano. Ma proprio quando credono di essere riusciti finalmente a raggiungersi le...