First Time

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~ Prima volta ~
( Fetus Larry )

Era pieno inverno, una di quelle giornate in cui vorresti soltanto rimanere chiuso in casa, seduto davanti al camino scoppiettante con una grande tazza di cioccolata bollente fra le mani. La neve cadeva ininterrottamente ormai dalla mattina, scendendo morbidamente sul terreno ed accumulandosi sempre più, fino a raggiungere un'altezza considerevole. Nessuno si sognava di uscire di casa, ed i pochi temerari che osavano farlo erano completamente bardati dalla testa ai piedi, minuti di guanti, cappelli, e sciarpe sistemate fin sopra al naso.
Noi non eravamo da meno: ci eravamo barricati in casa, accoccolati in morbidi maglioni, senza fare relativamente nulla -guardare tv spazzatura mentre ci ingozzavamo di marshmallows immersi nella cioccolata, stretti stretti sul divano con una coperta addosso, era la nostra definizione migliore del "fare nulla"-. Forse ci eravamo appisolati un paio di volte, da seduti, le teste vicine, perché avevo un inspiegabile male al collo.
Harry era sparito in cucina: mi aveva lasciato sotto la coperta, al caldo, anche se con lui mi sentivo molto meglio. Io e lui eravamo fatti così: ci comportavano come una coppietta, sia in pubblico che in casa, scherzando teneramente come due piccioncini. Non era nulla di strano, solo che ci trovavamo talmente bene l'uno con l'altro da non sentirci a disagio nemmeno nelle situazioni imbarazzanti, come... Dei migliori amici, sì, ma qualcosa di più. Non fidanzati, mettiamo le cose in chiaro: quello gay fra i due ero io, e non lo sapeva praticamente nessuno. Il problema era un altro.
Il problema era che io mi ero davvero innamorato di Harry.
Avevo deciso che non gliel'avrei mai detto, per non rovinare quello splendido rapporto che si era instaurato fra di noi, ma era dura nasconderglielo; non che lui sospettasse qualcosa, o almeno, era quello che speravo con tutto il mio cuore.
E così, guardando il fuoco scoppiettare nel camino, continuavo quello stupro mentale che ormai mi torturava ininterrottamente da settimane; non so dove volessi andare a parare, e quei pensieri erano veramente inutili. Mi stavo solo facendo del male, perché finivo sempre e comunque con lo sfociare nel costruire castelli in aria, ed immagini di me ed Harry uniti in un bacio apparivano vivide nella mia mente. E questa del bacio, era una cosa che mi ossessionava. Penso che me le sognassi la notte, quelle carnose e rosse labbra: di certo, durante il giorno non gli staccavo gli occhi di dosso. Mi impuntavo quasi più sulle sue labbra che nei suoi occhi, ma dato che Harry se lo portava dietro come un vizio, la cosa non pareva poi così strana: poteva sembrare un'abitudine presa dal troppo tempo passato insieme.
Sospirai, lasciandomi andare contro lo schienale del divano, stringendomi nella coperta. Non ne sarei uscito vivo, da quella situazione.
«Hm... Tutto bene, Boo?».
Quasi trasalii, quando la voce di Harry mi ridestò, come temessi che lui avesse letto i miei pensieri; biascicai un «Sì, perché?».
«Beh, torno di qua e ti trovo a sniffare una coperta» ridacchiò leggermente, sedendosi accanto a me con estrema cautela per non rovesciare il contenuto della tazza che stringeva fra le mani.
Mi accorsi di ciò che stavo facendo soltanto quando lui me lo fece notare: allontanai lentamente il tessuto dal mio naso, dando in una lieve risatina. Ero talmente abituato a sentire il profumo di Harry ~ non riuscivo a definirlo bene, ma per me sapeva di felpe calde, giornate piovose e lunghi abbracci, uniti ad una punta di... Cannella? ~ da non essermene nemmeno accorto.
Decisi di scuotere la testa, lasciando così cadere l'argomento, quel mezzo risolino ancora fra le labbra «Nevica ancora?».
Harry sorrise mollemente «Sì, e non accenna a smettere».
Si accoccolò contro di me ~ il mio stomaco ne fu ben lieto, e decise di fare una capriola ~, poggiando la testa sulla mia spalla «Meglio così» riprese poi «Abbiamo più tempo per... Beh, non che ci sia qualcosa da fare, ma almeno possiamo stare un po' insieme, hm?».
Altra capriola. Insieme «Non potrei chiedere di meglio».
Mentre gli avvolgevo le spalle con un braccio, sistemandolo meglio contro il mio corpo, un piacevole profumo salì alle mie narici: spostai lo sguardo sul contenuto della tazza di Harry, sorridendo. Latte caldo e miele; ultimamente ne beveva a litri.
Harry ne prese un sorso, in quel silenzio interrotto solamente dai crepitii del camino, per poi sollevare il capo e porgermi la tazza.
«Vuoi?» le fossette spuntarono sulle sue guance, e gli angoli della mia bocca si sollevarono quasi d'istinto.
Rifiutai con un piccolo cenno del capo, e solamente in quell'istante mi accorsi dell'effettiva distanza che ci separava: Harry era pericolosamente vicino al mio viso, riuscivo a sentire il suo caldo respiro sulle mie labbra. E come ogni volta, il mio sguardo cadde sulle sue, di labbra: dischiuse, umide a causa della bevanda, così invitanti. Sul labbro superiore si era depositato del latte, che Harry non aveva ancora leccato via come suo solito, e dovetti fare appello a tutta la mia buona volontà per trattenermi dal farlo al posto suo. Il cuore mi stava letteralmente esplodendo nel petto, pompava sangue in tutto il mio corpo con una velocità ed un'euforia quasi dolorose, ed il suo battito furioso mi rimbombava nelle orecchie. Non so come, riuscii a guardarlo negli occhi, soltanto per scoprire che erano puntati sulla mia bocca. Quando li sollevò, leggermente lucidi, per guardarmi, arrossii; deglutii a fatica per poi tossicchiare nervosamente.
«Hai- uhm- ti é rimasto...» ma non finii la frase, mi limitai ad indicarmi il labbro superiore.
E lui, senza staccarmi gli occhi di dosso, se lo leccò con estrema lentezza; sembrava come incantato.
Distolsi lo sguardo, fissando con inusuale interesse il tavolino di legno davanti a noi. Stavo per baciare Harry, stavo davvero per cedere e rovinare tutto quanto, come un idiota. Per chissà quale grazia ero riuscito a resistere, ma se non ce l'avessi fatta? Non osavo nemmeno prendere in considerazione l'ipotesi: mi avrebbe respinto, spinto via in malo modo, guardato come se fossi pazzo, se non addirittura urlarmi contro. E tutto per colpa della mia stupida omosessualità. Come avrei fatto ad andare avanti, senza di lui? Non riuscivo ad immaginarmi, senza lui, senza il mio migliore amico, senza la mia cotta, senza il mio Harry. Sarebbe stato tutto un enorme schifo. Non so per quanto avrei potuto resistere senza nemmeno un suo sguardo. Al solo pensarci mi salirono le lacrime agli occhi.
Sentii Harry spostarsi sul divano, ed io mi irrigidii: ecco, mi stava allontanando. Lo sapevo. Aveva capito, ed io avevo mandato tutto a puttane.
«Grazie» farfugliò, l'imbarazzo che traspariva dal suo tono di voce; con mio sommo sollievo, si limitò a raddrizzarsi, e comunque le nostre braccia si toccavano ancora. Non osai guardarlo in viso, ma con la coda dell'occhio vidi un chiaro rossore sulle sue gote.
Rimanemmo così, in silenzio, rigidi l'uno accanto all'altro per chissà quanto tempo; la mia mente cavalcava velocissima, e probabilmente stava per venirmi un mal di testa. Harry continuava a sorseggiare la sua bevanda, lentamente, guardando davanti a sé, ed io non facevo altro che pensare a lui. Sentivo che si era incrinato qualcosa, in quei minuti prima ~ o erano ore? ~, ed avevo seriamente paura che, più che riparare la crepa, non sarei stato in grado di fare altro se non aprirla inesorabilmente. Maledizione a me.
«Louis» e nulla più. Era stato il mio nome, uscito debolmente dalle labbra di Harry, a spezzare il silenzio. Non risposi, ma lo guardai mentre allungava un braccio verso il tavolino e poggiava la tazza, ormai vuota, sulla sua superficie.
«Louis» ripeté, con una punta di decisione «Guardami, per favore».
Mi voltai lentamente, fino ad incontrare i suoi occhi: eravamo sempre vicini, non così tanto come prima, ma abbastanza per far accelerare leggermente i battiti del mio cuore.
«É...» incespicò, sbattendo più volte le palpebre come se faticasse a sostenere il mio sguardo «É sbagliato volere... Troppo bene ad una persona?».
Non capivo cosa stesse dicendo. Mi limitai a balbettare un 'no', corrugando appena la fronte.
«É sbagliato volerla accanto a me sempre, tutti i giorni, volermi rintanare fra le sue braccia in ogni momento?».
Un'altra piccola negazione.
«É sbagliato desiderare le sue labbra sulle mie, le sue mani sul mio corpo, il suo respiro sulla la mia pelle?».
«No, ma-».
«É sbagliato» m'interruppe immediatamente «provare dei sentimenti per una persona del mio stesso sesso?».
Il mio cuore perse un battito. Poi prese a battere anche più forte di prima. Tentai in tutti i modi di non illudermi, ma Harry mi guardava con quei suoi occhioni, e sembrava così confuso, e disperato, e tanto altro d'indefinibile contemporaneamente. Scossi appena il capo.
«E allora, é forse sbagliato volere che quello di prima... Diventi un bacio?».
Il respiro mi si bloccò in gola, in un groppo misto d'incredulità, felicità e sollievo. Deglutii a fatica, mordendomi con un po' troppa forza l'interno della guancia.
Harry si avvicinò al mio viso prima che potessi dire qualsiasi cosa, e ci trovammo alla stessa distanza dell'incidente avvenuto in precedenza: socchiuse appena le palpebre, guardandomi da sotto le sottili ciglia castane, parlando in un sussurro dolce eppure tentennante.
«Perché io penso che sia sbagliato... É innaturale. Io sono un maschio. Tu sei un maschio. Eppure io ho così tanta voglia di baciarti, Lou; non desidero altro, non penso ad altro. Voglio solo le tue labbra, le voglio qui, contro le mie: le voglio sentire, voglio sentirti. Non mi bastano più i giochi, gli scherzi; io voglio te.» E ad ogni parola si faceva sempre più vicino, con lentezza quasi angosciante, come se le nostre labbra fossero state calamite con poli opposti e lui stesse lottando per annullare la polarità inversa «Ti voglio tutto per me, sento che devi essere mio, solo e soltanto mio; nessun altro può guardarti come ti guardo io, nessun altro può abbracciarti come ti abbraccio io, nessun altro può toccarti come ti tocco io, nessun altro può amarti come ti amo io. E se 'amore' é una parola troppo grande, che mi ha sempre spaventato, adesso non mi fa più paura. Questo é ciò di più vicino alla mia concezione di amore, se addirittura non lo é. Ma non mi sento comunque pronto, a dire 'ti amo', sono parole troppo impegnative; e se ti dicessi che ti voglio bene? Che ti voglio troppo bene? Che ti voglio così bene da star male, da non dormirci la notte, da sentire il cuore sprofondare nel petto? Ti basterebbe?» emise una piccola risatina, e riuscii a sentire il suo caldo sbuffo infrangersi contro le mie labbra «No, non potrei dirtelo. Sarebbe meschino, una bugia. Non é volersi bene, é- Dio, muoio dalla voglia di baciarti, Louis».
S'interruppe bruscamente, mugolando in modo implorante l'ultima frase, ed i suoi occhi saettarono sulle mie labbra. Io mi sentivo frastornato, ebbro, confuso, felice: penso che il cuore mi fosse esploso già quando aveva pronunciato il mio nome. Ero scosso da un leggero tremito, tremori che andavano crescendo ad ogni parola che usciva leggera e delicata dalle labbra ~le stesse labbra che lui voleva premere sulle mie~ di Harry ~lo stesso ragazzo che voleva baciarmi~. Non ragionavo più, nei miei occhi c'erano solo quelle rosse, morbide, piene labbra... E le volevo, anche io, disperatamente. Ma Harry era ancora lì, immobile, sbuffando piccoli e tremuli sospiri, la sicurezza che l'aveva accompagnato fino a quel momento sparita per lasciare il posto ad una sua versione più spaurita ed indifesa.
«E allora perché non lo fai?» azzardai, a mezza voce, arrivando quasi a sfiorare quella paradisiaca zona proibita.
«Perché é innaturale».
«Questo lo dici tu».
«Perché siamo due ragazzi».
«L'amore é uguale per tutti».
«Perché tu non lo vuoi».
«Morirei, per darti un bacio».
Harry rispose con un piccolo sobbalzo, quasi ne fosse stupito e spaventato al contempo; ma poggiò la fronte contro la mia, mentre le nostre labbra si protendevano timidamente verso quelle dell'altro. Fu un piccolo, minuscolo, appena percettibile contatto a farmi provare una scossa lungo la spina dorsale.
Non resistetti più.
Lo baciai.
E le labbra di Harry erano così dolci, Dio, così calde, così morbide, così piene: si adattavano perfettamente alle mie, come fossero state modellate apposta per combaciare in quel modo così assurdamente perfetto, e non capivo più nulla. Era solo un piccolo, casto bacio, a stampo, ma dentro di me era la confusione più totale, fra budella che si attorcigliavano ed il mio stomaco che riprendeva a fare le capriole.
Sentii qualcosa di altrettanto caldo sfiorare il dorso della mia mano, e d'istinto rabbrividii: le dita di Harry si erano posate, leggere, sulla mia pelle, con quello che sembrava essere timore. Voltai la mano, piegando le falangi e lasciando che si allacciassero alle sue, come una sorta d'incastro, due pezzi di un unico puzzle destinati a trovarsi ed unirsi senza alcuno sforzo.
E non ebbi bisogno di staccarmi da lui per riprendere fiato, perché ormai Harry era diventato il mio ossigeno; non ebbi bisogno di staccarmi da lui per dirgli quel profondo "ti voglio bene, ma più bene del bene", perché glielo stavo già urlando con il silenzio; non ebbi bisogno di staccarmi da lui per ascoltare il battito del suo cuore, perché lo sentivo battere furiosamente contro il mio; non ebbi bisogno di staccarmi da lui ed aprire gli occhi per guardarlo, perché conoscevo il suo viso a memoria in ogni suo minimo particolare e perfetto difetto; ed in fondo non avrei avuto nemmeno bisogno di baciarlo, eppure sarebbe stato così stupido non farlo, non assaggiare quei succosi petali rossi, non bearmi di quel bacio che era dolce nettare, linfa vitale che mi scorreva nelle vene e m'invadeva tutto il corpo, che era sostanza di ogni mio sogno, di ogni mio motivo d'essere.
Quasi non mi accorsi quando il bacio finì, perché le nostre labbra erano comunque deliziosamente vicine, ed il suo sapore aleggiava sulle mie. Harry tenne gli occhi chiusi, le palpebre quasi serrate con forza, e le sue guance erano tinte di un adorabile rosso; gliene carezzai una con le nocche della mia mano libera, facendolo sussultare sommessamente.
«É... Cambiato tutto, vero?».
Annuii con un piccolo cenno del capo, anche se lui non poteva vedermi «Siamo noi ad essere cambiati».
Aprì piano gli occhi, puntandoli timidamente nei miei «E cos'è successo?».
Aveva paura. Tremava, quasi. Volevo abbracciarlo, tenerlo al sicuro fra le mie braccia.
Ed é esattamente quello che feci, e lui si rintanò subito contro il mio petto, nascondendoci il viso.
«Siamo insieme» non "stiamo insieme", ma "siamo insieme"; niente accenni ad una relazione, solo la promessa di rimanere l'uno al fianco dell'altro «Come lo siamo sempre stati. Ma adesso... Adesso sei mio. Ed io sono tuo».
Sollevò titubante il capo, umettandosi lentamente le labbra.
«Sono tuo» ripeté a mezza voce.
Sorrisi.
«Sei mio» mi guardò negli occhi, e fu come se fosse stata la prima volta.
Quegli smeraldi erano lucidi, un mare in tempesta: potevo chiaramente leggerci il turbinio di pensieri ed emozioni che gli si aggrovigliavano in testa, come ogni volta; e se per la maggior parte delle persone Harry era un vero e proprio mistero, per me era come un cristallino specchio d'acqua.
«E adesso?» domandò, con una curiosità vagamente infantile.
«Adesso ci apparteniamo».
Ed un sincero, semplice sorriso sbocciò sul viso di Harry; mi sentii mancare. Amavo i suoi sorrisi, erano i più belli che avessi mai avuto la fortuna di vedere. Le fossette spiccavano prepotenti sulle sue morbide guance, impreziosendo quella curva rubino e dandogli un aspetto assolutamente adorabile, rendendomi difficile resistere alla tentazione di baciarlo fino a fargli mancare il respiro.
«Sono davvero felice, Louis».
Sorrisi, e non potei non avvicinarmi nuovamente al suo viso «E come potrei renderti ancora più felice?» feci scivolare una mano sulla sua guancia, carezzandogli lentamente lo zigomo con il pollice «Perché io voglio soltanto questo: voglio renderti felice, voglio vederti sorridere, voglio darti tutto ciò che posso offrirti».
«Baciami».
Non me lo feci ripetere due volte: posai con dolcezza le labbra sulle sue, ed un piccolo brivido mi percorse da capo a piedi; non mi sarei mai abituato. Non potevo arrendermi all'idea di avere quel ben di Dio tutto per me, di poterlo baciare, accarezzare, stringere, coccolare, amare; era troppo, semplicemente troppo. Il mio cuore non avrebbe retto ancora a lungo.
Formulai il suo nome contro le sue labbra, dolcemente, non seppi neanche perché: forse volevo accertarmi che fosse proprio lui, il ragazzo più stupendamente meraviglioso che avessi mai incontrato, e non solamente un altro sogno.
«Adoro le tue labbra» la voce di Harry era un dolce sussurro, e mi rimescolò un qualcosa nel petto «Le adoro davvero. Premile contro le mie, per favore. Ancora».
Dio, come avrei potuto resistergli? Non ero così pazzo da farlo. E cominciai a dargli tanti piccoli baci, sorridendo allo schiocco che producevano le nostre labbra umide una volta divise; sorrise anche lui, mormorando il mio nome ogni volta che mi allontanavo anche solo di poco, in una sorta di affettuoso ammonimento.
«Ti-» inizio Harry, ma si bloccò immediatamente «Non lo so. Ti voglio... Qualcosa. E forse ti voglio e basta».
E questa volta fu il mio cuore a fare le evoluzioni.
Mi leccai lentamente le labbra ~e di conseguenza assaporai nuovamente Harry~ «In che senso... Mi vuoi?».
Scosse vigorosamente la testa, strizzando appena le palpebre «Non lo so, non lo so. Io non capisco più nulla, quando ci sei tu nei paraggi; mi fotti la testa, Lou».
Sorrisi, sollevando una mano e cominciando ad attorcigliarmi un suo riccio attorno al dito «Lo sai? Quello che no- hmpf».
Non riuscii a finire la frase: le labbra di Harry erano tornate sulle mie, questa volta con un'urgenza palpabile, quasi insopportabile. Lo lasciai fare, sistemandomi meglio sul divano e lui fra le mie braccia, scalciando via la coperta in malo modo. Non era più impacciato, o almeno, non tanto quanto prima: sembrava sciogliersi sotto le mie mani che pigramente carezzavano la sua schiena, voleva davvero baciarmi con tutto sé stesso. Ma ciò che mi lasciò spiazzato fu la sua lingua che, sfiorando timidamente la mia pelle, fece capolino fra le sue rosse labbra; sentii chiaramente la sua insicurezza, così, inclinando leggermente il capo da un lato e prendendo a baciargli solamente il labbro superiore, lasciai che fosse la mia, di lingua, a cercare la sua. La ritrasse leggermente, sobbalzando fra le mie braccia ~quant'era tenero? Quanto?~, ma subito dopo lasciò che le nostre lingue s'incontrassero, si sfiorassero con delicatezza; fremetti, la sensazione della sua morbidezza sulla mia mi faceva impazzire. Lasciai che prendesse un po' di dimestichezza e che rilassasse nuovamente i muscoli prima di esplorare l'interno della sua calda bocca: feci appena in tempo a passare sulla chiostra dei suoi denti che lui mi cercò nuovamente, con quell'impazienza che non accennava a diminuire. Si premeva sempre di più contro di me, e dentro a quel maglione cominciava a fare seriamente caldo ~Harry mi mordicchiò, in uno sprazzo di coraggio, la lingua, e scoprii che quel gesto mi mandava letteralmente fuori di testa. Le sue mani finirono fra i miei capelli, stringendoli con dolce decisione, mentre il suo respiro, che usciva in piccoli e caldi sbuffi dalle sue narici, finiva con l'infrangersi sulla mia pelle; sbattei più volte le palpebre contro la sua tempia, solleticandola con le ciglia, e ricevetti un sorrisino in risposta a quello che era diventato per una manciata di secondi un bacio a farfalla. In testa avevo il vuoto totale, un blackout, come se tutti i paranoici pensieri che mi portavo dietro da settimane fossero stati soffocati da quelle paradisiache sensazioni, amplificandole all'inverosimile, rendendo insopportabilmente perfetta la situazione.
Harry mugolava, contro le mie labbra, sulla mia lingua, nelle mie orecchie: uscivano dalla sua bocca come suoni teneramente incomprensibili, ma ero certo di essere riuscito a distinguere il mio nome in quel groviglio di versetti. Ero talmente impegnato a baciarlo, a coccolarlo, a godermelo, che non riuscii proprio a capire, inizialmente, perché si fosse diviso da me in modo così brusco; lo osservai con le palpebre socchiuse ed una sincera quanto stordita confusione, la sensazione di avere ancora i palmi delle sue mani premuti con forza al centro del mio petto per spingermi via.
«Scusa» riuscì a balbettare dopo chissà quanti tentativi, le guance tanto rosse da apparire innaturali, come dipinte.
Mi leccai le labbra, tumide e rosse, facendo di conseguenza lo stesso con un sottile filo di saliva «Cosa... Cosa stai dicendo, Harry?».
Ero intontito, nella mia testa ~tornata di nuovo attiva~ rimbombavano pensieri rivolti al volere nuovamente quel ragazzo attaccato a me.
«Io- scusa- non volevo- davvero io- mi succede ma- scusami».
«Harry» lo interruppi, aggrottando la fronte «Che succede?».
Era ormai rosso fino alle punte delle orecchie, e la cosa non faceva che renderlo doppiamente tenero ai miei occhi; armeggiò con l'orlo del proprio maglione, tirandolo così tanto verso il basso che ebbi il timore si sarebbe sfilacciato.
Prese un lungo respiro ed abbassò lo sguardo, senza interrompere un attimo quel nervoso tic delle dita.
«Non ho fatto apposta» borbottò, per poi gonfiare le guance.
«Non hai fatto apposta... A fare cosa?» chiesi con una scrollatina di capo.
Prese un respiro ancora più lungo, chiudendo gli occhi nella pausa che seguì.
Rimase in silenzio.
«Harry, mi vuoi gentilmente spiegare cos-».
«Non volevo avere un'erezione, okay?!» buttò fuori d'un fiato, mordendosi subito dopo le labbra.
Il mio cervello c'impiegò decisamente troppo per assimilare la notizia: distesi la fronte e corrucciai appena il labbro inferiore.
Quando effettivamente capii cosa stesse succedendo, un vago rossore comparve anche sulle mie gote.
«I-Insomma, é solo la prima volta che ci baciamo, ed io- io- mi sono eccitato ed ho rovinato tutto, ecco».
Harry era ancora in quella posizione, assicurandosi che il tessuto di lana riuscisse a coprire la patta dei propri pantaloni, continuando a borbottare frasi di scuse, che sembrava riuscire ad articolare solamente a monosillabi.
«Oh, Harry» non mi lasciai scappare una lieve risatina per non metterlo ulteriormente in imbarazzo, riportandolo contro il mio corpo «Non é successo nulla, va bene?».
«Co-come?» seppur con un residuo di riluttanza, si lasciò stringere «Ho appena avuto- adesso vado in bagno e rimedio, aspetta».
Tentò di divincolarsi dalla mia presa, ma io la rinsaldai «Stai tranquillo, ho detto. Hai capito cosa vuol dire?».
Non mi riferivo alla mia ultima frase, e penso lui l'avesse intuito: mi misi ad accarezzargli dolcemente i capelli, posandoci dei piccoli baci di tanto in tanto, lasciandolo riflettere.
«Io...» cominciò, per poi richiudere subito la bocca.
«Tu...?» lo spronai a continuare, sorridendo.
«Vuol dire che... Vuol dire che io ti voglio davvero, Lou?» sollevò il capo e mi guardò negli occhi, chiedendo conferma con tentennante incertezza.
«Questo lo devi sapere tu, piccolo».
Si mordicchiò il labbro inferiore, riabbassando lo sguardo.
«Hm... E se ti volessi?».
Gli posai un bacio sulla fronte, a fior di labbra «Mi avresti. Dopo tutto, non sono già tuo?».
Scosse la testa, lasciando che qualche ricciolo gli ricadesse mollemente davanti agli occhi; glieli scostai dolcemente, con fare quasi protettivo, mentre lui aggrottava la fronte.
«Non sono sicuro...».
«E allora stai tranquillo, io non ti forzerò».
«No, no» tornò a scuotere il capo, ma non alzò lo sguardo «Non sono sicuro che tu mi voglia».
Non potei fare a meno di sgranare leggermente gli occhi «Stai scherzando, vero?» gli sollevai il capo delicatamente, il suo mento stretto fra le mie dita, guardandolo con un sorriso.
«Io ti ho sempre voluto, Harry, e non sto parlando solo di attrazione fisica, quella é in secondo piano. Dal primo momento in cui ti ho visto, io ti ho desiderato tutto per me: era una cosa egoista, profondamente egoista. Ma cosa ci potevo fare? Ti volevo. Ti voglio. Ogni tuo bacio, ogni tuo abbraccio, ogni tua carezza, ogni tuo sorriso, ogni tua parola, ogni tuo respiro. Li volevo; e li voglio ancora. Io voglio amarti, Harry. Non c'è nulla di sbagliato in questo».
Mi guardò con quegli occhioni da cerbiatto, macchie color giada fra quei ricci cioccolato che, imperterriti, continuavano ad invadergli la visuale; glieli scostai nuovamente, e lui si morse il labbro.
«Ti voglio anche io, Lou. Voglio averti in ogni modo possibile».
Sorrisi, facendo scivolare la mano dal suo mento alla sua guancia, come prima «E allora» mi chinai verso il suo viso, premendomelo contro in modo che capisse che non m'interessava sentirlo contro di me, che non mi dava fastidio «uniamoci, diventiamo una cosa sola: amiamoci».
E quel bacio, oh, quel bacio, era pieno di sentimenti e voglie represse, dolcemente colpevole delle reazioni dei nostri corpi, in un intreccio di lingue colmo di una lussuria quasi permissiva, per niente volgare; non eravamo mai stati così stretti, così vicini, così intimi. L'atmosfera si riscaldò in fretta, e ben presto Harry si ritrovò a mugolare: si distanziò dalle mie labbra, leccando le proprie prima di «Fa male, Louis» mormorare.
Si stava strusciando contro di me, durante il bacio, richiedendo ~ma al tempo stesso non chiedendo~ attenzioni, provocando la stessa scomoda situazione nei miei pantaloni.
Gli riserbai un piccolo sorriso, scendendo con una mano sul suo fianco; glielo carezzai dolcemente, mentre mi protesi verso il suo collo, posandoci piccoli e delicati baci a fior di labbra. Harry fremette, posando con una certa timidezza le dita sulla mia nuca per poi giocherellare con un ciuffetto dei miei capelli; presi a mordicchiare la sua pelle, affondando poi con delicatezza i denti nella sua morbida e bianca carne, strappandogli un mugolio. Arrivai con la mano fino al bottone dei suoi pantaloni, slacciandolo, e subito dopo abbassando la zip; ero eccitato, ma non in quel modo, in quella situazione niente era disperato. Ero timoroso, anche, oltre che impaziente. Ero decisamente troppe cose insieme, e queste sembravano arrivare ad annullarsi a vicenda, lasciando solo del dolce desiderio.
Glieli calai leggermente, e lui sollevò il bacino per facilitarmi il compito; se li fece levare del tutto nonostante il freddo ~"Basterà il tuo corpo a scaldarmi"~, e sorrisi nel sentir frusciare il tessuto dei pantaloni contro la pelle delle sue gambe.
Li lasciai sul pavimento, e poi feci sistemare Harry contro di me;le sue gambe erano ai lati del mio corpo, le sue ginocchia premute contro i fianchi e le sue braccia a cingermi il torace con le mani posate fra le scapole; era così caldo, un fremito unico.
Lasciai dei piccoli baci sulle sue labbra, prima di sorridergli ed andare a posare una mano, chiusa a coppa, sul rigonfiamento dei suoi boxer neri; lo sentii chiaramente sospirare, il petto che si gonfiava contro il mio, un mugolio che gli vibrò nel fondo della gola ma da dove non uscì mai. Intanto io avevo riportato il viso all'altezza del suo collo, sfregando il naso nell'incavo ed inspirando il suo profumo, prendendo a massaggiare delicatamente. Harry si strinse a me con un piccolo mugolio, questa volta chiaramente udibile, muovendo il capo di modo che alcuni morbidi ricci mi solleticassero la pelle.
«L-Lou».
«Hm?» continuai con quel dolce tocco attraverso il tessuto delle mutande, un piccolo sorriso dipinto in viso.
«M-Mi stai toccando» deglutì.
Non potei fare a meno di soffiare una risatina contro la sua pelle, chiudendo gli occhi «Sì, piccolo, ti sto toccando».
«E stiamo- stiamo per fare l'amore».
Sfiorai con il labbro inferiore il suo collo, lentamente «Stiamo per fare l'amore» ripetei.
«Ma finché non ti dico che ti amo, n-non possiamo farlo. Altrimenti sarebbe solo sesso».
Mi bloccai, riaprendo con estrema lentezza le palpebre.
«Harry, cosa...?».
«Io ti amo, e basta».
Rimasi interdetto ancora una manciata di secondi ~l'aveva fatto, l'aveva fatto davvero: Harry Styles aveva detto che mi amava. Una strana e piacevole sensazione mi pervase il petto~, e poi sorrisi, lasciando un bacio su quella porzione di pelle poco sotto il suo orecchio «Anche io ti amo» e ripresi a massaggiarlo con delicatezza. Sorrise, felice e soddisfatto di quella risposta, accompagnandolo con un tenero versetto; serrò le palpebre mentre mi occupavo di lui, rompendo il silenzio di tanto in tanto con mugolii che si aggiungevano ai dolci sospiri di sottofondo. Capii che era giunto al limite della sopportazione quando prese a sollevare il bacino, spingendolo contro la mia mano, ed il mio nome esalato in un mugugno mi diede un'ulteriore conferma; ne voleva di più, ormai quel semplice contatto non era abbastanza.
Andai a posare le mani sulle sue braccia, facendole scivolare fino ai polsi e portandomele sull'addome «Vuoi farlo tu?».
Annuì, le guance imporporate di un rosso che gli donava un aspetto decisamente tenero, i profondi occhi verdi resi lucidi dal piacere; portò le dita all'elastico dei miei pantaloni della tuta, infilandone due nello spazio fra questo e la mia pelle ~sussultai appena~. Me li calò con lentezza e pizzicò il tessuto dei boxer per levarmi anche quelli, finché io non me ne liberai e rimasi con soltanto il maglione indosso, mugolando nel sentire l'aria più fresca lambire la mia eccitazione. Harry indugiò un secondo con gli occhi, per poi guardarmi nuovamente in viso e leccarsi le labbra, aspettando soltanto un mio movimento. Lo riportai sulle mie labbra, carezzandole dolcemente, mentre pian piano scivolavamo sui cuscini del divano finche non fui sovrastato da Harry, che si ritrovò fra le mie gambe, ancorate ai suoi fianchi. Non interruppe neanche per un attimo il contatto fra le nostre bocche, nemmeno quando portai le mani sulla sua vita; fu il mio turno, di liberarlo dell'ingombro dei boxer. E quando Harry si sollevò, per riuscire a levarseli meglio, mi presi un attimo per osservarlo, constatando che riusciva a rimanere sempre e comunque incredibilmente tenero: tremava lievemente, non riuscivo a capire se per il freddo alla parte inferiore del corpo o per l'emozione del momento, ma il rossore del suo viso mi fece pensare che la seconda fosse nettamente più appropriata; sospirava in continuazione, inumidendosi le labbra di tanto in tanto con una strizzata alle palpebre, ed un lieve luccichio risiedeva nei suoi occhi; ma ciò che al mio sguardo lo faceva risultare più dolcemente inesperto, erano le sue membra tremanti nel sorreggerlo ed il modo che aveva di arrivare a vergognarsi del proprio pene che faceva timidamente capolino da sotto il maglione ~adorabilmente largo per lui, constatai~, leggermente ricurvo sull'addome, la punta rossa che richiedeva soltanto attenzioni e le vene pulsanti che lo percorrevano perfettamente visibili.
Gli sorrisi e portai le mani sulle sue spalle.
«Sei bellissimo, piccolo mio, lo sai?» ma non gli diedi il tempo di rispondere che già l'avevo trascinato in un altro bacio, in cui lui cercò, tanto impacciato quanto adorabile, di prevalere. E senza farlo apposta, prese a sfregare la propria erezione contro la mia, facendomi mugolare; gli mordicchiai il labbro inferiore, rosso e pieno, e lo tirai a me.
Feci scivolare le mani sui suoi fianchi, sotto il maglione: avevamo soltanto quelli e ce li saremmo tenuti indosso, perché per quanto potessimo scaldarci l'un l'altro, non era esattamente estate. Percorsi alla cieca il suo stomaco piatto, residuo di quell'adolescenza che si stava lentamente scollando di dosso, senza alcun accenno di muscoli, indugiando un poco su quella striscia di leggera peluria che partiva dall'ombelico, per poi percorrere con un dito lo sterno e raggiungere i capezzoli. Poggiai le mani ai lato dei suoi pettorali, mentre i miei pollici sfioravano appena le sommità di quelle piccole protuberanze, già turgide per il vago freddo e l'eccitazione, su cui potevo chiaramente tastare giusto un accenno di pelle d'oca. Harry mugolava, gli occhi ormai chiusi, e non seppe mai con quale sguardo adorante stessi contemplando il suo viso perfetto in quel preciso istante; quando riaprì gli occhi, m'interruppi, facendo scorrere le mani fino ai suoi fianchi.
«Vuoi prepararmi tu?».
Non era la prima volta che provavo una cosa del genere ~anche se, a dire la verità, erano state sempre e solo le mie, di dita; la parte ostica sarebbe arrivata con la penetrazione~, così anche una preparazione impacciata da parte di un ragazzo inesperto come Harry sarebbe bastata. Lui sollevò una mano, guardando prima questa e poi riportando lo sguardo sul mio viso, insicuro.
Piegai le gambe, sollevandole e cingendo la sua vita, incrociando le caviglie sulla sua schiena per riportarle nella posizione in cui erano prima che si mettesse più comodo per levarsi l'intimo.
«In alternativa al lubrificante» gli presi la mano e me la portai alla bocca, passando la lingua su ogni suo dito con un sorriso «Vuoi prepararmi?» ripetei, con dolcezza.
Harry annuì con un breve cenno del capo, la mano che scendeva fino al mio bacino; abbassò lo sguardo, piegando la testa, finché non riuscì a posizionare l'indice contro la mia entrata, per poi guardarmi.
Annuii in risposta, e subito dopo sentii il suo dito, umido della mia stessa saliva, farsi lentamente spazio dentro di me; mugolai a quell'intrusione, pensando che quello era il dito di Harry, era Harry, e fra poco sarebbe entrato dentro di me. Fremetti, mordendomi il labbro, il desiderio che s'insidiava dentro di me con prepotenza. Lui non scostava un attimo gli occhi dal mio viso: ma non insistetti sul tentare di decifrare la sua espressione, ero troppo impegnato a tenere gli occhi chiusi per assaporare appieno la sua lunga falange, interamente al mio interno, che adesso si stava muovendo con lentezza.
«Un altro, Harry» mugolai con dolce abbandono, e lui subito mi accontentò.
«Ti faccio male?» chiese, titubante.
La mia piccola risatina fu spezzata a metà da un mugolio, come un singhiozzo «Niente affatto, piccolo. Vai pure più veloce, o più a fondo».
Con un piccolo cenno del capo, Harry aumentò di poco il ritmo, strappandomi dei mugolii di tanto in tanto; era tutto così piacevole, le sue dita, il suo respiro leggero sotto qualsiasi altro rumore, la sua erezione che sfregava dolcemente contro la mia, il fatto che fosse lui e non qualcun altro a farmi stare così bene.
«Sforbicia» mugolai, una mano ancorata allo schienale del divano e l'altra ancora sul fianco di Harry «Ancora uno, te ne prego».
Allargò piano le dita dentro di me, distanziandole con una cura ed un'attenzione non indifferenti.
«Così?».
Annuì con un piccolo mugugno, mentre il terzo dito veniva aggiunto con lentezza, unendosi alle altre due in quel piacevole movimento. Dischiusi le labbra, non prima di averle inumidite con un piccolo guizzo della lingua, lasciando che il nome di Harry uscisse in uno sbuffo; spostai la mano che ancora sostava sul suo fianco fino al suo membro, carezzandolo con la punta dei polpastrelli. Lui si morse il labbro, i nostri mugolii si sovrapposero, ma poi si spinse verso di me e fece altrettanto con le dita: mi avrebbe fatto impazzire, ne ero sicuro, ma forse ero già pazzo di quel piccolo ricciolino dagli occhi verdi. Afferrai con gentilezza la sua erezione, prendendo a muovere il pollice in piccoli circolini sulla punta rossa, spalmando involontariamente sulla sua pelle quelle piccole gocce di liquido preseminale che imperlavano la cappella.
E continuammo così, mugolii su mugolii, palpebre strizzate ed occhi che si cercavano, dita che regalavano piacere e piacere negato, fino a che «Louis» sbuffò fuori Harry «B-Basta, non ce la faccio più».
Tolse le dita dal mio interno nello stesso momento in cui io ritrassi la mano, uno alla volta, sfiorando inavvertitamente la mia prostata; fu un piccolo sfregamento, nulla più, ma fu sufficiente a farmi gemere, un piccolo 'Harry' stretto fra le labbra.
Harry si stava per sistemare contro di me, quando «Louis. Il preservativo».
Emisi un piccolo versetto, non so se di velata disperazione o d'implorazione; mi mordicchiai il labbro «Io non ne ho. Sai, non pensavo che sarei mai giunto a qualcosa con te».
Sorrise, e mi sembrò intenerito.
«Nemmeno io... Non- non era nei miei piani una prima volta» prima volta? Davvero ero la prima volta di Harry? Sentii il calore al basso ventre aumentare notevolmente.
«Soprattutto, non con il mio migliore amico» aggiunse, piegandosi fino a raggiungere il mio volto, la mano poggiata accanto al mio fianco, facendo poi sfregare le punte dei nostri nasi con un dolce sorriso.
Gli angoli della mia bocca si sollevarono come di riflesso, mentre arricciavo il naso e ricambiavo quel dolce contatto, piegando le gambe per permettere ad Harry di stare più comodo sul mio corpo.
«Quindi... Entro? Senza profilattico?» chiese, senza sollevarsi da quella posizione, i nostri nasi ancora a contatto.
«Entra» gli confermai con un sorriso.
«Ma- ma ti farò del male».
Non resistetti a quel tenero broncio che aveva assunto, e gli posai un bacio sulle soffici labbra «É normale, un po' di dolore, ci farò presto l'abitudine ed il piacere lo sovrasterà».
«Sicuro?».
Sorrisi nuovamente «Entra, Harry».
Senza sollevarsi da me, ma solo allontanandosi leggermente, piegò il capo in modo da poter vedere ciò che stava facendo: afferrò il proprio membro alla base, sfiorando con delicatezza i miei testicoli ~e facendomi rabbrividire~ prima di posare la propria cappella contro la mia entrata.
«Pronto?» la sua mano trovò la mia, e le nostre dita s'intrecciarono.
«Pronto» confermai, sorridendo per la sua tenerezza e stringendo con dolcezza la sua mano.
Sollevò nuovamente il viso e, guardandomi negli occhi, esalò un sospiro contro le mie labbra; e con lentezza, delicatezza, ed anche un mugolio, si spinse dentro di me. Mugolai, piuttosto forte, penso, perché si bloccò subito e sgranò leggermente gli occhi «Ti faccio male? Vuoi che esca?».
Lo zittii con un piccolo bacio sulle labbra «Va tutto bene, piccolo; devi solo fare con calma, d'accordo?».
Annuì con il capo, timoroso, ed affondò un poco di più dentro di me: il dolore era sopportabile, ma il pensare che fosse proprio Harry, quello dentro di me, accrebbe il piacere in maniera tale da farmi quasi girare la testa. E più entrava, accompagnato da una buona dose di mugolii, gemiti trattenuti e pause, in cui tentavo di reprimere l'istinto di respingere l'intrusione nelle mie viscere, più mi sentivo ribollire il piacere nelle vene, scuotendomi, in un'altalena di emozioni e sensazioni da provocare le vertigini; soffiava sul mio fuoco, mi aveva in pugno e nemmeno se ne accorgeva, e Dio come avrei voluto baciarlo. E lo feci: le nostre labbra si unirono, soffocando qualsiasi rumore, fino a quando non fu quasi completamente dentro di me; e forse un movimento un po' troppo brusco, o forse la carne non abituata, il dolore mi attraversò come una scarica lungo tutta la spina dorsale.
«Harry, t-ti prego» gemetti, le palpebre strizzate a tal punto che riuscii a vedere delle piccole macchie di luce in mezzo a tutte quelle tenebre «Fe-fermati».
Si bloccò all'istante, guardandomi con disperata preoccupazione «S-Scusa, i-io... Vuoi che esca?».
Feci cenno di no, ma non aggiunsi altro; avevo bisogno soltanto di un attimo, dovevo abituarmi a quella generosa intrusione. Pensai ad altro, anzi, pensai ad Harry: Harry che mi carezzava, Harry che mi stringeva, Harry che mi baciava, Harry che mi mordeva il labbro, Harry che mi sfiorava, Harry che mi toccava, Harry che mi amava, Harry che era dentro di me. Contrassi i muscoli ~Harry gemette~, ed eccola lì, la sua eccitazione, segno che mi voleva.
Aprii lentamente gli occhi, ed ecco anche il suo viso: la fronte corrugata in segno di preoccupazione, le guance rosse per l'eccitazione, le labbra tumide e schiuse per lasciar passare i leggeri ansiti, gli occhi che guizzavano come spaventati sul mio volto.
«Ti ho fatto tanto male?».
Scossi impercettibilmente il capo «Continua. Sei quasi in fondo».
«N-No, ti farò ancora male...».
«Sh, piccolo; ti voglio. Tu mi vuoi?»
Fece un cenno affermativo, leccandosi le labbra.
«Non volevamo fare l'amore? Ed allora amiamoci».
Sospirò, prima di affondare con ancora più cura e lentezza, gli occhi nei miei e la stretta sulla mia mano che andava rinsaldandosi; quando fu completamente dentro, si lasciò andare in un piccolo gemito.
«V-Vuoi che stia fermo?».
«No- no, muoviti».
Cercò di rendere i propri movimenti i più dolci possibili, ma si vedeva che si stava trattenendo; anche l'altra mano finì con lo stringere la mia, e le portò entrambe ai lati della mia testa, le labbra che sfioravano con timidezza le mie. Ed ormai era un lento susseguirsi di calcolate spinte, baci rubati, sonori sospiri e piccoli gemiti, in una sinfonia di piacere che andava pian piano crescendo, aumentando d'intensità. Mi ero ormai abituato a sentirlo dentro di me, quando, con un movimento inconsulto, risultò involontariamente brusco.
Strizzai una palpebra, ma costrinsi le mie labbra in un sorriso «Ehi, p-piano, piccolo».
Sforzai anche una risatina, che venne subito ripresa da Harry.
«Scusa» e le sue labbra furono nuovamente sulle mie.
Spinta dopo spinta, sempre più decisa e leggermente veloce, i nostri gemiti riempivano la stanza, risuonando come musica nelle nostre orecchie: Harry gemette dapprima sommessamente, come se avesse paura di farsi sentire, ma pian piano si fece più deciso nel dar voce al proprio piacere. Il suo non era un ritmo frenetico, disperato, affamato: era invece lento, dolce, ma veloce abbastanza da permettere ad entrambi di goderne. Un ginocchio contro il suo fianco e l'altro contro il mio, un piede sulla sua coscia e l'altro sulla sua natica, il suo bacino contro il mio, le labbra unite così come le mani; eravamo una cosa sola. Niente più Harry, niente più Louis: eravamo un tutt'uno, una dolce fusione di amore e piacere, di sospiri e gemiti, di baci e spinte. Rincorrevamo l'orgasmo senza fretta alcuna, chiusi dentro la nostra bolla; il mondo fuori da quella casa era ormai soltanto un ricordo.
Ed i nostri nomi cominciarono a rotolare fuori dalle nostre bocche man mano che ci avvicinavamo al limite, accrescendo soltanto il piacere: le spinte di Harry si erano fatte più veloci, ma non eccessivamente, e ci ritrovammo costretti a limitarci a gemere sulle labbra dell'altro, appena appena distanti, per non rischiare di perdere il respiro. Non ebbe nemmeno il bisogno di dirmelo, o di chiedermi il permesso: bastò uno sguardo. Uno sguardo che ci costrinse a gemere più forte, a spingerci contro l'altro, a portarci sull'orlo dell'orgasmo.
Un 'Harry', un 'Lou', uno di quei gemiti che ormai erano alti e ben udibili, un'altra spinta decisa: Harry si riversò in me, ed io feci lo stesso sul mio addome quando sentii il suo seme riempirmi.
Continuammo a guardarci negli occhi, fronte contro fronte, come storditi, intontiti, le membra rese molli ed instabili dal travolgente orgasmo; Harry si abbandonò contro il mio corpo, ed io lo strinsi con debolezza, il respiro irregolare. Uscì con delicatezza da me, strappandomi l'ultimo mugolio, per poi abbracciarmi, sfilando le mani dalle mie. E lo coccolai, mi coccolò, ci coccolammo: piccoli baci, dolci carezze, nasi che sfioravano, corpi che si univano; e occhi che si contemplavano con dolcezza, tenerezza, amore.
«Pensi ancora che sia sbagliato?» mormorai nel suo orecchio una volta calmato il respiro, una mano fra i suoi ricci e l'altra fra le sue scapole.
«Cosa?» sollevò il capo dal mio petto quel minimo necessario per guardarmi in viso.
«Tutto questo- tutto questo amore. Pensi ancora che sia sbagliato?».
«Sbagliato?» unì teneramente le nostre labbra «Amarti é la cosa più giusta che potessi mai fare».
Sorrisi, e sorrise anche lui, o forse era il mio stesso sorriso riflesso sulle sue labbra: quello che sapevo, era che quel ragazzo ormai era diventato la mia vita.
E chi se ne fregava del Sole, che timidamente spuntava fra le nuvole dopo tutta quella neve: io avevo il mio Sole personale, a scaldare le mie giornate, il mio corpo, il mio cuore, un Sole attorno a cui ruotare.








Buonsalve amori miei :3
Lo so, sono decenni che non pubblico, e mi dispiace davvero; spero di riuscire a farmi perdonare con questo capitolo ~che, detto fra noi, é stato un vero é proprio parto, seppur io mi sia divertita immensamente a scriverla: non ho mai scritto qualcosa di così lungo, ci ho messo un paio di settimane fra impegni vari~. Spero che non vi annoi, data la lunghezza, e di essere riuscita a mantenere il fluff in ogni momento (siate felici, vomitate arcobaleni :3), perché mentre la scrivevo io mi stavo sciogliendo: i Fetus Larry saranno la causa della mia morte.
Comunque, grazie ancora di tutto amori, e spero di non avervi delusi ❤️

A bit of LarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora