8. Il risveglio

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VIOLET
La luce del sole mattutino filtrava attraverso le persiane e gettava ombre strane sulla moquette color nocciola. Sbadigliai e mi stropicciai gli occhi. Mi girai sul fianco per osservare l'orologio sul mio comodino, ma mi stupii quando non lo trovai. Al suo posto c'era un grande armadio bianco. Ma dove mi trovavo? Caddi nel panico perché non ero nella mia cameretta nella casa di mia nonna.

Poi, alla vista delle tante palline di carta per terra, mi ricordai che avevo passato la notte da Alex.

Non solo ero restata da lui...avevo anche dormito aggrovigliata nel suo letto, con il suo profumo al gelsomino che inondava le lenzuola bianche. Tastai alla mia destra, ma non lo trovai. Si era già alzato.

Conoscendomi, avevo dormito fino alle undici, essendo una dormigliona. Sorrisi al ricordo delle sue braccia intorno alla mia vita, al suo respiro contro le mio orecchie e le sue dita sottili che mi sfioravano la pancia. Stare vicini era una sensazione indescrivibile.

Era come se fosse tutto quello che avevo sognato da sempre, come se io fossi destinata a essere stretta fra le sue braccia.
Come se tra di noi ci fosse un legame indistruttibile.

Mi alzai lentamente e sbadigliai per la millesima volta. Cercai di farmi strada tra le bottiglie vuote di birra e di vodka. Mi guardai di fronte allo specchio: gli occhi socchiusi e i capelli spettinati mi facevano sembrare uno zombie, ma non me ne curai tanto. Mi ripetei per la centesima volta che io non avevo intenzione di fare colpo su nessuno.

Ero estremamente felice, ma non me lo sapevo spiegare. Dormire avvinghiata a lui mi aveva dato un'allegria che non avevo mai provato prima: era come se mi sentissi finalmente a casa.

Caccia quei pensieri, perché ammettere che provavo qualcosa per lui mi avrebbe soltanto procurato altre delusioni, e poi non volevo rovinare il nostro rapporto di...che rapporto era? Amicizia? O cos'altro? La testa mi stava esplodendo così liquidai tutti quei pensieri e scesi le scale.

Dalla cucina proveniva un profumo invitante di pancakes e di nutella. Ancora una volta mi stupii delle sue eccellenti doti culinarie. Insomma, Alex era completamente diverso dagli altri ragazzi, che se cucinavano una pasta rischiavano di dare fuoco alla cucina.

Lui sapeva suonare, cantare, scrivere dei testi a dir poco geniali e soprattutto sapeva cucinare piatti da far venire l'acquolina in bocca.

Entrai nella stanza e lo osservai: mi dava le spalle e indossava, sopra il pigiama rigorosamente nero e aderente, un grembiule da cucina rosa a pois verdi.

Non potei fare a meno di scoppiare a ridere e lui sentendomi si girò. Con la spatola in una mano e un piatto con un pancake nell'altra sembrava una casalinga.

- Non mi starai mica prendendo in giro, Freckles? - disse con un sorriso. I suoi occhi brillavano. Dalla felicità di vedermi? Ma cosa dico! Non potrebbe mai essere al settimo cielo vedendo una dormigliona appena svegliata.
- Ovvio che no. Però quel grembiule ti dona un sacco. Ti pagherei non so quanto per andare in giro per Sheffield travestito da casalinga! - risposi facendogli l'occhiolino.
- Accetto la sfida, ma non oggi. Ho dei programmi diversi, dolcezza - esclamò mettendomi di fronte un piatto colmo di pancakes sormontati da nutella fusa. Sgranai gli occhi e mi avventai sul piatto: era squisito.
- E dove hai intenzione di portarmi? - chiesi con la bocca piena.
- È una sorpresa - disse sedendosi di fronte a me. Di mattina i suoi capelli neri erano tutti scompigliati e senza il gel che riusciva a domarli. Però era bellissimo lo stesso.

La maglietta era così aderente che lasciava intravedere i muscoli del petto e gli addominali.
Mi imposi di non guardarlo e tornare a concentrarmi sul piatto, per evitare che mi uscisse la bava dalla bocca.

His favourite worst nightmare. || Alex TurnerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora