12. La festa

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VIOLET
Il fastidioso rumore che proveniva dalla sveglia mi fece svegliare di soprassalto. Imprecai varie volte mentre cercavo di spegnerla per farla smettere.

- Porca miseria! Come cavolo si spegne? - chiesi ad Alex. Tuttavia, mentre premevo tasti a caso per farla stare zitta, non ottenni risposta. - Alex? - esclamai con una punta di disperazione, non trovandolo vicino a me nel letto. Le lenzuola erano state scostate, perché probabilmente si era già alzato.

Con una fatica enorme, mi misi in piedi e mi diressi come uno zombie verso il bagno. Mi feci una doccia velocissima, mi insaponai con il bagnoschiuma di Alex (anche se avevo portato anche il mio) e uscii con solo un asciugamano bianco.

Mentre andavo in camera per cambiarmi mi vidi allo specchio: oltre ad avere un aspetto orribile per la levataccia (mi ero svegliata alle otto di mattina, cosa per me impensabile) notai qualcosa sull'incavo del mio collo. Mi avvicinai per vedere meglio e finalmente vidi di cosa si trattava.

Era il succhiotto di Alex, che mi aveva fatto la sera prima. Stava già scomparendo, ma tuttavia si vedeva ancora un cerchio che aveva sfumature dal rosso al viola.

Mi passai le dita nel punto in cui mi aveva baciato, con un'aria trasognata. Sorrisi e mi ricordai di tutti i "baci" che mi aveva lasciato la sera prima, andando dalla mano, fino ad arrivare quasi alle mie labbra.

Pensai in uno stato di confusione ma anche di desiderio che se il suo amico, Miles, non lo avesse chiamato, forse Alex non sarebbe riuscito a trattenersi e mi avrebbe baciata per davvero.
Io non gli avevo detto di no, anzi...quando stava parlando il telefono mi ero anche permessa di toccargli il petto e gli addominali, cosa che sognavo di fare da tempo.

Nonostante l'euforia e l'adrenalina che avevo in corpo per quello che era successo, dentro di me una voce mi diceva che tutto quello che stavo facendo era sbagliato, che non dovevo superare il limite.

Un'altra parte di me, per colpa dei consigli di Jamie, mi invitava a spingermi più in là.

Ancora una volta, scacciai quei pensieri e mi concentrai a vestirmi. Scesi giù e iniziai a cercare Alex. Non mi ci volle molto: uscii nella veranda e lo trovai stravaccato sulla poltrona, che dormiva beato con la bocca aperta.

Mi scappò una risatina, ma lui per fortuna non si svegliò. Teneva stretta a lui la sua chitarra acustica e sul tavolino davanti a lui giacevano vari fogli stropicciati con la sua scrittura in corsivo.

Mi chiesi come mai fosse andato a dormire sulla poltroncina in giardino. Un lampo di genio per una delle ultime canzoni che doveva scrivere prima dell'uscita dell'album? Oppure non riusciva a dormire? Non so perché, ma mi sentii in colpa. Era per colpa mia che non riusciva a dormire?

Mi avviai in cucina perché quel giorno volevo preparare io la colazione. Volevo fare le cose in grande e dimostrargli di essere una cuoca provetta.

Visto che stava ancora dormendo profondamente (a volte lo sentivo quasi russare), preparai una torta semplice che faceva sempre mia nonna e quando fu cotta, la tirai fuori dal forno per lasciarla raffreddare. Nel mentre preparai il caffè e lo versai nella tazza preferita di Alex, mettendo molto zucchero e poco latte, come piaceva a lui.

Era incredibile il fatto che io sapessi un sacco di cose su di lui, solo dopo pochi giorni che lo conoscevo.

Mentre stavo versando il mio caffè, due braccia familiari mi cinsero la vita. Sobbalzai per lo spavento e rovesciai la mia fonte di energia preferita, il caffè.

- Alex!! - strillai -  Mi hai fatto venire un infarto! -
- Ma buongiorno anche a te, dolcezza - disse lui ignorando la mia sgridata.

- Allora, bell'addormentato, mi spieghi come mai stamattina stavi dormendo fuori in giardino? - chiesi preoccupata.
- Ehh...dovevo fare delle cose... - disse lui grattandosi la nuca.

His favourite worst nightmare. || Alex TurnerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora