17. La Serpe Bianca

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C'era una volta un re potente e saggio che ogni giorno, a pranzo, quando la
tavola era sparecchiata e non c'era più nessuno, si faceva portare ancora
un piatto, coperto, da uno dei suoi servi più fedeli. Solamente lui ne
mangiava, poi lo richiudeva, e nessuno sapeva che cosa vi fosse dentro. Un
giorno avvenne che il servo, quando il re gli diede il piatto da portare via,
non seppe resistere alla tentazione, lo portò nella propria camera, lo aprì e
vi trovò dentro una serpe bianca. Vedendola gli venne una tale voglia di
mangiarne che non pot‚ trattenersi: ne tagliò un pezzetto e se lo mangiò.
Ma appena lo sfiorò con la lingua, udì con chiarezza ciò che si dicevano i
passeri e gli altri uccelli davanti alla finestra e comprese così che capiva il
linguaggio degli animali.
Ora avvenne che proprio quel giorno la regina smarrì uno dei suoi anelli
più belli, e il sospetto cadde su quel servo. Il re lo rimproverò aspramente
e minacciò di condannarlo come reo, se entro quel giorno non avesse
indicato il malfattore. Allora il servo si spaventò e non sapeva cosa fare.
Inquieto, scese in cortile: là, vicino a un ruscello, le anatre riposavano
tranquille e si facevano le loro confidenze. Egli ne sentì una che diceva:
"Che peso ho sullo stomaco! Nella fretta ho ingoiato un anello che era
sotto la finestra della regina." Subito il servo l'afferrò per il collo, la portò
al cuoco e disse: "Ammazza prima questa, è ben pasciuta." Il cuoco le
tagliò il collo e quando fu sbuzzata le trovò nello stomaco l'anello della
regina. Il servo lo portò al re che se ne rallegrò molto, e volendo riparare il
proprio errore gli disse: "Chiedi ciò che vuoi, e di' quale carica desideri a
corte."
Ma il servo rifiutò ogni cosa e chiese soltanto un cavallo e del denaro per il
viaggio, poiché‚ desiderava girare per il mondo. Così se ne andò a cavallo e
giunse a uno stagno dove tre pesci si erano impigliati nelle canne e
boccheggiavano fuor d'acqua, lamentandosi di dover morire così
miseramente. Egli capì le loro parole e ne ebbe pietà, così scese da cavallo
e li rimise in acqua. Allora i pesci gridarono: "Ce ne ricorderemo e ti
ricompenseremo!." Egli proseguì e poco dopo udì, ai suoi piedi, un re delle
formiche che diceva: "Se l'uomo girasse al largo con la sua bestia! Mi calpesta tante di quelle formiche!" Egli guardò a terra e vide che il suo
cavallo era entrato in un formicaio, allora deviò il cammino e il re delle
formiche gridò: "Ce ne ricorderemo e ti ricompenseremo!" Proseguì e
giunse in un bosco; là due corvi, padre e madre, gettavano i loro piccoli
fuori dal nido e dicevano: "Siete grandi a sufficienza per mantenervi da
soli, noi non possiamo più sfamarvi." I piccoli giacevano a terra,
sbattevano le loro piccole alucce e gridavano: "Come possiamo mantenerci
da soli! Non sappiamo ancora volare per procacciarci il cibo! Siamo
costretti a morire di fame!" Egli scese a terra, uccise il suo cavallo con la
spada e lo diede in pasto ai piccoli corvi. Questi si avvicinarono
saltellando, si saziarono e dissero: "Ce ne ricorderemo e ti
ricompenseremo!"
Ora egli proseguì a piedi e, cammina cammina, giunse in una gran città.
Un uomo a cavallo andava dicendo che colui che voleva diventare lo sposo
della giovane principessa doveva eseguire un compito che ella gli avrebbe
assegnato; ma se lo intraprendeva e non lo portava a termine, avrebbe
perso la vita. Nessuno voleva presentarsi, perché‚ già tanti ci avevano
rimesso la vita. Il giovane pensò: "Che ho da perdere? Tentiamo!" Così
andò davanti al re e a sua figlia e si annunciò come pretendente.
Allora lo condussero in riva al mare; gettarono un anello in acqua e gli
ordinarono di ripescarlo. Gli dissero inoltre che se si tuffava e ritornava a
galla senza l'anello, lo avrebbero ributtato giù per farlo morire. Poi fu
lasciato solo, e mentre si trovava sulla riva e pensava che cosa mai potesse
fare per prendere l'anello, vide avvicinarsi i tre pesci che egli aveva tratto
dalle canne e rimesso in acqua. Quello di mezzo aveva in bocca una
conchiglia, che depose sulla riva, ai piedi del giovane; e quando egli l'aprì
ci trovò dentro l'anello. Pieno di gioia lo portò al re e chiese sua figlia in
sposa. Ma questa, quando udì che egli non era un principe, non lo volle.
Uscì in giardino, rovesciò dieci sacchi pieni di miglio sull'erba e disse:
"Dovrà raccoglierlo per domattina, prima che sorga il sole; e non ne
manchi neanche un granello!" Il giovane non sarebbe riuscito a portare a
termine il compito se i fedeli animali non lo avessero aiutato. Di notte
venne il re delle formiche e, con le sue mille e mille formiche raccolse tutto
il miglio, lo ammucchiò nei sacchi e, prima che sorgesse il sole del
mattino, aveva finito il lavoro senza che neanche un granello andasse
perduto. Quando la principessa venne in giardino e vide tutto ciò, si
meravigliò e disse: "Anche se ha eseguito pure questo compito, ed è
giovane e bello, non lo sposerò se prima non mi avrà portato una mela
dell'albero della vita." Ma i corvi che erano stati gettati dal nido e che egli
aveva nutrito, erano cresciuti e avevano udito quello che voleva la principessa. Volarono via e ben presto uno di loro ritornò portando una
mela nel becco e la lasciò cadere fra le mani del giovane. Quando questi la
portò alla principessa ella lo accettò con gioia e divenne sua sposa. Alla
morte del vecchio re, il principe ne ereditò la corona.

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