83. La Fortuna Di Gianni

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Gianni aveva prestato servizio dal suo padrone per sette anni, quando gli
disse: -Padrone, ho terminato il tirocinio; ora vorrei tornare a casa da mia
madre: datemi ciò che mi spetta-. Il padrone rispose: -Mi hai servito bene
e con fedeltà: il compenso sarà pari al tuo servizio-. E gli diede un pezzo
d'oro grosso come la testa di Gianni. Gianni prese di tasca il fazzoletto, e
vi avvolse l'oro, se lo mise in spalla e s'incamminò verso casa. Mentre
camminava, un passo dopo l'altro, vide un cavaliere che, fresco e giulivo,
trottava su di un cavallo focoso. -Ah- disse Gianni ad alta voce -che bella cosa è cavalcare! Si sta seduti come su di una sedia; non si inciampa nei
sassi, si risparmiano le scarpe e si va avanti senza accorgersene.- Il
cavaliere che lo aveva sentito, gli gridò: -Ehi, Gianni, perché‚ tu vai a
piedi?-. -Eh!- rispose Gianni -devo portare a casa questo peso: è vero che è
oro, ma non posso tenere la testa diritta, mi preme sulle spalle.- -Sai un
cosa?- disse il cavaliere. -Facciamo cambio, io ti do il mio cavallo e tu mi
dai il tuo pezzo d'oro.- -Ben volentieri- disse Gianni -ma vi avverto che
farete fatica a portarlo!- Il cavaliere smontò, prese l'oro e aiutò Gianni a
salire a cavallo; gli diede le redini da tenere in mano, ben salde, e disse: -
Se vuoi andare veloce, devi schioccare la lingua e gridare: "hop, hop!"-.
Gianni era felice di essere in groppa al suo cavallo e di poter cavalcare a
briglia sciolta. Dopo un po' gli venne in mente di andare più veloce, si
mise a schioccare la lingua e a gridare: "hop, hop!." Il cavallo di mise a
trottare forte e, in men che non si dica, Gianni fu sbalzato di sella e finì in
un fosso che divideva i campi dalla strada. Il cavallo sarebbe scappato se
non lo avesse fermato un contadino che veniva per la strada spingendo
una mucca. Gianni si rimise in sesto e si alzò in piedi. Ma, indispettito,
disse al contadino: -Bel divertimento andare a cavallo, soprattutto se ti
capita un brocco come questo che inciampa e ti butta a terra rischiando di
farti rompere l'osso del collo! Non ci salirò mai più! La vostra mucca
invece sì che mi piace: uno se la tira dietro con tutto comodo, e, ogni
giorno, latte, burro e formaggio sono assicurati. Cosa darei per avere una
mucca simile!-. -Be'- disse il contadino -se vi piace tanto, cambierò la
mucca con il vostro cavallo.- Gianni accettò tutto felice, e il contadino saltò
in groppa al cavallo e corse via. Gianni menava ora la mucca
tranquillamente davanti a se pensando al buon affare: -Mi basta avere un
pezzo di pane, e certamente non mi mancherà, e posso mangiare burro e
formaggio finché‚ ne ho voglia; se ho sete, mungo la mia mucca e bevo il
latte. Cosa potrei desiderare di meglio?-. Quando arrivò a un'osteria, si
fermò, mangiò allegramente tutto ciò che aveva con s‚, pranzo e cena e,
con gli ultimi soldi che gli restavano, si fece portare un mezzo bicchiere di
birra. Poi riprese a menare la sua mucca verso il villaggio di sua madre.
Ma, verso mezzogiorno, il caldo si fece sempre più opprimente, e Gianni si
trovava in una landa con un'ora di cammino davanti a s‚. Aveva un caldo
tale che, per la sete, la lingua gli si era incollata al palato. "Devo fare
qualcosa" pensò Gianni. "Mi metterò a mungere la mucca e mi ristorerò
con il latte." La legò a un albero secco e ci mise sotto il suo berretto di
cuoio, ma per quanto si desse da fare, non veniva neanche una goccia di
latte. E siccome mungeva senza alcuna abilità, l'animale, impaziente, finì coll'assestargli un tale colpo alla testa con la zampa di dietro, ch'egli
barcollò e cadde a terra; e per un bel po' non riuscì più a capire dove fosse.
Fortunatamente, proprio in quel momento si trovava a passare un
macellaio che aveva un porcellino su di una carriola. -Che brutti scherzi!-
esclamò, e aiutò il buon Gianni ad alzarsi. Gianni raccontò quel che gli era
successo. Il macellaio gli allungò la sua fiaschetta e gli disse: -Bevete un
sorso che vi renderà le forze. Questa mucca non vi darà mai latte: è
vecchia, e va giusto bene come bestia da tiro o da macello-. -Ahi, ahi- disse
Gianni, passandosi una mano fra i capelli -chi l'avrebbe mai detto! Certo è
una bella cosa poter macellare una bestia simile in casa propria! Quanta
carne! Ma io non me ne faccio un gran che della carne di mucca: non la
trovo abbastanza saporita. Un così bel maialino invece ha tutt'un altro
sapore, senza parlar delle salsicce!- -Sentite, Gianni- disse il macellaio -vi
farò un piacere e in cambio della mucca vi lascerò il porcello.- -Dio
ricompensi la vostra cortesia!- disse Gianni; gli diede la mucca, fece
slegare il porcellino dalla carriola e si fece mettere in mano la corda che lo
legava. Gianni proseguì per la sua strada pensando come tutto gli andava
bene: quando incappava in qualche contrattempo, subito riusciva a porvi
rimedio. Poco dopo, s'imbatté‚ in un ragazzo che portava sotto il braccio
una bell'oca bianca. Si salutarono e Gianni incominciò a raccontargli della
sua fortuna, e degli scambi vantaggiosi che aveva fatto. Il ragazzo gli
raccontò che portava l'oca a un pranzo di battesimo. -Provate un po' a
sollevarla- soggiunse, afferrandola per le ali -com'è pesante ma è stata
anche ingrassata per due mesi. A chi morde quest'arrosto, resterà la bocca
unta!- -Sì- disse Gianni alzandola con una mano -è bella pesante, ma
anche il mio maiale non scherza!- Il ragazzo prese allora a guardarsi
attorno con aria pensierosa, e continuava a scuotere la testa. -Sentite-
disse poi -per quel che riguarda il vostro maiale, deve esserci qualcosa
sotto. Sono passato da un villaggio dove ne avevano appena rubato uno
dalla stalla del sindaco. Temo proprio che si tratti di questo qui. Sarebbe
un brutto affare se vi trovassero con l'animale come minimo vi
ficcherebbero in gattabuia!- Il buon Gianni ebbe paura: -Ah, Dio- disse -
aiutatemi a venirne fuori! Voi qui siete pratico della zona, prendetevi il
maiale e lasciatemi la vostra oca.- -Certo è un bel rischio- rispose il
ragazzo -ma non voglio che finiate nei guai per colpa mia.- Così prese in
mano la corda e, in fretta, condusse via il maialino per una via traversa. Il
buon Gianni, invece, liberato dalle sue preoccupazioni, proseguì il
cammino verso casa con l'oca sotto il braccio. -A pensarci bene- diceva fra
s‚ -ci ho guadagnato a fare cambio: per prima cosa c'è l'arrosto, poi tutto quell'unto che ne gocciolerà e darà grasso d'oca per tre mesi; e infine le
belle piume bianche: con quelle ci farò imbottire il cuscino, così mi
addormenterò senza bisogno di esser cullato. Come sarà contenta mia
madre!- Attraversato l'ultimo paese, Gianni trovò un arrotino con il suo
carretto; facendo girare la ruota per affilare i coltelli, egli così cantava:-
Faccio l'arrotino, son svelto con la mola, giro e rigiro come una
banderuola.-Gianni si fermò a guardarlo; alla fine gli rivolse la parola
dicendo: -Pare proprio che ve la passiate bene, dato che siete così allegro!-.
-Sì- rispose l'arrotino. -Chi conosce un mestiere è un uomo fortunato. Un
bravo arrotino, quando mette la mano in tasca, ci trova del denaro. Ma
dove avete comprato quella bell'oca?- -Non l'ho comprata, l'ho avuta in
cambio di un maiale.- -E il maiale?- -L'ho avuto in cambio di una mucca.- -
E la mucca?- -L'ho avuta in cambio di un cavallo.- -E il cavallo?- -Per
averlo ho dato un pezzo d'oro grande come la mia testa.- -E l'oro?- -Eh, era
la somma che mi spettava per aver prestato servizio sette anni!- -Avete
sempre saputo arrangiarvi- disse l'arrotino. -Se adesso riuscite a sentir
tintinnare i soldi in tasca, quando vi alzate, sarebbe fatta la vostra
fortuna.- -E come potrei fare?- disse Gianni. -Dovete diventare un arrotino
come me; per questo non serve che una mola, il resto viene da s‚. Ne ho qui
una che è un po' rovinata, ma in cambio chiedo soltanto la vostra oca: siete
d'accordo?- -E me lo chiedete?- rispose Gianni. -Diventerò l'uomo più
fortunato di questa terra; se trovo del denaro ogni volta che infilo la mano
in tasca, che cosa potrei desiderare di meglio?- e gli porse l'oca. -E ora-
disse l'arrotino, raccogliendo una pietra qualunque che gli si trovava
accanto -eccovi anche una bella pietra, su cui potrete picchiare per bene e
raddrizzare i chiodi vecchi. Prendetela e serbatela con cura.- Gianni si
caricò la pietra sulle spalle e proseguì il cammino con il cuore pieno di
gioia; gli occhi gli luccicavano dalla contentezza, ed egli pensava fra s‚:
"Devo proprio essere nato con la camicia! Tutto quello che desidero si
avvera come se fossi venuto al mondo di domenica." Nel frattempo,
siccome camminava dallo spuntar del giorno, incominciò a sentirsi stanco;
inoltre lo tormentava la fame, poiché‚ aveva divorato in un colpo tutte le
provviste, per la gioia di aver ottenuto la mucca. Ora avanzava a stento e
doveva fermarsi in continuazione; e per di più le pietre gli pesavano
terribilmente, Gianni continuava a pensare come sarebbe stato bello se
non avesse dovuto portarle proprio allora. Lento come una lumaca, riuscì
a trascinarsi fino a una sorgente, dove voleva sostare e rinfrescarsi con un
bel sorso d'acqua fresca. Ma per non rovinare le pietre sedendosi, le posò
con cautela accanto a s‚ sull'orlo della fonte. Poi si volse e si chinò per bere ma, per sbaglio, le urtò un poco e tutt'è due le pietre cascarono in acqua.
Gianni, vedendole sprofondare, fece un salto di gioia e si inginocchiò a
ringraziare Dio con le lacrime agli occhi per avergli concesso anche questa
grazia: l'aveva liberato da quei pietroni in modo che egli non dovesse
rimproverarsi nulla, era proprio quel che ci voleva per renderlo
pienamente felice! -Felice come me- esclamò -non c'è davvero nessuno su
questa terra!- A cuor leggero, e libero da ogni peso, corse via finché‚ arrivò
a casa da sua madre.

Fiabe del Focolare - Fratelli GrimmDove le storie prendono vita. Scoprilo ora