11. Origami

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Andare a scuola non era mai un piacere, ma andarci con il sole, era una delle cose che sopportavo meno in assoluto, così che, se fosse esistita una scuola notturna, l'avrei preferita di gran lunga. 

Pensavo a questo, mentre restavo seduta sul letto, al centro della stanza, con in mano la civetta rossa che avevo trovato il giorno prima. 

Pensavo al sole perché era meglio che pensare a tutto il resto che stava accadendo.

Dall'incontro della polizia, che non aveva fatto altro che confermarmi quello che sapevo da anni, alla visita notturna di Luke, che mi aveva messo in difficoltà con me stessa, ed era un gran casino, perché io ero abituata a sapere cosa volevo. Ma con lui perdevo ogni volta il controllo e la cosa peggiore era che non ero capace, in alcun modo, di pentirmene.

Per non parlare di quel pezzo di carta, che volevo con tutta me stessa sottovalutare e dimenticare nel cassetto, ma che mio malgrado gettai nello zaino e questo in spalla, diretta verso scuola.

Passai davanti la sala da pranzo e vidi la mia famiglia a tavola, mentre mi precipitai dritta verso l'uscita e quando fui fuori, un raggio caldo e luminoso mi colpì il viso, procurandomi una smorfia di fastidio che andò a dipingermi il viso per tutta la giornata.

A prendere il bus ero da sola, oggi. Hemmings non era salito come l'ultima volta a metà strada per darmi il tormento e mi chiesi che fine avesse fatto dopo che se n'era andato dalla mia stanza, la notte prima.

Quando fui a scuola, tutto sembrava terribilmente tranquillo e quasi me ne rasserenai, cercando Mickey e Calum con lo sguardo. Li notai poco distanti, appoggiati al muro dell'entrata dell'istituto, mentre il moro era intento a fumarsi una sigaretta e ascoltava l'amico parlare.

-Stronzetti.- gracchiai avvicinandomi con il cappuccio della felpa scura alzato, nonostante non stesse piovendo.

-Guarda un po' chi è uscita dall'antro spettrale!- salutò Clifford non appena mi vide. -Che si dice maga dell'ombra?- sbuffai perché non c'era una volta in cui non mi prendesse in giro.

-C'è troppo sole per i miei gusti.- mi lamentai appoggiandomi al fianco di Calum e rubandogli la sigaretta. 

-Su questo non avevamo dubbi...- commentò il moro riprendendosi la cicca. -Per te è già troppo che il sole esista dietro alle nubi.-

Ridacchiai pensando che forse era vero, ma avevo sempre pensato che il freddo riuscisse a far uscire il vero carattere di ogni persona, in un modo o nell'altro.

Ascoltai i discorsi superflui dei miei amici con poco interesse, mentre guardavo la folla di studenti entrare nell'edificio, alla ricerca di una chioma chiara e due iridi azzurre.

Poco prima che potesse suonare mi balenò per la testa una strana domanda da rivolgere ai ragazzi e ripensai velocemente all'origami che mi ero portata nello zaino.

-Voi lo sapete qual'è il mio passatempo preferito, quando sono annoiata?- chiesi ai miei amici. Vidi Cal scrollare le spalle. -Drogarti?- mi schernii e Clifford si mise a ridere per l'uscita del ragazzo.

Li fulminai con lo sguardo. -Dico davvero...-

-Ma che ne so, Shimmer... Non mi sembra tu ti sia mai annoiata con noi, quindi non sorge il problema.- Concluse Micheal per poi afferrare lo zaino ed affrettarsi ad entrare in classe, perché la campanella dell'inizio delle lezioni era già suonata.

I miei amici stavano entrando, ma ancora non avevo notato il biondo comparire dal portone della scuola, e mi voltai in quella direzione prima di essere richiamata da Calum e voltarmi definitivamente, cercando di non pensarci più.

-Arrivo.-

***

Le mie lezioni erano sempre all'ultimo piano, nella classe più grande. Così, quando entrai rapida, per paura di essere in ritardo come al solito, mi diressi dritta verso il solito banco. 

Tirai fuori dallo zaino i libri una volta seduta, e feci per metterli nel sottobanco, ma sentii qualcosa tagliarmi un dito della mano e le ritrassi in fretta, lasciando cadere tutto a terra.

Sentii le persone girarsi a capire cosa avesse causato quel baccano, mentre osservavo perplessa il mio mignolo tagliato di netto sul dorso. Una ferita netta, come quando ci si taglia con la carta, da cui usciva parecchio sangue, che mi affrettai a leccare, perché non macchiasse tutto.

Mi piegai per raccogliere i libri, ma qualcosa di stranamente colorato attirò la mia attenzione sotto al banco, dove un orso di carta, giallo, si era leggermente tinto del mio sangue.

Afferrai quel foglio ripiegato e lo fissai con terrore. Me lo rigirai tra le mani, mentre cercavo un'altra frase che potesse collegarsi a tutto quello che era accaduto il giorno prima. Ma prima che potessi anche solo notarla, il professore entrò in classe richiamando gli studenti al silenzio, costringendomi così ad ordinare rapidamente il mio materiale e infilare nello zaino l'orgami colorato, proprio accanto a quello che avevo gettato nella cartella prima di uscire dalla stanza di casa mia.

Poco da dire, se non che per le ore successive, la mia attenzione andò soltanto allo zaino e alla curiosità di sapere se ci fosse scritto qualcosa sul quel pezzo di carta stropicciata.

Suonò l'ultima campanella e balzai in piedi, diretta verso i bagni, dove sapevo che nessuno mi avrebbe infastidito, perché erano sempre poco frequentati dagli alunni, specialmente quelli dell'ultimo piano. 

Mi chiusi nello stesso posto angusto in cui ero rinchiusa il primo giorno di scuola e gettai a terra lo zaino, estraendo dalla tasca più piccola i due origami. Il rosso lo misi in tasca e mi rigirai nelle mani l'orso gallo come avevo cercato di fare all'inizio delle lezioni. 

Scritta in ero, con la stessa calligrafia elegante dell'altro, una frase. Poche parole che colpirono dritto dentro di me.

<<Vi ho visto, ieri sera. Ma quando ti chiede di gemere il suo nome, quale dei due pronunci, Shimmer? Non mi avrai già dimenticato...>>

E due erano le cose. O qualcuno si divertiva a farmi uscire matta, o i morti avevano ripreso a parlare.

Ma in tutta questa merda che avevo addosso, riuscii a pensare soltanto che una cosa era certa. Non c'era Luke dietro a questa storia assurda.

Ed io ero felice.

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