Si trattava di sbagliare in continuazione e quando fui davanti ai poliziotti me ne resi conto. Nella stanza c'era silenzio, un senso di nausea mi avrebbe voluto far rimettere tutto quello che avevo in corpo mentre l'ansia iniziava a distruggermi dall'interno. Sensi di colpa, verso tutte le cose che mi ero ripromessa di non fare più e che invece perseveravo nel compiere, consapevole di sbagliare.
Ma a me sbagliare non aveva mai fatto imparare nulla all'infuori del fatto che continuavo a volere qualcosa anche dopo tante sofferenze. Ero una di quelle che non demordeva praticamente mai.
-Shimmer.- Erano in due, quel giorno, a casa mia. Il primo era un uomo sulla quarantina che non avevo mai visto prima. I suoi capelli erano brizzolati e portava dei baffi che sembravano di un'altro decennio; aveva la divisa fin troppo stretta ed era stato lui a parlare.
Il poliziotto mi guardava con aria compassionevole mentre mia madre, seduta al mio fianco, non aveva il coraggio di guardarmi negli occhi, probabilmente capace di pensare soltanto a quanti problemi era in grado di portarle sua figlia.
-Sì.- una voce fin troppo ferma per una che sarebbe potuta scoppiare a piangere da un momento all'altro.
-Dobbiamo farti alcune domande riguardo quanto accaduto lo scorso anno.-
Ci furono esattamente due istanti tra quelle parole e le sucessive domande ansiose di mia madre sull'argomento e in quei due istanti, l'emozione che mi passò in corpo fu prima di sollievo, perché quello significava che nessuno si era fatto nulla e che stavano tutti ancora bene. Ma poi questa bella sensazione lasciò spazio ad una più forte e dal retrogusto amaro: un misto tra un rimpianto e un rimorso. Consapevole che non ero riuscita a salvare l'unica persona che avessi amato fino a quel giorno perché troppo impegnata a salvare me stessa.
-Non vi sembra poco opportuno piombare in casa nostra e tormentarci ancora con questa terribile storia? Non vi sembra che ne abbiamo passate già tante?!- mia madre era isterica e da un lato, la capivo. Si alzò in piedi, come se in quel modo avrebbe potuto fare qualcosa. Io invece non trovavo più forze nemmeno per respirare e mi limitai ad ascoltare cos'avevano da dire i due polizziotti.
-Signora Moose, siamo perfettamente consci del fatto che questo non è un argomento facile da affrontare. Per nessuno.- Il secondo agente, più giovane e di bell'aspetto seguì mia madre cercando di calmarla mentre l'uomo baffuto mi si avvicinava, probabilmente per farsi sentire senza dover urlare sopra alla voce della mamma che non riusciva a calmarsi.
-Shimmer, ho bisogno di chiederti una cosa.-
Inspirai. Espirai.
-Mi dica.- non sapevo con quale coraggio l'avevo detto perché se fosse stato per me sarei fuggita a gambe levate in quel esatto istante.
-Che tu sapessi, c'era qualcuno che avrebbe potuto voler far del male a Ashton?- di un cuore che batte a malapena, non ci si può aspettare molto. E il mio sembrava voler rallentare sempre di più. Un migliaio di facce che avrebbero voluto vedere Ash morto mi comparvero tra i pensieri ma deglutendo a fatica risposi vaga. -Non saprei. Perché?-
La verità si dice tagli come le lame di un coltello, ma non sai quanto faccia male finché non è qualcuno a dirtelo.
-Noi...- fece una pausa, un sospiro pesante e capii che i miei sospetti avevano fondamento.
Ashton non era morte tragicamente per una dose troppo forte di quelle che ci iniettavamo assieme.
Qualcuno l'aveva...
-Abbiamo buone ragioni di pensare che qualcuno l'abbia ucciso, Shimmer. E per quanto mi renda conto che possa essere difficile collaborare in questo istante, dopo tutto quello che hai passato... Non posso fare a meno di chiederti che se tu fossi a conoscenza di qualcosa che potrebbe esser rilevante con le indagini, in qualsiasi modo, sarebbe un buon momento per dircelo.-
-Cosa ve lo fa pensare?- non sentii più mia madre discutere con l'altro agente e persino le parole pronunciate dall'uomo di fronte a me, sembravano vaque.
-Come?-
-La sua...- deglutii a fatica. -Morte. Cosa vi fa pensare che non sia stato un incidente?-
L'uomo sospirò. Probabilmente sperava non facessi troppe domande ma io volevo sapere. Dovevo sapere chi mi aveva portato via Ash.
-Vedi Shimmer, quando è successo tutti avevano iniziato ad agitarsi e soprattutto i tuoi genitori si sono preoccupati di non far trapelare troppe informazioni dall'accaduto...-
-La prego.- lo bloccai. -Me lo dica.-
Lo vidi guardarsi i piedi per qualche secondo, tenendo lo sguardo basso.
-Ashton non è morto di overdose come divulgato dai comunicati stampa, Shimmer. Gli hanno sparato al cuore.-
E per qualche motivo mi sentii sollevata. Probabilmente ero una cattiva persona a pensarlo, ma ora sapevo che Ash non aveva voluto lasciarmi davvero. Che sarebbe rimasto al mio fianco se avesse potuto e penso che, dopo tutto questo tempo, in fondo, dentro di me lo sapevo.
Non avevo mai avuto la forza di dirlo, di pensarlo, perché solo ripetere il suo nome mi procurava un fastidio alla bocca dello stomaco, però io l'avevo sempre saputo. Che se fosse stato per lui, Ash sarebbe rimasto al mio fianco, con Calum e Micheal a scherzare prima di entrare in classe e a suonare nei locali della città la chitarra che ora avevo appeso in camera mia e che nessuno, dopo la sua morte, aveva più toccato.
Il continuo della storia da parte del poliziotto mi fece redimere dai miei pensieri e mi resi conto finalmente di quello che mi avevano confessato dopo mesi.
-E' stato trovato nel lago appena poche ore dopo la sua uccisione e ancora non sappiamo con precisione dove sia avvenuto lo sparo. E' passato quasi un anno da quella notte, Shimmer e tutto il distretto sta ancora indagando sull'accaduto, ma siamo in un punto cieco con le indagini, per questo ci è toccato divulgare a te la realtà delle cose. Con la speranza che tu possa aiutarci in qualche modo.-
Scossi il capo.
-Non so assolutamente niente di tutta questa storia e men che meno ne voglio sapere.- mi alzai di scatto e sentii il poliziotto richiamarmi. Mia madre entrò in quell'istante nel salotto, seguita dall'altro agente e tutti sembravano volermi chiedere qualcosa e vagamente sentii le loro voci richiamarmi mentre correvo in camera mia, al piano più alto dell'immensa casa in cui abitavo. Lasciai sbattere la porta di legno alle mie spalle appoggiandomici contro. Inspirai più volte ma il fiato non sembrava volersi regolarizzare.
Fu qualcosa di scarlatto ad attirare la mia attenzione, posato leggermente sulle lenzuola chiare del letto. Mi avvicinai titubante, osservando quel pezzetto di carta rossa piegato minuziosamente a formare un cigno.
Afferrai l'origami nel momento esatto in cui una folata d'aria gelida entrò dalla finestra socchiusa della stanza, provocandomi brividi lungo tutto il corpo.
Notai una scritta scritta scura, dalla calligrafia elegante e lineare, incisa su un ala del cigno di carta e tra le tante parole, un nome: il mio.
Così mentre un'altra folata d'aria investiva il mio corpo e faceva svolazzare le tende della mia stanza, lessi qualcosa che rimase impresso nella mia mente come fuoco vivo.
"La verità condanna. Lo sai vero, Shimmer?"
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Paper Cuts
FanfictionAttenzione. La storia contiene scene esplicite e con argomenti forti. Leggere consapevolmente. ※※※ Come quando ti tagli con la carta: la ferita non la vedi ma il dolore lo senti comunque.