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- Sei bellissima. - Miles ridacchio' leggermente, mentre le sue guance presero a tingersi di una sfumatura leggera di rosso, come ogni volta che lui le faceva un complimento.

Il ragazzo che aveva di fronte, posiziono' una mano sul suo fianco e, con cura, l'attiro' a sé fino a far scontrare i propri petti. Si abbassò di poco e le lasciò un sonoro, dolce bacio sulla guancia, per poi lasciarne un altro nell'incavo del collo scoperto.

Matt adorava baciarla in quel punto, sapeva benissimo che non riusciva a resistere alle sue provocazione, amava farla arrossire perché la trovava cosi innocente e allo stesso tempo attraente, e di certo a lei non dispiaceva.

La ragazza si allontanò di controvoglia; avrebbe voluto restare tra le braccia di Matt per un tempo che oscillava tra l'eternità e il per sempre, ma purtroppo si stava facendo tardi.

Il ragazzo dai capelli blu intrecciò le loro mani e insieme, andarono verso il mezzo che li avrebbe portati fino al luogo della festa.

- Sai, mi piace questa tua nuova tinta.Ti fa tanto bambino e poi è meglio di quella di qualche giorno fa. - Miles gli toccò delicamente i capelli, beandosi della loro morbidezza. Lui la lasciava fare, amava quando avevano un contatto fisico.

- Si, anche a me piace. Con quell'altra sembravo un evidenziatore umano.-

- Mi veniva fame a guardarti! Sembrava che avessi un'insalata in testa con tutto quel verde.- I due non smettevano più di ridere.

Erano sempre così spensierati, qualità che molti giovani del loro quartiere invidiavano.

Riuscivano a vivere la vita con un sorriso e perfino nelle situazioni peggiori facevano sempre delle battute per sdrammatizzare. Era questo il bello di quella fantastica amicizia.

Loro vivevano e lasciavano vivere.

- Io ti preferisco castano, sai.- Erano ad un semaforo rosso, quando lui si sporse verso Miles per lasciarle un bacio sulla guancia.

La luna illuminava i loro capelli mentre Matt guidava per le strade della città fantasma con il volume della radio al massimo; canticchiavano e ridevano come bambini.
Erano solo le nove di sera, ma la città già dormiva.

La musica della festa era così alta, che i due ragazzi la potevano sentire a metri di distanza.

Matt svolto' l'angolo e, subito dopo, davanti ai loro occhi, si presentò la classica scena da festa americana: una grande villa con tanta gente e tanto rumore.
Menomale che quella era un zona abbastanza isolata.

Fu difficile trovare un posto dove parcheggiare, ma per fortuna, lo trovarono pochi posti più in là.

Matt aveva tenuto il suo braccio attorno al bacino della ragazza per tutto il tempo da quando avevano attraversato la soglia di quella casa. La teneva stretta a sé, come a proteggerla o come a voler dimostrare a tutti che lei non si toccava.

A Miles non dava fastidio, era una cosa che faceva molto spesso e la trovava una cosa carina perché, infondo, Matt si preoccupava per lei.

Dentro era tutto un totale casino; c'era odore di alcool e di fumo dappertutto, esso non tardò in farsi spazio tra le narici di Miles, che di conseguenza si portò una mano vicino al naso per diminuire il fastidio. C'erano anche resti di sigarette spente e tanti, troppi bicchieri buttati in ogni angolo della stanza.
Corpi sudati si strusciavano uno sull'altro sulla pista da ballo, potevano essere anche sconosciuti, non faceva di certo differenza.

- Ti vado a prendere qualcosa da bere, non muoverti.- Le parlò Matt all'orecchio in modo che lo potesse sentire.

La ragazza lo aspettò seduta sul divano nero in pelle, dove alcuni ragazzi, abbastanza lucidi, parlavano di come fosse andata la partita e di come avessero stracciato la scuola avversaria.

Poco dopo, lo vide arrivare con due bicchieri di carta e una bottiglia tonda con dentro del liquido verde.

- Ora ci divertiamo! - disse lui alzando la bottiglia in alto facendo ridere la mora.

Dopo vari bicchieri, Margot , una ragazza del loro gruppetto, si avvicinò a Matt e lo portò in un angolo della stanza, gli disse qualcosa che Miles non riuscì a comprendere, dopodiché lui torno da lei.

- Cucciola, devo assentarmi per un po'. Ti voglio bene.- Le lasciò un bacio sulla fronte e salì le scale seguito dall'amica.

- Fanculo! - gli fece il dito medio e come risposta ottenne una sonora risata.

Miles era stanca e quella stanza era diventata troppo stretta, piccola per poterci respirare normalmente e il calore delle luci di certo non aiutava, così decise di mandare un messaggio a Matt nel quale gli diceva che lo avrebbe aspettato all'ingresso per tornare insieme a casa.

Sperava vivamente che, durante quel lungo tempo che l'aveva lasciata da sola, non avesse bevuto molto da ubriacarsi completamente; non sapeva con chi tornare indietro e sarebbe stata costretta a rimanere a dormire in una delle camere da letto oppure sul divano. Le venne un brivido di ribrezzo al solo pensiero. Certo, poteva provare a guidare lei, ma non aveva ancora la patente e non voleva creare dei casini.

Fuori faceva freddino e lei si maledisse per non aver portato una giacchetta con sé. Si sedette sul marciapiede, tirò fuori dal suo anfibio destro una sigaretta e se l'accese iniziando ad aspettare il suo migliore amico.

Ormai la sigaretta si era consumata del tutto e di Matt nessuna risposta, nessun segno. Se ne accese un'altra scaldandosi nella fredda notte aspettando che il ragazzo uscisse fuori. Ma lui non uscì mai. Era ovvio che aveva di meglio da fare.

Decise, quindi, di tornare dentro e di cantargliene due per averla lasciata lì come un' idiota.

Fece per alzarsi, quando il suo cellulare iniziò a vibrare lampeggiando debolmente. Sbianco' quando lesse il nome sul dispositivo.

Miles rimase immobile continuando a fissare l'oggetto che teneva saldamente tra la sua mano con la mascella contratta, rimase lì ad aspettare che quel numero scomparisse dalla sua visuale e quando la vibrazione cessò, la ragazza spense il telefono e lo rimise dentro la tasca della gonna.

Quel numero lo avrebbe dovuto cancellare tanti mesi fa o, meglio, avrebbe dovuto cambiare il suo. Era stata stupida.

Si passò una mano tra i capelli e li tirò leggermente. La testa le faceva male da morire, così, iniziò a camminare senza una meta precisa, allontanandosi da quella villa e dal casino che i ragazzi emettevano, andando a finire su una panchina di legno vicino a una fermata dell'autobus.

Era l'una passata, ormai, e lei non sapeva con certezza dove si trovasse. Le passavano troppe cose per la testa in quel momento.

Si voltò per vedere quanto lontano era andata e si rese conto di aver camminato un bel po'. Si sedette a gambe incrociate, tirando verso il basso la gonna, cercando di coprirsi il più possibile.

Rimase lì, ad osservare la lunga strada buia con le poche macchine che passavano davanti, mordendosi di tanto in tanto il labbro inferiore e togliendosi le pellicine delle dita.

Rimase lì, al freddo, con un lampione che la illuminava debolmente e con una sigaretta come compagnia.

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