7.

685 47 18
                                    

"La differenza fra la scuola e la vita? A scuola ti viene insegnata una lezione e poi fai una verifica. Nella vita fai delle verifiche che ti insegnano una lezione."

Molto spesso si chiedeva come facessero quei ragazzi, quelle ragazze che dicevano di non avere paura di niente e di nessuno. Quelle persone che dichiaravano di avere il mondo nelle loro mani, come se la vita fosse una partita già vinta in partenza.

Immaginava che, anche se non lo facevano vedere, dentro di loro ci fosse un conflitto, un uragano di incertezze che nascondevano sotto le loro maschere. Maschere di sicurezza e arroganza, indossate come scudo, come protezione contro un mondo che non ammetteva debolezze. Ma dietro quelle facciate di sicurezza, si celavano paure nascoste, timori così profondi che mai sarebbero venuti a galla.

Si chiedeva spesso perché lo facessero, ma conosceva già la risposta: nel loro mondo, la vulnerabilità era sinonimo di sconfitta. Essere vulnerabili significava essere prede. 

Tuttavia, quello che non capivano era che, come tutti i comuni mortali, avere delle paure era normale, naturale.

Volevano apparire forti agli occhi degli altri, aspiravano a essere considerati eroi della nuova generazione. Ma, per essere davvero degli eroi, prima dovevano affrontare il loro nemico più brutale: loro stessi. I loro demoni personali, le loro ferite irrisolte, i sussurri nella notte che li tormentavano.

Se volevano essere degli eroi, avrebbero dovuto fare i conti con i demoni che danzavano nelle loro teste.

Gli adolescenti erano talmente condizionati dalle critiche, dai pareri altrui, che perdevano di vista sé stessi, smarrendosi nel bisogno disperato di approvazione. Non riuscivano a capire che erano loro i sovrani del proprio tempo, e lasciavano alla massa il potere di decidere le loro vite. Si dimenticavano che il presente scivolava via dalle loro mani sotto i loro occhi, come sabbia che scorre attraverso le dita senza possibilità di fermarla.

Erano diventati degli zombie accecati dal sistema mondiale, schiavi di aspettative e illusioni. Questo lo aveva capito da sola. Quei ragazzi facevano quel che facevano perché volevano far parte di un gruppo, volevano sentirsi accettati, volevano sentirsi amati.

Erano solo ragazzi soli. E per la loro età, non andava bene.

E per la prima volta, Miles si sentì una di loro. Tante volte li aveva visti in giro ma, mai aveva riflettuto così a fondo.

Lei era proprio come loro: sentiva di non appartenere al mondo che la circondava ma, faceva di tutto per inserirsi, per essere accettata. Voleva essere considerata un'eroina, ma anche lei doveva fare i conti con il passato, che la tormentava anche da sveglia.

Il suo passato era come una catena che la teneva ancorata al suolo, un'ombra che la seguiva ovunque andasse.

Non voleva essere un supereroe fallito. Non voleva che le sue fossero memorie di uno sconfitto. Non lo avrebbe accettato.

"Non ha senso vivere senza una buona causa per morire." Era questa la frase che aveva dato un senso alla sua esistenza. Aveva capito che serviva una motivazione per andare avanti, per riuscire a diventare qualcuno.

Tante volte aveva sognato un mondo perfetto, quello che tempo fa le era stato portato via. Desiderava un futuro migliore, per sé stessa e per chiunque fosse stato spezzato dalla vita.

Avrebbe fatto di tutto per costruirlo. Ogni persona meritava un posto migliore in cui vivere. E lei voleva essere l'eroe di qualcuno, anche lei voleva sentirsi utile e non un piccolo disastro perso dentro un enorme labirinto chiamato mondo.

Doveva salvare i propri sogni da quella guerra.

Per la prima volta in tutta la sua vita, era certa di qualcosa: c'era bisogno di un cambiamento. C'era bisogno di una rivoluzione, e lottare era rivoluzione.

The JourneyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora