13 ELE

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È tutto così surreale. Non sono riuscita a dormire stanotte. Mi giravo e rigiravo nel letto, ma non riuscivo a far andare via quella sensazione. Stava per baciarmi! Se non mi fosse squillato il telefono lo avrebbe fatto, ne sono sicura. E io cos'avrei fatto? Guardo il mio riflesso nello specchio. Sei in un bel casino, sì sì!

«Ele sbrigati che c'è gente!», sento mamma urlare dalle scale. Esco dal bagno e mi precipito di sotto giusto in tempo per vedere mio padre chiudersi la porta alle spalle.

«Buon Natale!» urlo abbracciandolo. Lui ricambia la stretta e mi stampa un bacio sulla fronte. Insieme entriamo in sala da pranzo, perfettamente addobbata e preparata per l'occasione da Erre e la mamma. Vedo lui e papà stringersi la mano un po' impacciati. Nicole è seduta in braccio a Gabriele sul divano e si limita a un cenno della testa e a un sorriso forzato. Non è mai riuscita a perdonarlo del tutto. Gabriele si alza, educato, e lo saluta. Lo stesso fa Robbi entrando dal corridoio. Insomma ci siamo tutti.

Mamma è straindaffarata in cucina e ci ordina di prendere posto.

«Allora tra pochi mesi avrò una figlia laureata», comincia papà. Io sorrido orgogliosa.

«Dovremmo dare una festa», gli dà corda Alina, bellissima nel suo vestito verde menta.

«Ci stiamo già pensando», le risponde mamma con una punta di acidità, distribuendo i piatti degli antipasti.

«E tu Roberto?», chiede poi papà. Che strano sentirlo chiamare per nome.

«In febbraio», risponde.

«Ma è meraviglioso. Posso immaginare i tuoi genitori come saranno contenti»

«Sì, signore. Sa', sono figlio unico e per loro è una grande soddisfazione», la conversazione rimane su questi toni per tutto l'antipasto.

Io non riesco a concentrarmi. Ad un certo punto sento la mia mente vagare per i fatti suoi. Guardo le persone intorno a me, guardo la mia famiglia e mi sento fuori luogo. L'unica persona che vorrei vedere in questo momento è Mat. Sento un disperato bisogno di stringergli le braccia al collo e rimanere così per un tempo infinito.

In un attimo siamo già al dolce. Il famoso tiramisù di Erre. Come lo fa lui non lo fa nessuno. È proprio una goduria per il palato. Poi mamma estrae il pandoro con la crema chantilly, ma a questo punto sono piena da scoppiare.

«Noi dobbiamo fare un annuncio», esclama Nicole ad un tratto, alzandosi in piedi. Vedo Gabriele sbiancare, prima di alzarsi a sua volta. Tutti li fissiamo e spalanco gli occhi per l'emozione quando vedo un anello luccicante al dito di mia sorella.

«Ci sposiamo!», esclamano quasi all'unisono. Ommioddio! Sono troppo contenta. Cioè, è pazzesco! La mia sorellona sta per compiere il grande passo. Ci saranno grandi festeggiamenti, l'anno nuovo, per la nostra famiglia. Divaga il caos ovviamente, mentre tutti si stringono intorno a loro per fare gli auguri. È un momento meraviglioso. Sento il calore e l'unione di una vera famiglia.

Poi vedo Robbi, immobile al suo posto a fissare il piatto vuoto e capisco che c'è qualcosa che non va.

Do un ultimo bacio a mio padre, prima di lasciarlo salire in macchina.

«Allora ci vediamo tra qualche tempo», mi dice prima di accendere il motore. Tamara e Stefan si sbracciano di saluti dal sedile posteriore. In un attimo l'auto scompare in fondo alla via.

«Che facciamo?», chiedo a Robbi, accanto a me. È rimasto strano tutto il tempo e ha ancora quell'espressione rigida sul viso. Mi guarda per un secondo, poi distoglie lo sguardo.

«Ho bisogno di parlarti», mi dice. «Possiamo andare da qualche parte?». Ci incamminiamo per la via in direzione del parco poco lontano. Rimaniamo in silenzio fino a raggiungere una panchina. Ho un freddo terribile.

«Dimmi», gli dico subito. Lui sembra in seria difficoltà.

«È da un po' che ci penso», comincia, «Veramente da quando ti ho parlato del viaggio in Inghilterra». Annuisco in attesa. Forse non vuole più andare e non sa come dirmelo. Per me non ci sarebbe nessun problema.

«Se vuoi rimandare a me va bene», comincio a dire.

«No, no, io ci vado», mi interrompe. «Parto il ventuno», lo guardo.

«Che vuol dire parti?», chiedo.

«Che ho fatto il biglietto». C'è qualcosa che mi sfugge. Mi guardo stupidamente intorno come se potesse spuntare fuori da un cespuglio un tizio con i cartelli da traduzione stretti in mano.

«Mi stai dicendo che vai da solo?»

«Sì», dice senza guardarmi.

«Non ce la fai ad aspettarmi!», rido e gli do una pacca sulla spalla. «Guarda che non c'è problema. Io ti raggiungerò». So che non è vero. Dentro di me mi sento sollevata per non essere obbligata a scegliere se partire o no. Ho ancora tempo.

«Non voglio che vieni». Credo di essere stata investita da un treno perché il mio cervello sta volando via. Si volta per la prima volta a guardami e continua. «Ci ho pensato un sacco davvero, e non potevo decidere diversamente».

«Mi stai lasciando?». Ecco che spunta fuori il Capitan Ovvio che è in me. Ehi ciao, amico, dove ti eri cacciato?

«Ele stiamo insieme da quanto? Dieci anni?», dice lui. Sì, ok, e con questo? «Siamo sempre stati insieme, abbiamo sempre fatto tutto insieme. Adesso che sto per laurearmi e devo mettere dei paletti alla mia vita per decidere il mio futuro, ho capito che "noi" non c'è»

«Perché?», domando senza fiato.

«Perché ho bisogno che ci sia un "io"» dice. E in un secondo capisco quanto abbia ragione. Non mi ci sono mai voluta soffermare più di tanto su quel senso di malessere che provo da tempo. Mi sono sempre focalizzata sul come e quando finire la nostra storia. Invece lo sta facendo lui e nel pieno della ragione.

«Come faccio a capire cosa mi piace, cosa voglio dalla vita se l'ho sempre condivisa con te? Devo pensare a Roberto non ha Roberto ed Eleonora. Scusa se le mie parole ti feriscono ma non riesco a trovarne di migliori», è veramente combattuto e sto male per lui. «Voglio andare via da questo posto e seguire i miei sogni. Può darsi che non mi portino a niente, ma devo farlo per me stesso». Gli prendo una mano e, nonostante tutto, sorrido.

«Capisco quello che vuoi dire e, può sembrarti assurdo, lo penso anche io. Abbiamo perso di vista chi siamo perché ci siamo sempre nascosti l'uno dietro l'altra. Ma ora non c'è più bisogno»

«Vuoi dire che anche tu pensavi che era giusto che finisse tra noi?»

«La nostra splendida amicizia non finirà mai, se è questo che temi. Certo ci allontaneremo, ma a chi non succede? Per quanto riguarda la nostra storia, forse non è mai iniziata», stringe la mia mano.

«Sapevo che avresti capito. Mi hai tolto un peso». Rimaniamo a parlare per molto tempo, fino a quando il freddo non diventa insopportabile e allora torno a casa.

Adesso che sono sola nella mia stanza mi concedo del tempo per pensare. Una parte di me è arrabbiata per aver perso tempo facendomi tanti scrupoli quando lui in due parole mi ha lasciata, il giorno di Natale per giunta. Un'altra parte di me è contenta perché mi sento improvvisamente leggera, come se fossi nata di nuovo. Un'altra ancora è terrorizzata perché adesso sono sola, come non lo sono mai stata. Adesso sono solo io e la mia vita e che cavolo ne faccio? Mi sento disorientata come se fossi stata buttata in mezzo al mare e non sapessi da che parte nuotare per raggiungere la riva, con la paura che arrivi uno squalo da un momento all'altro.

Sono solo io. Buon Natale Ele, adesso sono fatti tuoi.

IL CONFINE DI UN ATTIMODove le storie prendono vita. Scoprilo ora