27 MAT

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Quando suono il campanello sono da poco passate le nove. L'orario va ancora bene, dai.

Sono agitato come il primo giorno di scuola. Cavolo, l'amore è proprio una cosa strana.

Si apre la porta e mi trovo davanti Nicole.

«Mat?», domanda vedendomi. La saluto con un cenno della mano e lei percorre il breve tratto di vialetto fino a raggiungermi. Le grate del cancellino ci separano. «Che sorpresa, che ci fai da queste parti?», chiede guardandomi.

«Cercavo tua sorella, c'è?», mi sento impacciato. Lei incrocia le braccia al petto e alza un sopracciglio.

«E perché cerchi Eleonora?»

«Perché ho saputo che non lavora più al bar e ho bisogno di parlarle»

«E perché hai bisogno di parlarle?»

«E perché non ti fai un po' di cazzi tuoi, per piacere?», mi è proprio uscita spontanea. Il suo sguardo si indurisce.

«Se hai qualche strana idea su mia sorella, toglitela dalla testa. Non lascerò che uno come te la tratti come uno straccio. Ti conosco da anni, ormai, e la mia opinione è sempre quella»

«Ti ringrazio, è molto incoraggiante da parte tua», dico sarcastico. «Adesso sono sicuro di aver trovato un buon sponsor. Ora mi chiami Ele, per piacere?». Ma non capisce che la situazione è critica? Che se mi mancherà il coraggio andrà tutto in fumo? Che devo parlarle subito o non sarò più in grado?

«Nicole?», entrambi ci voltiamo a guardare la porta, dove Ele è appena comparsa. Indossa un paio di leggins e un maglione oversize. Anche in tenuta da casa è strepitosa. I capelli legati in una coda alta sulla testa.

«Mat?», esclama vedendomi. Nicole mi lancia un'occhiataccia e torna in casa, lasciandoci soli. Lei apre il cancellino e in pochi secondo siamo uno di fronte all'altro.

Ecco. Ora, come iniziare? Come si fa?

«Non lavori più al bar», dico.

«Già», non sembra contenta. «È stata una cosa improvvisa, neanche il tempo di rendermene conto»

«Mi dispiace», dico. Mi dispiace davvero.

«Avevi bisogno? Sei passato solo per dirmi questo?». No, sono passato per dirti che probabilmente ti amo e che sei la cosa migliore che mi sia capitata nella vita. Che dalla prima volta che ti ho vista sorridere ho capito che sei speciale. Quando ti vedo mi si secca la gola e il cuore mi esce dal petto. E ora vorrei solo stringerti e baciarti come se non ci fosse un domani.

Lei mi fissa. Ma ho parlato davvero, oppure no?

«Beh, dato che non parli te la dico io una cosa», ma che diavolo, Mat!! Proprio non ce la fai? Non dico niente.

«Mi dispiace per l'altro giorno. Io non so cosa ti abbia detto tuo padre, però se non ti ha detto niente te lo dico io: sono stata a casa tua e per sbaglio sono entrata nello studio. Dico per sbaglio perché la porta era aperta. Poi sono rimasta a curiosare. Che posto è? Tuo padre ha detto che è per ricordare». Perché dobbiamo parlare di questo adesso? Sento l'agitazione salirmi dalle gambe. Dov'è l'idea romantica che mi ha accompagnato qui? Mi volto e la vedo chiusa in macchina che mi fa il dito medio. Grazie tante.

«Non ho capito molto bene, forse perché non ho voluto trarre conclusioni azzardate, ma mi piacerebbe saperne un po' di più»

«Perché?», sono teso. Non mi piace questo argomento, per niente.

«Perché sono curiosa»

«Non sono un fenomeno da baraccone. La tua curiosità tienila per cose che non riguardano la mia vita». Sono stato brusco e lei ci è rimasta male.

«Scusa, non volevo offenderti», dice lei a bassa voce, «Ho letto che c'è stato un incidente. Ho letto la lettera di tua madre»

«Sai che sono stato in prigione, è qui che vuoi arrivare?», alzo il tono di voce senza rendermene conto. Lei si zittisce. «Non ti devo nessuna spiegazione. Quello che è successo nella mia vita non ti riguarda»

«Voglio capire»

«Capire che cosa? Cosa c'è da capire?»

«Tutte le volte che parliamo alla fine non ci diciamo niente», anche lei alza la voce. «Insomma voglio sapere di te, voglio capire cosa c'è dietro»

«Senti», comincio. Basta me ne voglio andare via. «Io non so cosa studi in quella stupida università ma non venire a fare la psicologa con me»

«Ma cos'hai capito?»

«Ho capito che non sono il tuo caso sociale. Non capiresti niente della mia vita anche se te la spiegassi»

«Perché? Il mio cervello funziona lo sai?», mette le mani sui fianchi.

«E una volta che ti raccontassi? Avrai il quadro completo della situazione? Potrai capire se sono il bravo ragazzo o quello brutto e cattivo. Tu e la tua vita del cazzo non ne sapete niente di me!», sono fuori di me. Vattene via, Matthew, mi dico. Prima che sia troppo tardi.

«La mia vita non è più del cazzo della tua. Come ti permetti?»

«Ma guardati! La casa perfetta, la famiglia perfetta, il ragazzo perfetto, la vita perfetta», faccio una pausa. «Ah si, scusa, il tuo papino si è fatto l'amante. La grande sofferenza della tua vita». Le luccicano gli occhi. Cazzo, sta piangendo? Mi blocco un attimo. Forse ho esagerato?

«Sei un idiota», dice. Forse ha ragione. «Non mi interessa giudicarti per la tua vita. Volevo solo capirla per poterti stare vicino». SBAM! Preso in pieno.

«Non ho bisogno che mi stai vicino per la mia vita. Chi mi sta vicino deve farlo per me»

«Ed è per questo che sei solo, perché tu allontani tutti», detto questo si gira, sbatte il cancellino e corre in casa.

Rimango qualche tempo seduto in macchina, davanti casa sua, con le mani strette intorno al volante. Tu allontani tutti, ha detto. Forse ha ragione. Ero venuto qui per una cosa bella, e ho rovinato tutto. Forse è vero. Non sono fatto per queste cose. Non sono fatto per la felicità. La mia vita è abbastanza incasinata. Non va bene per lei. Sorrido amaramente. Non è la mia vita. Sono io che non vado bene per lei.

Per la prima volta nella vita sento un fitta all'altezza del petto. Allora è questo un cuore spezzato?

IL CONFINE DI UN ATTIMODove le storie prendono vita. Scoprilo ora