Prologo

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Anno Domini 1666, 19 di Marzo.

Nel caos della tempesta notturna che si stava abbattendo su una piccola isola inglese, un gruppo di uomini con torce e arpioni si dirigeva verso la scogliera ad est, la più ripida e più brutale del luogo. Nonostante la pioggia sferzante e le folate gelide del forte vento, il loro passo non rallentò mentre si inerpicavano lungo la tortuosa mulattiera che portava al vecchio faro. Un fulmine squarciò il cielo, facendo luce sul cammino. Lo interpretarono come un buon auspicio.

Il Signore era con loro.
Stavano per fare la cosa giusta.

Le streghe dovevano morire.

La figura alla testa del capannello di uomini strinse a sé il rosario e lo baciò, era la sua prima caccia e non era sicuro di essere pronto. Aveva letto da novizio le imprese altrui ed ascoltato i racconti dei grandi suoi confratelli, ma mai si sarebbe aspettato che un giorno sarebbe stato lui il cacciatore.
Guardò i suoi uomini, che lo guardano di rimando con emozioni contrastanti negli occhi. Li comprese. Nemmeno lui riusciva a dare un nome a ciò che provava. Rabbia mista a disperazione e rancore che gli ribollivano nel sangue. Ma non era sufficiente. Sapeva cosa il suo corpo gli stava dicendo, ma non lo avrebbe mai ammesso. Era peccaminoso il solo pensiero, così incitò i suoi fedeli ad avanzare, mentre il fango e l'acqua piovana erano ostici ingombri alla scalata.

Quando arrivarono in cima, stremati e mortificati, notarono che il faro era spento.

Il faro era vecchio, ma funzionava ancora e per qualsiasi nave che navigasse in quelle acque il faro doveva rimanere acceso. Il fatto che nessuna luce provenisse dalla struttura li fece infuriare e rinvigorì i loro muscoli. Anche questo avrebbero fatto scontare loro.

La casa adiacente era anch'essa buia, come se non fosse mai stata abitata.
Il vicario sospirò, chiedendo al Signore assistenza, e fece cenno agli uomini di entrare. Il gruppetto non se lo fece ripetere di nuovo. Buttarono giù la porta con un calcio e invasero la casa, prima nello stanzone che fungeva da cucina e poi su per le vecchie scale marce fino al primo piano, mettendo a soqquadro qualunque cosa al loro passaggio. Ma delle due streghe non v'era traccia.

Dove si saranno cacciate con questo tempo?

Si chiese il curato mentre cautamente si aggirava per la casa. Nulla faceva pensare che avessero potuto fare i bagagli ed uscire con la tempesta che imperversava. Dopotutto la successiva data di attracco del mercantile era ancora lontana. Nessuno le avrebbe ospitate per la notte, poiché aiutarle significava andare contro il Signore e nessuno nella sua comunità avrebbe osato tanto. 

Fece un profondo respiro ed ordinò ai suoi parrocchiani di cercare in ogni angolo della casa, anche tutta la notte se fosse stato necessario. Non poteva più sopportare l'idea che qualcun'altra delle sue pecorelle si smarrisse in perdizioni nei confronti di quelle streghe. Le avrebbe trovate. 

D'un tratto le immaginò mentre correvano circondate dal fango, sotto la pioggia, nella più totale oscurità, aggrappate l'una all'altra, mentre gli uomini le braccavano, le trovavano, le afferravano e le tiravano sino dinnanzi a lui. Le due donne avrebbero poi implorato pietà, tremanti con i loro fluenti capelli fradici e nei loro vestiti che si attaccavano alla pelle, definendone la schiena, le gambe, i fianchi... i seni.

Rabbrividì, la sola idea di ciò che avrebbe trovato a ricerca conclusa bastò a scaldare tutto il suo corpo, fino alla punta delle membra intorpidite dal freddo. 

Tutte le membra.

Guardò in basso e sgignazzò.

Le streghe, prima di morire, sarebbero state sue.

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