Raccolta nella mia coperta di lana grezza, guardai il disco solare emergere tra gli strati di cielo colorato sopra la linea del mare.
Con il fuoco del faro a farmi da scudo contro il gelo mattutino, me ne stetti accovacciata sulla piattaforma che si affacciava verso est.
Verso il mare.
Le lacrime mi salirono ancora.
Le ricacciai indietro.
Onestamente neanche io sapevo il perché stessi piangendo ma loro, capricciose come non mai, non smettevano di uscire e di scendere.
Chissà, forse anche loro volevano essere libere.
Una sferzata di Grecale mi scompigliò i capelli sul viso.
Ovvio che si appiccicarono alle lacrime.
Mi irritai.
Possibile che non posso avere un attimo di pace assoluta?!
Sospirai per mantere la calma. Prendersela con il vento non serviva a niente.
Chiusi gli occhi quando il sole fu troppo luminoso da guardare, mi passai la coperta sopra la testa e cercai di rilassarmi un po', prima di spegnere la fiamma e scendere in cucina.
Oggi era Pentecoste e il villaggio sarebbe stato in festa.
E io sarei dovuta andare in chiesa.
Mi strinsi nel buio.
La presa sul braccio.
Gli occhi empi e feroci.
Il sorriso viscido e ambiguo.
Cercai di non pensarci, ma il senso di soffocamento era più forte di me.
Il braccio mi doleva ancora e non osavo guardare se la sua forza avesse lasciato dei segni.
Sarebbe stata la prova della sua violenza su di me.
Non volevo ammetterlo, non lo avrei mai fatto.
Ricacciai il groppo nella gola, costringendo il corpo al volere della mente.
Non potevo evitarlo.
Avrei dovuto vederlo.
Non volevo incontrarlo.
Ma non avevo scelta.
Guardarlo da quel pulpito, il suo simbolo di potere, mentre predica la pace ai suoi fedeli.
Mi venne il voltastomaco e mi passò la fame.
Voltai il viso verso nord, cercando di trovare la forza di affrontare la giornata.
Mi alzai lentamente. Il basso ventre che mi tirava a ogni movimento, lascito della notte precedente.
Dei miei peccati.
Mi sentivo stanca, sporca, vuota.
Rinnegavo le mie colpe, come se non mi appartenessero.
Come se in quegli istanti, così distanti nella mia mente, la mia volontà non fosse più mia.
Eppure ero consapevole di ciò che stavo facendo.
Di ciò che loro mi avevano chiesto e avevo dato.
E mi era piaciuto.
Nulla era stato costretto.
Tutto era stato accettato.
Sospirai ancora, il fiato che tremava tra le lacrime cocciute e bugiarde.
Troppe persone avrei dovuto affrontare quella mattina e non ero pronta a nessuna di esse.
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La biblioteca nel faro
Historical FictionInghilterra, 1665. Céline Wallowick, quasi sedici anni, è la guardiana del faro. Ha osservato da lassù la vita monotona dell'isola che chiama casa da troppo tempo ormai, è ora di cambiare aria e di vedere il mondo. E quale miglior modo di piantare...