Arrivai appena in tempo, quando tutta la popolazione del villaggio era già entrata in chiesa.
Scivolai all'interno del sacro edificio appena prima che le porte si chiudessero, tenendo saldo lo scialle di lana sul capo.
Mentre correvo giù per il sentiero avevo provato a mettere a posto i capelli, ma era stata già un'impresa togliere tutte le piume dalla testa, figurarsi fare una treccia decente.
Mi abbandonai al muro del mio solito angolino nascosto, dentro una delle nicchie dedicata a Sant'Elia, patrono di fulmini e temporali.
Mi accorsi di essere stata notata dalla moltitudine di occhi indagatori e pettegoli che erano le tanto adorabili bagasce del villaggio. Signore di mezz'età, spesso mogli e madri degli uomini nel consiglio cittadino, che tra il badare alla casa e alla famiglia trovavano sempre il tempo per scambiarsi le ultime golose notizie dell'isola.
E cosa c'era di meglio della loro vittima preferita, arrivata frenetica appena prima della funzione in condizioni disastrose?
Le sentivo cinguettare e ghignare sommessamente tra un banco e l'altro, passandosi l'informazione che sarebbe stata sulla bocca di tutti a fine rito.
Emisi un sospiro amareggiato, consapevole che all'uscita di questa tortura ce ne sarebbe stata un'altra, ben peggiore.D'un tratto percepii una presenza al mio fianco. Non fu necessario voltarsi, sapevo già chi fosse.
La figura si chinò, portando il suo viso vicino al mio e sussurò all'orecchio.− Buongiorno− una voce calma e sensuale mi avvolse come lo scialle che tenevo appiccicato alla faccia, di nuovo color porpora. Di risposta lo guardai sottecchi, investendo ogni mia energia per non pensare al bacio, o meglio ai baci che ci eravamo scambiati la sera prima.
Il mio migliore amico sorrideva sornione, con la solita faccia da schiaffi e un'espressione riposata sul volto.
− Sei uno straccio stamattina− continuò, sempre soffiando nel mio povero orecchio bistrattato.
− Vattene Bash, o il vecchio Graham si accorgerà che siamo insieme− dissi, rivolgendo il mio sguardo all'uomo alto e massiccio qualche iarda più in là. Bash era la sua copia esatta, solo meno maturo e con gli occhi blu.
− Adesso hai paura Wallowick? Tu, che non ne hai mai?− schernì il giovane imp.
Come per la storia del sapone, ci piaceva sbatterci in faccia le nostre vincite e rispettive perdite, perciò sentirlo gongolare non era una novità. L'unica nuova era l'argomento, che non doveva assolutamente finire nelle orecchie, e quindi tra i discorsi, delle 'signore per bene' citate poco prima.− Io non ho paura, ma se quelle − feci cenno con la testa ad indicare il gruppo di oche, − ci vedono insieme e cominciano a sparlare giuro che te la faccio pagare− gli ringhai contro.
Il ragazzo seguì con lo sguardo il mio cenno e non rispose. Rimanemmo in silenzio, facendo finta di essere interessati alla liturgia. Alla fine, dopo una ventina di minuti, parlò.
− Non ti è mai interessato essere al centro delle chiacchiere. Cosa ti ha fatto cambiare idea?− la curiosità cercava di nascondere inutilmente il tono dispiaciuto nella sua voce.
− Sai cos'è cambiato, se mi puntano gli occhi addosso sarà più difficile per me poi abbandonare l'isola. Non posso lasciare che mi controllino, devo tenere un basso profilo per un po', capisci?
Bash non mi rispose, era restìo a toccare questa faccenda. Conoscevo i suoi pensieri a riguardo, ma non me ne interessavo. La persona che amavo da tanto tempo mi amava a sua volta e mi avrebbe portata via di qui.
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La biblioteca nel faro
Historical FictionInghilterra, 1665. Céline Wallowick, quasi sedici anni, è la guardiana del faro. Ha osservato da lassù la vita monotona dell'isola che chiama casa da troppo tempo ormai, è ora di cambiare aria e di vedere il mondo. E quale miglior modo di piantare...