Il vecchio faro era situato nella punta a nord-est dell'isola di Gwair.
Era l'edificio più alto del territorio, anche se alcuni dicevano che fosse più alto il campanile della Sant'Elena. Grisha era certo che il faro fosse alto 50 piedi almeno, e da bambini io e Bash cercavamo spesso di capire chi fosse l'uomo che era riuscito a misurare il faro con i suoi piedi, e soprattuto come ci fosse riuscito...
Noi ci provavamo spesso, ci mettevamo lunghi sull'erba del prato, con le suole degli scarponi sul muro di pietra, provavamo a contare con i nostri piedini da giovani esploratori quei 50 famosi "piedi" che tanto ci facevano tribolare. Alla fine, con il passare del tempo capimmo che altro non era che una semplice unità di misura, ma all'epoca ricordo era uno dei nostri maggiori misteri della vita.Sorrisi di malinconia ripensando ai bei momenti passati al faro, in un'età dove niente era impossibile e tutto era da scoprire.
Guardai la nostra principale fonte di sostentamento, mentre il sole raggiungeva il massimo punto nell'etere. Dovetti farmi ombra con le mani, perché i miei inutili occhi erano buoni al buio ma troppo sensibili alla luce del sole, chiari com'erano. Nonostante tutti e tre avessimo occhi del genere, né Bash né Char avevano di questi problemi.
Bah, le fortune tutte agli altri, mi ritrovai a pensare.
Spinsi con decisione il grande portone di legno massiccio, ed entrai nella torre esagonale. Durante tutto l'anno l'androne era perennemente buio e freddo, a causa delle spesse pareti di pietra che impedivano all'unica, grossa sorgente di luce di trasmettere calore fino alla base. L'aria però passava lo stesso, tramite degli spioncini seminati lungo tutte le grosse scale di pietra per permettere almeno a tenui bagliori di illuminare il cammino verso la cima.
Percorrevo quelle scale fin da quando ho memoria e nella condizione di semioscurità, dai miei infruttiferi occhi tornavo a ricavarne un qualche beneficio. Riuscivo a salire i 32 scalini senza dover accendere candele, che andavano direttamente nella cucina di casa o nella vecchia cava. In questo modo potevo almeno risparmiare su cera e fiammiferi, dato che per l'olio o la legna era un'impresa inattuabile.
Doveva essersi alzato il vento, perché lo ascoltavo ululare tramite le feritoie, rendendo il luogo ancora più sinistro e spettrale.
Ma non per me.
Quella era casa mia e al contrario delle cave, che percepivo fredde ed ostili, le mura solide e stabili del faro mi facevano sentire al sicuro e al riparo.
Il mio lavoro, il mio sostegno, il mio rifugio.
Il mio anfratto.
Arrivai in cima alle scale ed entrai in quella che chiamavo la camera del guardiano. Era una stanza esagonale, con una brandina, un tavolino e uno scaffale che solitamente conteneva i beni necessari per la manutenzione del fuoco sulla punta.
Ma la camera di questo faro era molto diversa, mio padre infatti l'aveva completamente stipata di libri. Ne aveva accumulati così tanti che riempivano non solo l'intera superficie del tavolino e tutta l'area dello scaffale, (tanto che il materiale per il fuoco era di sotto nell'androne) ma era riuscito a impilarli in maniera confusionaria anche sotto al letto e addosso a qualsiasi parete libera. Era per questo motivo che più che una "biblioteca", come era solito chiamarla papà, preferivo il termine "anfratto", anche se mi rendevo conto che questo era fin troppo in alto per definirlo tale.Il termine però si adattava bene al macello che mio padre ci aveva lasciato in eredità e a cui io, ormai da anni, cercavo di dare un senso logico.
Nella lunga e interminabile crociata, che avevo giurato di portare a termine entro questa vita, di censire e catalogare tutti i libri, avevo dovuto per forza di cose usare anche lo spazio libero a terra, lasciandomi soltanto un piccolo sentiero per arrivare all'ultima rampa di scalini, anch'essi pieni di libri, naturalmente.
Mi feci quindi coraggio e oltrepassai le montagnole di carta rilegata in pelle per arrivare alla scrivania, dove avevo ricavato uno spazio per un enorme tomo compilato a mano che faceva da catalogo fai da te, una piuma d'oca e dell'inchiostro ben sigillato. Erano tutti regali di Char dei miei passati compleanni, che custodivo molto gelosamente. Il tomo era rimasto aperto sulla categoria "Scienze Naturali", perché avevo scoperto da poco che mio padre aveva raccolto degli scritti davvero rivoluzionari sul movimento degli astri. Purtroppo la maggior parte delle opere era in latino, e nonostante le ripetizioni di Char ero davvero una frana in latino, riuscivo a malapena a tradurre qualche frase. L'unica cosa che avevo capito era che questi egregi signori pensavano che fosse la Terra a girare attorno al sole e non viceversa.
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La biblioteca nel faro
Historical FictionInghilterra, 1665. Céline Wallowick, quasi sedici anni, è la guardiana del faro. Ha osservato da lassù la vita monotona dell'isola che chiama casa da troppo tempo ormai, è ora di cambiare aria e di vedere il mondo. E quale miglior modo di piantare...