Capitolo 3

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-Jason, cosa cazzo ti passa per la testa?-

Calum lo prese per le spalle e lo spinse al muro, mentre il ragazzo sorrideva amaramente.

-Hey hey, rilassiti.- disse infatti.

-Rilassati un cazzo!- sbraitò nuovamente Cal. -Non le hai dato nemmeno il tempo di arrivare! Non dovevi picchiarla in quel modo, e poi, dannazione, per una volta puoi farti da parte? Questo è un compito che è stato assegnato a me.-

-Fratellino, sappiamo tutti come andrà a finire, non sei esperto in materia. Lascia fare me.-

Il moro serrò la mascella e gli si scagliò contro, quando una voce li fermò. L'uomo fece ingresso nel salotto dell'enorme casa con una sigaretta tra le labbra e lo sguardo severo.

-Ragazzi, che vi prende? La piantate di fare tutto questo chiasso?- urlò.

-Jason sta rovinando i nostri piani, come faccio a non incazzarmi?-

-Ascolta, Calum, ho dato qualche incarico riguardo questa faccenda anche a lui perchè non sono sicuro che tu ce la possa fare da solo..-

In quel momento i nervi del ragazzo erano come i fulmini nella tempesta. Era considerato sempre quello che non riusciva a portare a termine un lavoro, dato che era il più piccolo. Ma non quella volta. Avrebbe dimostrato ad entrambi chi era veramente.

-D'accordo, fate come vi pare. Ma vi prometto- con un gesto del dito indicò Jason e l'uomo -che vi porterò la ragazza e che la ucciderò io stesso.- Pronunciava quelle parole con decisione perchè era determinato a svolgere alla perfezione quell'incarico.

-Vedremo.- lo sfidò Jason, ridacchiando.

-Oh, ci puoi giurare fratellino.-

                                                              ***

Daisy si stava spazzolando i capelli quando bussarono alla porta di camera sua. Le venne in mente di fingere di non esserci, ma era una scusa alquanto banale.

-Chi è?- chiese esitante.

-Sono Luke, puoi aprirmi perfavore?-

-Che cosa vuoi?- Si avvicinò alla porta e poggiò l'orecchio su di essa. Non ricevendo alcuna risposta la aprì, e vide il ragazzo biondo con un mazzo di chiavi in mano.

-Vuoi un passaggio?- le chiese.

-Posso anche andare a piedi.- disse però Daisy.

Odiava la sua nuova famiglia, odiava quella casa, odiava Amsterdam.
Amsterdam.

In quel momento le venne in mente Calum e provò ancora quella paura incontrollabile. E pensò anche che lui non sapeva il suo nome. Scacciò quel pensiero dalla testa e annuì subito dopo, come per cancellare ciò che aveva detto prima.

-Ti aspetto in macchina.-

Perchè si comportavano tutti in maniera così gentile? In fin dei conti non era una persona molto socievole, dovrebbe essere odiata. Ma molto probabilmente era una dei piani della madre per farla cambiare, ma sapevano benissimo tutti che non sarebbe successo. Almeno non per merito loro.

Si sistemò i lunghi capelli in una treccia, lasciando qualche ciocca di qua e di là, e infilò in mezzo ad essi una margherita. Per lei quel fiore aveva un significato tanto ingenuo quanto essenziale. Lei era la margherita di suo padre.

Quel giorno il signor Oldman aveva portato sua figlia Daisy al lago, quando ancora i problemi non facevano parte della sua vita. O almeno, non del tutto. L'esteso prato verde era decorato da un'infinità di fiori diversi e la splendida giornata di primavera era perfetta per un picnic. Si distesero sulla tovaglia a quadri, in riva al lago, sorseggiando un pò di succo di pesca. D'un tratto l'uomo staccò una margherita che si trovava proprio accanto a lui e dopo averla annusata la mise dietro l'orecchio della figlia.
-Sei la mia margherita.- le disse dolcemente.
-Perchè, papà?-
Riflettè un momento sulle parole da dire, poi parlò.
-Ho sempre amato quel fiore, mi trasmette gioia, mi dà un senso di libertà e anche di fragilità. E tu sei la mia gioia, tu sei la mia libertà, e io ho il diritto di proteggerti da tutto, perchè come le margherite tu sei il mio dono della natura.-
-Papà?-
-Si?-
-Ti voglio tanto bene.-

Faraway. || Calum Hood.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora