Capitolo 8.

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-Ascoltami bene, Calum.-

L'appartamento era gelido e bisognava stare con un giacca per non sentire il freddo e tanto per alleviare la rabbia che stava crescendo in lui in quel momento si accese una sigaretta e se la infilò tra le labbra.

-L'erba sta finendo e non abbiamo soldi, devi agire in fretta o Jason..- l'uomo davanti a lui aveva un tono di voce calmo ma determinato e cercava di far capire al figlio la situazione in cui si trovavano.

-Jason un cazzo! Non posso ucciderla così, da un momento all'altro, devo essere sicuro che si fidi di me. Datemi solo tempo.- rispose acido il moro.

-Non abbiamo tempo!- ora aveva alzato la voce anche il padre. -Finiremo in mezzo alla strada se non ti dai una mossa, non t'importa questo?-

-Certo che m'importa!- sbuffò spazientito, poi proseguì.  -Cosa dovrei fare, sentiamo?-

-Devi rapirla.-

Dei rumori provenienti dalla finestra gli fecero voltare lo sguardo un attimo e i ricordi della sera prima si fecero sentire. Delle goccioline bagnavano i vetri e scendevano lentamente verso l'orlo, ma pian piano iniziò a piovere con più violenza.

-Cosa? Rapirla? Non posso, non ora che sto acquistando la sua fiducia!- sbraitò Calum.

-Devi rapirla.- precisò. -Non era una domanda, bensì un'affermazione.-

Non potevano imporgli di fare certe cose. Stava agendo per conto suo e in base ai risultati si direbbe anche bene. Ormai Daisy gli pendeva dalle labbra, non potevano rovinare tutto così. Per una dannatissima volta che toccava a lui gestire un lavoro, s' intromettevano distruggendo tutto. Lo consideravano quello debole, quello che ha l'età giusta per fare il loro lavoro sporco e non per uccidere una stupida ragazza.

Non si sarebbe comunque arreso, doveva dimostrare qualcosa sia a loro che a se stesso.

-D'accordo. La porterò qui, ma lasciate fare me.-

Sul volto dell'uomo si formò un ghigno. 

Calum si alzò e uscì di casa e si avviò verso la macchina. Dopo essere salito mise in moto e partì.

                                                               ***

Camminava sul ciglio del marciapiede con la pioggia a punzecchiarle il viso e la giacca pesante che indossava in quel momento. I suoi lunghi capelli erano completamente bagnati e le punte gocciolavano fino a toccare il suolo e dilatarsi in una piccolissima pozza d'acqua.

Qiel giorno, sotto la pioggia, anche i suoi occhi piovevano. Erano come il cielo, dal tronde: sembravano sereni ma quando si ricoprivano di nubi di ricordi iniziavano a piovere, a liberare le lacrime e a lasciarle scorrere lungo le sue guance.

Alzò il viso verso l'alto, e divenne una cosa sola con tutte quelle gocce, se l'avesse vista qualcuno non avrebbe saputo dire se era per il tempo che aveva il volto bagnato o se stesse piangendo sul serio.

Infilò le mani nelle tasche dei jeans e iniziò a guardarsi intorno cercando di individuare un eventuale pericolo pronto a ferirla da un momento all'altro, come le era successo da piccola quando c'era ancora suo padre. Aveva messo nei guai tutti, sua moglie, sua figlia, e non poteva fare nulla per salvarle.

A pensarci bene, da sola il mondo esterno non era tanto male, ma di certo in due l'avrebbe affrontato con più facilità, e in quel momento riusciva a fare affidamento solo a Calum, che si era reso davvero disponibile.

Faraway. || Calum Hood.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora