Capitolo 1

4.2K 174 14
                                        

Chiusa in una stanza alquanto striminzita, la ragazza ammirava il panorama che si estendeva al di là della finestra. Era fantastico il modo in cui un'immagine potesse riaprire certe ferite nel profondo del cuore. E quella ferita nessun cerotto l'avrebbe rimarginata. Alcuni ricordi facevano più male di una pugnalata. E lei era vestita di ricordi, di belli e di brutti, perchè lei stessa era un ricordo.

Era anche malata. Aveva lievi sintomi di agorafobia, cioè quando l'individuo ha paura di uscire all'aperto. E lei odiava il mondo al di là di quelle quattro mura. Ma non per questo era soggetto di quella sindrome. Quest'ultima era solo la conseguenza di un accaduto.

Sentì dei passi dietro la porta chiusa a chiave e s'irrigidì. Bussarono parecchie volte e tentarono persino di girare la maniglia, invano. Ma lei, di rispondere, non ne aveva proprio intenzione.

-Daisy? Tesoro, apri coraggio.-  Odiava sua madre. Non avrebbe dovuto organizzare quel viaggio senza conoscere la sua opinione. Il suo nuovo compagno era un idiota, non lo odiava, no, sarebbe stato esagerato, perchè anche l'odio è un sentimento. E lei non provava nessun sentimento nei suoi confronti.

Poi, perchè Amsterdam? Perchè non Londra, Parigi o New York? Non avrebbe fatto differenza, okay, ma almeno lei adorava quelle città.

-Apri, santo cielo!-

Silenzio.

Nessuno capiva, nessuno. Perchè la forzavano? Volevano a tutti i costi che superasse quella sindrome, che uscisse di casa e facesse quel che fanno tutti gli adolescenti. Ma se mai avesse deciso di farlo, lo avrebbe fatto da sola. Non era già tanto che andasse a scuola?

-Ti prego, Daisy, almeno rispondimi.-

Daisy si avvicinò alla porta, ma non la aprì. Si limitò a sussurrare -Mamma, và via. Non verrò con voi, chiaro? E non cenerò, nemmeno.-

Senza sentire la risposta della madre aprì la radio e fece partire una canzone a tutto volume, in modo che nessuno potesse sentirla urlare, sprigionare tutta la frustrazione che teneva in corpo.

Scoppiò in un pianto isterico, iniziando a tirare pugni contro la parete, talmente forti da arrossirsi le nocche.

Un'ora dopo chiuse lo stereo e non sentendo alcun rumore aprì la porta e uscì. Scese in cucina e si preparò un sandwich, poi fece un giro della casa. Era normale: nè troppo grande nè troppo piccola. Si soffermò in particolare su una foto: ritraeva Jake, il compagno di sua madre, con una bambina bionda accanto, mai vista prima. Sussultò quando sentì la porta principale aprirsi. Presa dal panico si nascose dietro al frigorifero. Vide entrare un ragazzo biondo, i capelli a spazzola e gli occhi azzurri, con un anellino a perforagli il labbro inferiore. Con cautela afferrò il coltello accanto a lei, sul piano della cucina, e quando lo vide avvicinarsi uscì fuori. Il ragazzo urlò.

-Che diavolo combini, santo cielo?!-

-Chi sei? Che ci fai in casa mia?- chiese Daisy.

-Sono Luke e tu devi essere Daisy..posa quel coltello, coraggio.-

La ragazza lo posò e indietreggiò.

-Sono il figlio di Jake-

-Oh..uhm..scusami. Io vado.-

-Dove vai?-

-Lontana da te.-

                                                             ***

Primo giorno di scuola passato chiusa in bagno, lontana da tutti. La paura l'assaliva ogni volta che stava in spazi fin troppo aperti, le mancava la sua stanza. Nessuno l'avrebbe disturbata lì, invece in quel luogo pubblico chiunque avrebbe potuto farle del male, in qualsiasi momento. E allora il ricordo di quella giornata si fece risentire, in tutto il corpo, colpendo a segno il cuore. Non era affatto un caso se avesse timore degli spazi aperti, solo di uscire di casa. E odiava se stessa, odiava suo padre che l'aveva lasciata sola con un vuoto incolmabile, e l'odiava soprattutto perchè si era cacciato nei guai e la sua famiglia ha dovuto subire tutto.

Al suono della campanella prese un lungo respiro e uscì dal bagno, ritrovandosi davanti agli specchi e ai lavandini. No, non solo. Un ragazzo, alto, moro. Spaventoso. E la guardava, come se già la conoscesse. Come se la sua fine fosse vicina. Un pugnò la colpì allo stomaco.

"Eccoti, finalmente."





NOTA DELL'AUTRICE

eccomi, finalmente. Allora, questo capitolo fa abbastanza cagare, ma boh posso solo dirvi di continuare perchè più in là vi ricrederete, o almeno spero lol anyway, non si capisce niente ma ho detto qualcosina in più, diciamo ahahah.

Spero vi piaccia

Ah, e per chi segue anche Saved, domani aggiornerò.

Scusate se è corto e per gli errori

vi amo

salvamiluke

Faraway. || Calum Hood.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora