Capitolo 1

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La campanella risuonò squillante tra i corridoi della scuola e gli alunni iniziarono a dirigersi verso la propria classe, chi con entusiasmo e chi con la stessa volontà di un condannato a morte.

Il ragazzo si sedette come un peso morto al posto che soleva occupare e sistemò con cura quaderno e astuccio sul proprio banco, pronto per le lezioni della mattinata.

Eppure, nonostante la propria volontà, non riusciva a liberare la mente e a concentrarsi sulla voce della professoressa di matematica.

Iniziò a fare qualche ghirigoro sul primo foglio libero, mentre i pensieri vagavano senza sosta ad un preciso momento.

La cosa che più lo destabilizzava era l'assoluta normalità che ne era conseguita. In alcuni momenti pensava che forse si era immaginato tutto quanto, ma la nuova tuta nel proprio armadio diceva l'esatto contrario.

Quella era l'unica cosa che gli era rimasta come testimonianza dell'incontro con il Signor Stark e gli Avengers. Dopo quanto era successo all'aeroporto di Berlino per gli accordi di Sokovia, il Signor Stark aveva interrotto qualsiasi tipo di comunicazione, ma in qualche modo era sicuro che sapesse sempre dove fosse, come se ci fosse un occhio benevolo che controllasse sempre se stesse bene.

Gli aveva detto che questa situazione sarebbe stata temporanea e in cuor suo sperava che un suo messaggio o una sua chiamata arrivasse presto.

"Parker, perché non rispondi al prossimo quesito?". La professoressa lo guardava insistentemente da dietro le lenti spesse degli occhiali e attendeva la sua risposta a braccia conserte.

Peter guardò per un attimo il suo amico Ned alla sua sinistra e lui gli indicò velocemente l'esercizio sul libro di matematica, che fortunatamente aveva aperto sul banco all'inizio della lezione.

Era un semplice limite: controllò in un attimo il grado massimo di numeratore e denominatore e la risposta fu banale, "3".

La prof. fece un sorriso tirato e a denti stretti confermò la sua risposta, ma non contenta continuò "Perché non spieghi alla classe come hai fatto?".

In un attimo gli occhi di tutti erano puntati su di lui, in attesa.

Non gli era mai piaciuto essere al centro dell'attenzione.

Deglutì con forza e tutto d'un fiato spiegò velocemente il metodo degli ordini di infinito e il metodo del raccogliemento per eliminare la forma di indeterminazione.

La professoressa non disse altro e si volse di scatto verso la lavagna nera, intenta a scrivere il prossimo teorema che avrebbero dovuto studiare.

Gli occhi a mandorla di Ned si assotigliarono ulteriormente mentre sorrideva soddisfatto e sollevò il pollice destro guardando felice Peter.

Il ragazzo gli restituì un piccolo sorriso di vittoria: per quel giorno non avrebbe più dovuto rispondere alle domande insistenti dell'insegnante di matematica.

Era convinto lo odiasse: tentava in tutti i modi di metterlo in difficoltà.

Il cellulare che teneva in tasca vibrò due volte: aveva impostato una vibrazione particolare per le notifiche della sua app preferita di giornalismo.

Senza farsi vedere sfilò il telefono dalla tasca e lesse velocemente il titolo dell'articolo: "L'oscuro segreto della Li(f)e Foundation".

Sorrise al gioco di parole e decise di leggere l'intero articolo per scoprire quali fossero le bugie di quell'agenzia che gli era sempre parsa promettente.

Un brivido gli percorse la schiena quando lesse della sperimentazione umana e delle sue conseguenze.

Questo Eddie Brock deve esser stato davvero coraggioso, pensò.

~~~

Nat spostò l'ennesimo libro dello scaffale e sbuffò silenziosamente. Dopo il trasloco a New York aveva iniziato a lavorare come bibliotecaria in una piccola biblioteca e la sua mansione principale era riordinare i libri che, come sempre, venivano riposti casualmente.

Dovremmo strappar loro un braccio, come minimo.

"Ottima idea..." sussurrò Nat a denti stretti, mentre toglieva un libro poliziesco dallo scaffale dei libri fantascientifici.

Sollevò lo sguardo e guardò sconsolata i cartelli che indicavano le varie sezioni della biblioteca. Non le parevano così piccoli, anzi: le scritte erano state stampate con caratteri cubitali per evitare che gli anziani avessero problemi a leggere.

Sentì alle sue spalle dei passi affrettati accompagnati dal profumo che oramai aveva imparato a riconoscere.

"Hai passato una bella mattinata, Eddie?" chiese a bassa voce, per non disturbare i lettori seduti ai tavoli a qualche metro di distanza.

Non ricevendo alcuna risposta, si volse e il suo sorriso leggero sparì immediatamente nel vedere l'espressione preoccupata e cupa del suo coinquilino.

"Ti devo parlare".

Non aveva mai apprezzato la combinazione di quelle tre parole, ma Nat avrebbe capito ugualmente che le volesse dire qualcosa di importante e urgente.

Si passò le mani tra i capelli, come soleva fare quando era nervosa. Cosa doveva dirle? Perché era così preoccupato?

"Nel mio "ufficio"" e mentre lo guidava verso l'ala nord della biblioteca disegnò nell'aria delle virgolette astratte.

Eddie la seguì in silenzio e capì immediatamente il perché di quel gesto: il suo ufficio consisteva in un tavolino e due sedie tra degli scaffali ricolmi di libri polverosi.

Si sedettero uno di fronte all'altra e Nat aspettò impaziente che Eddie parlasse.

"C'è un altro simbionte".

Il viso di Nat si contrasse per un momento, come se un pensiero scomodo le avesse attraversato la mente come un fulmine durante una tempesta.

Eddie corrugò la fronte, "Non dirmi che lo sapevi".

Istintivamente Nat guardò un punto fisso del pavimento e improvvisamente una macchia scura di una piastrella divenne interessante da osservare.

Eddie appoggiò completamente la schiena alla sedia e reclinò il capo, osservando il soffitto per non guardare la donna seduta davanti a sé.

"Quante altre cose non mi hai detto?", chiese sconsolato.

Nat alzò lo sguardo di scatto, "Ti giuro che non c'è altro. Non ti avevo detto nulla perché pensavo che i russi fossero riusciti a contenerlo... ma pensandoci bene era una speranza vana".

Dopo qualche secondo di silenzio da parte di entrambi, Nat continuò "Credo abbia fatto credere a tutto loro che fosse possibile controllarlo".

Eddie ripensò a quanto fosse accaduto quella mattina in prigione e un'ovvietà gli apparve davanti agli occhi, "Credo lo stia facendo nuovamente".

Angolo autrice: mi dispiace moltissimo per il ritardo, ma gli esami parziali mi stanno assorbendo le energie... spero che questo capitolo vi piaccia!

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