Capitolo 3

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La Centrale era in fermento.

I telefoni squillavano senza sosta e il vociferare dei poliziotti era un sottofondo costante, ma Marcus era circondato da una bolla di silenzio.

Tutti i suoi sforzi erano stati vani: il vortice di emozioni che aveva provato qualche anno prima lo aveva investito ancora una volta, senza pietà.

Riconobbe la scarpe nere e lucide che sostarono davanti a lui e si alzò di scatto dalla sedia che aveva appoggiato al muro appena arrivato in Centrale.

"Capit-" cominciò, ma la stretta di Gregson sulla spalla sinistra lo bloccò.

"No, Marcus, oggi non sarò il tuo Capitano. Sarò tuo amico". La sua voce profonda e tranquilla allentò per un momento la tensione che gravava sullo stomaco. "Non sei obbligato a lavorare su questo caso", continuò.

Avevano ricevuto la conferma ufficiale dalla prigione: erano morti tutti. Quella ragazza nel vicolo era servita come messaggio.

"No... io devo. Lo farò per Mary" e istintivamente sfiorò con la mano destra le loro fedi che portava al collo.

~~~

La vibrazione del telefono si diffuse per tutta la scrivania, emettendo il caratteristico ronzio di una chiamata in arrivo.

Peter posò l'evidenziatore giallo e controllò con un'occhiata veloce chi lo stesse chiamando.

"Numero privato..." sussurrò corrugando la fronte, ma curioso decise di rispondere.

"Pronto...?".

"Ehi, ragazzino! Come te la passi?".

Peter spalancò gli occhi, incredulo.

Riconobbe quella voce che mai avrebbe immaginato di sentirla al proprio telefono. Si diede un pizzicotto per essere sicuro di non star sognando.

"S-sto bene, Signor Stark!" un piccolo pensiero gli balenò nella mente "Come ha fatto ad avere il mio numero?". Attese la risposta pensando a quali percorsi informatici avesse dovuto attraversare.

"Oh, l'ho chiesto a tua zia per la borsa di studio".

Un piccolo sorriso si dipinse sul giovane volto, "Oh sì, la borsa di studio!" e ridacchiò al ricordo del suo reclutamento.

"Beh, ti ho chiamato per sapere se stessi bene...". Il tono della sua voce era ricolmo di un sentimento che raramente aveva provato: preoccupazione. La notizia della fuga di Cletus Kasady era ovunque e l'atroce omicidio di quella povera ragazzina era probabilmente solo l'inizio.

"In questi giorni sii più Peter Parker che Spiderman, chiaro?". Forse era stato troppo perentorio, ma impazziva al solo pensiero di Peter alla ricerca di quel criminale senza coscienza.

"Certo... non mi metterò nei guai!" rispose, ma perché una tale richiesta?

Scrollò le spalle sentendo il campanello: ci avrebbe pensato in seguito.

~~~

Il sole era in procinto di calare, tanto che la sfera rossa era ancora visibile a occidente. Qualche nuvola era dipinta di rosa pastello e giallo canarino, mentre il resto della volta celeste era avvolta nell'oscurità.

Le luci dei lampioni gettavano ombre allungate in tutto l'appartamento.

Nat non aveva ancora acceso la luce. Le piaceva rimanere al buio.

Il clangore delle chiavi nella serratura della porta d'ingresso precedette l'entrata di Eddie.

"Ehi..." la voce flebile di Nat raggiunse a malapena le orecchie di Eddie.

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