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Adesso ero qui a realizzare tutto quello che è successo in quel tangente di secondo. Era tutto uno scherzo... il libro di matematica era dentro il mio zaino, non lo avevo dimenticato, era stata solo una scusa per farmi rientrare a scuola.
Non avrei mai pensato che potessero arrivare a tanto. Una volta giunta a casa mi feci una doccia e indossai vestiti puliti e ora ero qui, sul letto immersa nei ricordi pieni di luce della mia infanzia.

La realtà era che la mia vita faceva schifo, altamente e irrimediabilmente schifo.
Non riuscivo a togliermi dalla mente le immagini di Lion e Dafne che si baciavano, non riuscivo proprio a capire come fosse possibile farsi condizionare da delle movenze e da un bel corpo.
Ripensai a mio padre, a come lui fosse bravo a farsi ammaliare da un fisico sinuoso e a tutti gli altri ragazzi, incluso Lukas, il quale non credevo non avesse una ragazza con cui sfogare i propri "bisogni".

La sera non tardò ad arrivare e già mio padre si era portato un'altra. Scesi qualche gradino, a passo felpato, per guardarla, curiosa di come se la fosse scelta stavolta mio padre: si chiamava Debora, non era molto alta, aveva una bionda chioma fluente e le forme erano messe ancor più in risalto dal tubino paillettato che indossava.
Tornai in fretta nella mia stanza e mi misi sotto le coperte. Con il volto coperto dalle lacrime e, stanca della vita, caddi fra le braccia di Morfeo, il quale aveva un buonissimo odore di rose.

I giorni passarono velocemente: più volte Lion provò a parlarmi ma non volevo neanche sentire la sua voce, quindi lo ignoravo e quando potevo lo evitavo.
Lavorammo all'esperimento, interagendo il meno possibile, sotto lo sguardo deluso della professoressa Sides, la quale una volta finito ci mise il massimo dei voti. Avrei voluto esultare, ma quando lo fece Lion persi ogni tipo di entusiasmo.
Quando tornavo a casa, mio padre era sempre presente, lavorava a dei fascicoli in casa, dilettandosi della presenza della sua nuova bambolina... Monique.
Debora? Oh, di lei si era stancato molto in fretta.

Non avevo più parlato con una delle donne di mio padre dopo Ashlynn, non che loro avessero provato a fare conversazione con me, cosa assai strana, per questo avevo supposto che fosse un preciso ordine di mio padre.
Stamattina, l'aria era un po' diversa, c'era qualcosa di diverso. Mi svegliai di soprassalto e molto tardi, quindi dovetti usare per la prima volta dopo giorni i miei poteri per prepararmi la colazione. In fretta mi vestii e mi sistemai i capelli in una coda alta.
Non servii a molto la premura che ebbi nel prepararmi, poiché arrivai comunque in ritardo, ma ovviamente non presi alcuna nota di demerito.
<<Bene ragazzi, oggi voglio presentarvi due nuovi studenti che frequenteranno questa classe.>> Fu la voce della professoressa a farmi riemergere dai miei pensieri.

Due nuovi studenti? Ogni volta che sentivo frasi del genere, non facevo altro che pensare che magari sarebbero potuti diventare miei amici... ma poi gli altri li "avvertivano" ed io restavo sempre sola.
<<Prego ragazzi, entrate.>>
Dalla porta fecero il loro ingresso un ragazzo e una ragazza... ma che dicevo? Questi sembravano angeli! Erano di una bellezza incredibile!
Lui era altissimo, con i capelli castani e gli occhi ambrati.
Lei, di media statura, capelli neri e occhi ambrati, come quelli di lui.
Avevano un aspetto grazioso, ma allo stesso tempo duro.
<<Loro sono Damon e Kaila Wall, spero che li accoglierete con gentilezza e che li farete sentire a loro agio. Prego, sedetevi... c'è un posto libero accanto la signorina Carwey e uno accanto il signorino Fynman>>

Tutti li guardavano come ipnotizzati dai loro occhi e come dargli torto? Erano bellissimi e il loro modo di camminare era una danza.
Lui si avvicinò al mio banco e si sedette proprio accanto a me e d'un tratto sentii gli sguardi omicidi delle mie compagne tutti su di me.
<<Ciao.>> mi disse con tono calmo.
<<C-ciao.>> Mi sentii come inchiodata da quegli occhi.
<<Come ti chiami?>>
<<Anya.>>
<<È un vero piacere conoscerti.>>
Io non sapevo che dire... era talmente strano! Preferii restare in silenzio e vedere come si evolveva la situazione.
Mamma mia, erano passati solo quindici minuti e già non ce la facevo più: mi sentivo osservata e non riuscivo neppure a seguire le lezioni!

The feather in the dark Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora