15. Di sacrifici e fratricidi

60 4 2
                                    

CAPITOLO QUINDICI

DI SACRIFICI E FRATRICIDI

  

Prima del tramonto del giorno seguente erano a El Dorado, Arkansas.

Nevaeh non riusciva a capire esattamente perché Dean avesse tanto insistito per portarsela dietro. Certo, come dice il detto, "tieniti stretti gli amici e ancor più stretti i nemici", ma tutta quella situazione stava rasentando un livello pericoloso di ridicolo. Credeva davvero che lei non si accorgesse dei piani che molto probabilmente stava ideando anche in quel momento? Oppure pensava davvero che fosse una stupida?

Ma Nevaeh Charon non era una stupida: aveva già ripreso ad avvelenare la mente di Sam e lo faceva sempre, quando Dean si allontanava un attimo per fare il pieno al serbatoio o per comprare qualche birra.

"Lo vedi?" gli diceva. "Continua a trascinarmi dietro perché vuole essere di nuovo lui il mio assassinio."

E: "Li ho sentiti con queste mie due orecchie, Sam! E quando avranno ucciso me troveranno un modo per sbarazzarsi anche di te perché loro sanno che stai dalla mia parte."

E Sam sembrava intenzionato a difendere la vita di entrambi e per il momento questo era più che sufficiente per Nev. Era pur sempre una cosa in meno a cui pensare, anche perché al momento scoprire il motivo del silenzio dell'Ombra stava occupando la maggior parte del suo tempo.

In tutto quel marasma di preoccupazioni che le vorticavano in testa, con i dubbi di Dean e Bobby, con il loro essere così vicini alla verità, con l'Ombra che si era fatta distante e l'Oscurità dei suoi sogni sempre più vicina e pressante, Abaddon era scivolato in pochissimo tempo all'ultimo posto di quella lunga lista. E le sembrava quasi strano, ora, essere nuovamente all'inseguimento di quel Cavaliere – come se, poi, le importasse davvero qualcosa se quella creatura finisse nuovamente all'Inferno o conquistasse il mondo. In realtà – e questo non lo avrebbe mai ammesso – le importava, del destino di quel guerriero, le importava eccome. Perché sentiva che doveva trovarlo, perché l'Ombra tremava ogni volta che Nev pensava a quel nome o ogni volta che qualcun altro lo pronunciava. Perché, per una volta, voleva tanto essere Arcangelo e spazzare via quell'infimo mondo, la causa di tutti i suoi problemi. E perché, ogni tanto, un po' di sana vendetta non fa mai male e se Abaddon poteva fornirle un modo per sbarazzarsi dei Winchester senza sporcarsi le mani del loro sangue, allora lo avrebbe sfruttato.

Non che non fosse spaventata, sia ben chiaro. Quel Cavaliere dell'Inferno – e l'intera questione dei Cavalieri dell'In­ferno al plurale – la faceva tremare di paura oltre ogni dire. In parte era una cosa irrazionale, in parte sapeva di essere come un filo d'erba paragonata a tutto quel potere: non aveva alcuna possibilità di uscire viva da un combattimento contro quella gang di guerrieri. E poi c'era l'uomo delle sue visioni, quello che probabilmente stava dietro a tutta quella storia e che aveva iniziato a spaventarla ogni giorno di più. Non importava quanto quell'uomo non fosse reale, quanto probabilmente fosse solo un frutto della sua immaginazione o di un tumore al cervello: il coltello che teneva in mano scintillava ogni giorno più maligno e ogni giorno sembrava perdere la sua forma di pugnale per trasformarsi in qualcosa di non ben definito.

Era una seccatura non poterne parlare con nessuno, non potersi confrontare con nessuno, non avere nessuno a cui chie­dere pareri sulla nebbia che aveva in testa, sulle sue visioni, sull'Ombra che la seguiva e guidava al tempo stesso. Eppure sapeva cosa sarebbe successo a quel fantomatico confessore: sarebbe stata costretta ad ucciderlo come aveva fatto con Riley per evitare di essere smascherata e fermata.

Come se poi liberare Lucifero fosse la fine del mondo, continuava a ripetersi. C'erano così tanti mali, in quel mondo in cui ora era costretta a vivere, che Lucifero non sarebbe stato altro che uno dei tanti.

The Butterfly EffectDove le storie prendono vita. Scoprilo ora