The Butterfly Effect

16. Caino

CAPITOLO SEDICI

CAINO

   

Nevaeh ne aveva piene le scatole di cittadine che portavano il nome "Bethany" e non importava che ne avesse viste solo due. I ricordi che aveva della sua prima Bethany non erano esattamente felici – anche se non si sarebbe mai lamentata di essere risorta – e non voleva dare retta alle sue paranoie che le dicevano che sarebbe successo qualcosa anche qui. E ora che Castiel si era riunito alla Scooby-Gang...

Non che si fosse aspettata altro, questo c'era da dirlo. Castiel sarebbe rimasto qualche giorno, prima di tornare a scomparire nel nulla, e sarebbe ricomparso quando Dean avrebbe avuto bisogno di una consulenza sovrannaturale. Ma ora che erano accampati fuori dalla casa di Caino, Castiel sembrava essersi trasformato in una presenza irremovibile e fastidiosa.

Come se non bastasse, l'Ombra si era ancorata nella sua mente e Nevaeh aveva un mal di testa costante da almeno quattro giorni. Perfino in quel momento, seduta sulla terra battuta, la schiena appoggiata a una delle ruote posteriori dell'Im­pala, il sole sembrava prenderle a pugni la scatola cranica. Sam le aveva preso un flacone di aspirine, giù in paese, prima di appostarsi lì, in periferia, ma le pastiglie non avevano ancora iniziato a dare alcun effetto. Una parte di lei le diceva che non avrebbero mai funzionato, che quel dolore sordo era causato da quel parassita e che finché non avesse lasciato la sua testa, avrebbe continuato a voler spaccare a metà il mondo.

«Sta ancora giocando con le sue stramaledettissime api!» grugnì Dean, appoggiando il binocolo sul cofano dell'auto. «Come può essere il Caino della Bibbia? Non dovrebbe essere in giro a caccia di sangue?»

"Vorrei che fosse a caccia del tuo," pensò Nevaeh.

La testa le pulsava così tanto che si spinse le dita sugli occhi. Sarebbe mai finita quella tortura? Aveva solo bisogno che Castiel si allontanasse per qualche ora, così da lasciare che l'Om­bra uscisse dalla sua mente e le desse un attimo di sollievo. Non le sembrava molto da chiedere, così come non le sembrava molto chiedere perché non potessero presentarsi alla porta di Caino. Il peggio che sarebbe potuto accadere, dopotutto, era venire uccisi – e Caino li avrebbe uccisi lo stesso, se li avesse trovati lì, al limitare della sua proprietà, a fare i guardoni mentre lui badava alle proprie api.

Perché le api, poi, Nev non voleva nemmeno cercare di capirlo.

Se non altro, si disse, cercando di sollevarsi il morale, Ca­ino non sembrava avere figli, il che era già un paio di punti in suo favore. Li odiava ancora, quegli esserini petulanti e sporchi, buoni sono a farle venire un esaurimento nervoso, e credeva non sarebbe mai giunta a patti con la loro esistenza.

«Le persone cambiano, Dean,» replicò Sam e per un attimo Nev non capì a cosa si stesse riferendo.

Sorrise, cercando di farsi notare il meno possibile. Sam aveva usato un tono di voce così scocciato e così velenoso che era impossibile non ipotizzare che ci fosse sotto qualcosa che non andava. L'idea che Dean scoprisse che effettivamente c'era qualcosa di strano non le piaceva particolarmente, ma se il caro fratellino prendeva l'iniziativa e si avventurava sul sentiero che lei gli aveva srotolato davanti ai piedi...

"Una cosa in meno a cui pensare," si disse soddisfatta e per un paio di secondi il peso dell'Ombra nella sua mente parve affievolirsi.

Ma Castiel la stava fissando e il sorrisino che aveva ancora stampato in faccia sembrava svenderla al primo offerente. Per un attimo parve in grado di leggerle dentro – non tanto l'anima, quanto dentro la testa, proprio dove l'Ombra continuava ad essere rintanata.

Nevaeh si chiese se fosse in grado di percepirne la presenza, se capisse che c'era qualcosa di sbagliato, non solo in lei ma anche in tutto ciò che la circondava. Si chiese se anche lui fosse in grado di vedere l'oscurità che la circondava e che soffocava la luce del sole pomeridiano.