6. Non fidarti degli amici

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CAPITOLO SEI

NON FIDARTI DEGLI AMICI


Fin da quando era tornata da Nevaeh dopo la conversazione con Crowley, Riley non era ancora riuscita a scrollarsi di dosso la strana sensazione che provava in presenza della sua amica, quasi come se fosse costantemente osservata, come se ogni sua mossa venisse attentamente controllata. Da chi, però, proprio non lo sapeva.

Quello che le aveva detto Crowley, però... L'Arca andata, Lucifero visibile, l'Inferno che tremava, qualcosa che risorgeva con Layla...

Si passò una mano sugli occhi. Non sapeva più cosa pensare. Non sapeva più nemmeno come sentirsi. Doveva dire qualcosa? Chiedere qualcosa, sperando di ricevere una risposta qualunque?

Eppure una parte della sua mente la supplicava di non aprire bocca perché qualcosa sarebbe andato storto e lei ci a­vrebbe rimesso la pelle. Il che era assurdo, visto come lei fosse un demone e la sua amica... be', "angelo caduto" equivaleva a "umano", giusto? Quindi, in linea teorica, Nevaeh non sarebbe mai stata in grado di torcerle nemmeno un capello.

Ma era quel "in linea teorica" che la tratteneva, che le sigillava le labbra e strozzava le parole in gola ancora prima di pensare di pronunciarle.

«Tutto bene?»

Quando si girò verso l'amica, Nevaeh la stava osservando con la coda dell'occhio e le sorrideva.

Riley annuì.

«Sei stranamente silenziosa,» continuò Nev, tornando a prestare attenzione alla strada. Non sapeva nemmeno lei dove stesse andando.

Lee fece spallucce. «Sono solo stanca,» sospirò alla fine, giusto per darle una risposta e farla tacere. Non le andava di ri­cevere un'infinità di domande. Voleva semplicemente immergersi nei propri pensieri e nelle proprie paure e affogarvi dentro senza riemergerne mai più.

«Tu? Stanca?» Nevaeh scoppiò a ridere, premendo maggiormente sul pedale dell'acceleratore. «Chi sei tu e cosa ne hai fatto di Riley Morrison?»

Il demone rise divertito e spinse scherzosamente la spalla dell'amica. «La rieducazione di Alastair, se così la vogliamo definire, fa ancora sentire i suoi effetti.»

Nevaeh strinse la presa sul volante, le sue nocche diventarono bianche e la macchina iniziò a prendere una velocità che inquietava Riley. «Mi dispiace. Dovremmo vendicarci anche di questo,» riuscì a dire mentre digrignava i denti.

«Non ci riusciremo se andremo a schiantarci contro quel tir,» le fece notare Lee, accendendo la radio.

Nev sembrò risvegliarsi da una trance. Notò il camion rosso a qualche centinaio di metri davanti a lei, sul rettilineo della Statale, e rallentò.

«Credo che lei sappia,» le sussurrò all'orecchio l'Ombra, sporgendosi sulla sua spalla dal sedile posteriore. Guardando nello specchietto retrovisore, Nev riusciva a vederla chiaramente, quella massa oscura che sembrava attirare e distruggere qualsiasi tipo di luce.

«Sappia cosa?» domandò, tornando a guardare la strada.

«"Sappia cosa" cosa e chi?» chiese Riley, abbassando il volume della musica e girandosi a guardarla confusa.

Nevaeh si voltò di scatto verso l'amica e solo per puro miracolo le mani sul volante non seguirono il movimento della testa, rischiando di far schiantare la Ford contro il guardrail, uccidendo lei e ferendo il demone che sedeva al suo fianco.

«Cosa?»

«Non so, sei stata tu a domandare "Sappia cosa?",» Riley scosse le spalle, ma dentro il petto riusciva a sentire la morsa della paura stringere i polmoni del suo tramite.

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