Capitolo 01

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Leggo un passaggio che parla di noia s'un libro. Uno di quelli che dovrei proprio sottolineare. Ma non posso, perché ho lasciato la matita da qualche parte in giro. Potrei cercarla ma non mi va.
Prendo una scorciatoia.

«Lalla?»

Lei alza la testa ma non lo sguardo dal suo libro. Il massimo dell'attenzione disposta a concedermi.

«Hai una matita con te?»
«No.»
«Sai dove posso trovarne una?»
«Sì, in cartoleria.»
«Divertente. Intendevo in casa...»
«Allora no.»

E questo è uno dei momenti di punta della giornata. Un rapido scambio d'ironico sarcasmo, sulle tinte di un pomeriggio che sembra un replay.

Parliamo poco, per non dire che non parliamo più. Due anime ai lati di telefoni che non squillano. Che nessuno dei due alza la cornetta per chiamare l'altro perché, in fondo, non hanno piu nulla da dirsi.

È una barriera impalpabile che s'è eretta da sola. E vattelapesca quando e chi ha messo il primo mattone. Forse io. Forse lei. Ha importanza? Ha importanza che ne abbia?

La osservo poco al di sopra di un orizzonte cartonato, fingendo di pensare, appollaiato sul pelo sottile di uno strato in cellulosa.

È concentrata. Riesco quasi a sentirla mentre mastica le parole con occhi guizzanti. Tre piccole rughe in mezzo a sopracciglia inesistenti, occhi bassi sulla carta, labbra serrate.

Un tempo la osservavo spesso e mi piaceva farlo perché lei lo notava. Mi sorrideva e mi domandava il perché. E io non le rispondevo e l'imbarazzo l'avvolgeva. Era tenero guardarla arrossire e nascondersi dietro qualcosa, che fosse un cuscino o il palmo di una mano o chissà che.

Ora è diverso. Ora non lo nota più. E non so se davvero non lo nota o è tutta colpa della fottuta abitudine ma lei non sorride più, non domanda più, non arrossisce più.

Se ne sta chiusa nel suo silenzio, uscendo la testa di tanto in tanto solo per dire inutili cortesie come: "che vuoi cenare?" oppure "la divisa è pulita".

Prima facevamo tante cose insieme. Facevamo insieme praticamente tutto, dall'amore allo zonzo. Con il tempo abbiamo iniziato a smettere, fino proprio a smettere d'iniziare. È una prigione per entrambi. Una prigione di tempo che scivola lento, come olio denso.

Dico a me stesso che un giorno scapperò ma poi non lo faccio mai. Forse perché non voglio ammettere di aver sbagliato tutto. Non voglio riconoscere che lei non è più "la mia principessa".

La chiamavo principessa e a lei piaceva. Col tempo ho smesso di chiamarla così fino quasi a smettere di chiamarla. Se non per dirle anche io inutili sciocchezze tipo: "sto andando a fare la spesa, serve niente?"

Pero è sempre bella. Ha lineamenti delicati, irlandesi, e una silhouette generosa. Pelle chiara e un carattere mansueto, capace però di scaldarsi come una rissa il giorno di San Patrizio. Sapeva essere una tigre selvaggia, quando voleva, adesso non è altro che una pelliccia vuota stesa sul pavimento. Più sottile dell'ombra che proietta quando si sdraia a prendere il sole in balcone, credendo di abbronzarsi e finendo inesorabilmente col diventare un tutt'uno con i suoi capelli rossi e crespi.

Guardo l'ora sul mio Swatch.
Le diciannove.
È presto ma se continuo così rischio d'impazzire. Ho bisogno di parlare con qualcuno.

Vorrei parlare con lei ma i miei vaneggiamenti non la interessano più. Prima si appassionava quando l'abbuffavo di tutta la roba che mi passava per la mente. E quando m'interrompevo per lasciar parlare anche lei, sorridendo mi chiedeva di continuare a raccontarle del cosmo dentro di me. Fissando quei suoi occhi azzurro cielo nei miei.

Adesso no.
Adesso le mie sciocchezze sono solo è soltanto sciocchezze. Noiose, inutili e infantili sciocchezze. E nulla più.

A volte ancora spero che la scintilla torni. Quella scintilla nel suo sguardo quando mi chiedeva attenzioni. Quando il tempo era leggero e la noia non sapevamo nemmeno cosa fosse.
Ci provo, sia mai...

«Sto andando a mettermi un po' sul pc...»

Mi parla dal libro, nemmeno si volta a guardarmi.
«Ancora a chattare con i tuoi inutili amici invisibili?»

È snervante. Ma perché deve fare così?
Al diavolo, se l'è cercata...

«Inutile è continuare a leggere quel libro. Jenő è morto nel '47, il violinista è il suo amico Kuno che si finge lui perché anziano e praticamente rincoglionito!»

Chiude gli occhi. Chiude il libro.
Faccio appena in tempo ad andare via, scansando di poco un Canone Inverso volante. Il "sei uno stronzo!" invece lo becco in pieno, ma me lo faccio scivolare via senza problemi.

Raggiungo lo studio, terza porta del disimpegno partendo da sinistra. Il mio piccolo angolo di eden: una libreria sulla parete in fondo, stereo con lettore cd e piatto per i vinili sulla sinistra, scrivania e computer sulla destra. Il mio paracadute, la mia momentanea via di fuga.

Accendo mentre prendo posto e nell'attesa dell'avvio sistemo la postazione. Regolo il monitor, anche se dall'ultima volta non l'ha toccato nessuno. Tiro in avanti il supporto scorrevole sul quale poggia la tastiera, incassata in un mobile laccato di nero. Non c'è un filo di polvere sui mobili, Laura non le dà neanche il tempo di posarsi. L'afferra al volo prima ancora che cada.

Potesse occuparsi del mondo intero, gli acari sarebbero estinti da un pezzo...

Windows 95 mi dà il benvenuto con il suo logo colorato. Attendo ulteriormente qualche secondo e clicco sull'icona di connessione con i due computerini.
Chiudo gli occhi mentre ascolto i suoni che il mio fantastico 56k produce. È incredibile, a pensarci bene è un piccolo miracolo. Segnali digitali che per viaggiare s'un filo di rame diventano frequenze analogiche. Dire che due modem "parlano" tra loro non è molto distante dalla realtà, in fin dei conti.

"Parlare" m'ispira una mancanza, una bella idea. La raggiungo sull'altro lato della stanza dandomi una spinta con le gambe, surfando sul pavimento sopra la mia sedia da studio a rotelle. Sul piatto è già poggiato uno dei miei dischi preferiti. Lo faccio ruotare a trentatre giri al minuto mentre la puntina si poggia e dalle casse inizia a colare l'estro dell'altro e più noto nome di Eclipse.

Il messaggio "connesso" appare in basso a destra dello schermo, sulla barra d'avvio, e finalmente posso cominciare davvero.
Doppio click e C6 mi da un tiepido benvenuto mentre "Parlami/Respira" si diffonde nell'aria.

Aria nuova, diversa. Qualcosa sembra stia per succedere...

Take On Me [Completa - In Perpetua Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora