Capitolo 19

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Il tempo è cambiato ma io sono rimasto indietro. Il sole splende su tutto, tranne su me.
Attraverso il mercato di Piazza Sicilia.

Suoni. Odori. Di sangue e di vita. Di lavoro. Urla di baritoni ignoranti, lievitate dall'usura e non dall'educazione. Richiamano, stridule e illusorie come cornacchie in code da sirene. Che fanno sorridere per il colore, ma non invogliano affatto. Cercano l'appropriarsi della folla, che invece si muove distratta e disordinata, tra le bancarelle e l'entropia dell'esistenza.

Schivo. Giovani, anziani. Il popolo è tutto qui. La città è in festa ma nell'apocrifo dell'ordinario.

Io no, però. Non sono tra loro. Io non so più chi sono. Credevo di saperlo, ma mi sono perso per strada. Mi hanno smarrito la mappa, perciò vago alla cieca.
Cercandomi.

Vorrei fosse qui. Lei, il mio sbaglio migliore. Vorrei la sua partenza fosse stata soltanto un sogno. Guaderei quest'incubo con leggerezza, se solo avessi la benchè minima speranza di trovarla al mio risveglio.

Tornerà?

Non credo. Lei è come me, non torna indietro. Se ha deciso così, è inutile illudersi. Non tornerà più.
Continuo a camminare e mi viene da ridere, quando mi accorgo di dove sono. Conosco il tragitto che sto compiendo, ma non ci stavo minimamente facendo caso.
Piazza Lucania, dove mi fermai quella volta con le riviste. I castagni sono più marroni, i ricci più maturi. Ed è strano ripassarci, perché da quel giorno non sono tornato indietro eppure eccomi qui.

È la vita a essere strana. Tu cammini, sempre avanti un passo dopo l'altro, ma lei ti porta a spasso lungo curve ampie, talmente ampie che ti ritrovi a percorrere la stessa strada due volte. Non sei tornato indietro, è solo un secondo tentativo. La strada in più che hai percorso ti ha cambiato, sei più maturo come i ricci, più cresciuto come gli alberi. Forse al primo giro non eri pronto, l'ostacolo era troppo alto o il fossato troppo lungo, per questo ti ha fatto deviare. Per prepararti meglio al salto, semplicemente per non farti inciampare o cadere.

Credo di aver capito. C'è un conto da chiudere, prima del prossimo salto.

*

Busso. Nocche contro il metallo.
Tre colpi veloci, un suono preciso, un marchio di fabbrica riconoscibile più dell'urlo di casa Dog.
La risposta oltre la porta.
«Entra, Edo!»
Apro, ma non entro. Resto sull'uscio, senza dire nulla.
«Ehi, che succede?» tono preoccupato.
Resto come una sequoia sottovento. Impassibile, immutabile. Mi piega solo un po', ma non mi spezzerà. Può sferzarmi all'infinito, resterò in piedi.

Non sapevo chi sono, ma il giro lungo su me stesso mi ha fatto capire tutto. Devo solo scrollare le fronde di due anni di pioggia accumulata. Poi, finalmente, sarò libero.

Il mio silenzio è eloquente. Chiara non lo coglie, però. Ancora nessun movimento. La guardo e basta.
Ci mette un po', ma alla fine fa la domanda giusta.
«Cerchi Laura?»
«Sì. Dov'è?»
«Non lo so. Ma ha detto che se fossi venuto, avresti saputo dove trovarla.»
«Grazie. Ci vediamo, Chia'» freddo, monotono, veloce.
Come il mio passo, che sa dove andare.

Non faccio molta strada. S'una panchina, solo qualche centinaio di metri dalla mia precedente destinazione. Ma non la trovo.
Eppure n'ero convinto, pensavo fosse questo il posto. Abbiamo passato anni qui, questi oleandri ci hanno visti crescere. Hanno visto molti dei nostri giochi, molti dei nostri discorsi, molti dei nostri sorrisi, molte delle nostre lacrime, molti dei nostri baci.
Sarebbe stato il posto più appropriato, un giusto ritorno alla fonte battesimale, per tracciare un cerchio e chiuderlo. Un capitolo ch'è rimasto troppo tempo aperto, in sospeso.
E ch'è arrivato il momento di sigillare.

Take On Me [Completa - In Perpetua Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora