Capitolo 18

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Manto di piombo.
Molto più in basso del sole. Molto più in alto di me.
Grigio. Pesante. Freddo.
L'una che sembra volta di pomeriggio inoltrato. Pare abbia voglia di scaricare tutta l'acqua di cui è capace. E lo capisco, mi sento ugualmente grigio. Ugualmente pesante. Ugualmente freddo.

Alla fine è ripartita. Esattamente come quand'è arrivata: nella stessa stazione, dallo stesso binario, alla stessa ora.
Tre giorni passano in fretta. Maledettamente in fretta. Il tempo è un fottuto tiranno e basta che distogli lo sguardo per un momento dall'orologio che quello ti succhia tutto il carburante dal serbatoio, lasciandoti a secco, a strisciare nel deserto. E prima che te ne riesci a rendere conto, non ti è rimasto nulla. Soltanto un album di ricordi.
Magnifici ricordi. Che però altro non sono che impronte nella sabbia, sulla riva. Immagini, suoni, odori, sapori. Destinati a confondersi per poi sbiadire. E sparire.

È sbagliato viverci. Ma cos'altro mi resta, ora che lei non c'è più? Ora che la distanza tra noi è ritornata a crescere?

Le ho chiesto di farmi una promessa. Che questa sarebbe stata la prima, ma non l'ultima. Ha taciuto e mi ha baciato, una volta in più. E stretto forte, una volta in più. Ha parlato ma solo quando era troppo tardi per insistere. Troppo tardi per non accettarla, quella promessa. Urlata dal finestrino del treno, mentre partiva e la velocità mi sferzava fuori e dentro. Ha promesso qualcos'altro. Qualcosa di bello, sì, ma che ha un insopportabile retrogusto amaro.

Ti prometto che non ti dimenticherò.

E io l'ho guardata andare via, via lontano. Avrei voluto correre, prolungare, tirare fino all'impossibile la molla del nostro contatto. Fino a quando la banchina non fosse finita e l'elastico spezzato.

Ma non ce l'ho fatta. M'è venuto meno qualcosa. Al centro del petto.
Le gambe non si sono mosse. Sono rimasto inchiodato qui, fermo alla sua promessa. Che somigliava davvero troppo a un addio. Guardandola diventare più piccola, verso l'orizzonte.

Se n'è andata. Lasciandomi praticamente nulla. Solo il ricordo del suo viso, il profumo della sua pelle, il sapore della sua bocca. In cambio s'è portata via qualcosa di più prezioso. Ch'è troppo prezioso. Che se non me lo restituisce io non ci vivo, perché non ne ho un'altro di ricambio. E adesso al suo posto c'è un vuoto che non si colmerà più.

M'avesse raccontato prima le sue intenzioni...

Quanto meno avrei potuto dirle che mi sarebbe andato bene lo stesso, che non avrei obiettato, che avrebbe potuto tenerselo. Però almeno l'avrei potuta pregare di non trattarlo male, perché quello è l'unico che ho.

Inizia a piovere.

Fuori dalla stazione è una battaglia unidirezionale tra cielo e terra. Impari, a colpi di fucilate violente. Non ho l'ombrello con me ma va bene così. Con la pioggia a inondarmi il viso.

Si confonderanno meglio...

*

Non si connette più. Non la sento da quel giorno, da quando è stata qui. E sono quattro settimane.
Controllo la mia casella di posta elettronica, sapendo già di non trovare nulla. E infatti è miseramente piena.

Di niente.

Avevo capito tutto già da quel momento, da quella seconda volta sul maledetto binario nove.
Crudele. Bastardo. Che non è altro...

Il suo nickname non torna grassetto. La nostalgia che provoca è disarmante. La sua mancanza mortale. Il suo desiderio lancinante.

Ondeggio il vetro in un movimento circolare, attorno al suo baricentro. Per raccoglierne le ultime gocce. Sorso veloce. L'ultimo, non ne rimangono altri.

Take On Me [Completa - In Perpetua Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora