Capitolo 07

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Apro gli occhi con estrema fatica. La sveglia dice che sono le otto e quarantacinque e io non ci credo. Si sbaglia di sicuro, saranno le sei... forse anche prima, perché mi sento devastato. Ma la sveglia non mente, lo Swatch al polso le dà ragione. Due contro uno, vincono loro.

Tiro un calcio al vuoto, usandone la spinta per tirarmi su dal letto. Riesco al secondo tentativo. Mi gira la testa. Mi gira il vuoto nella testa. Ho sonno, troppo e vorrei lasciarmi andare e riaddormentarmi ma non posso. Dopo pranzo mi tocca un'altra giornata di lavoro e se mi riaddormentassi ora, di questa mattinata, non mi resterebbe nulla.

Mi trascino in cucina, strisciando e barcollando come uno zombie. Seguo odore di sangue e tributi sacrificali. Un profumo che diventa sempre più forte man mano che mi avvicino alla meta.

«Buongiorno. Caffè?»
La sua voce è piatta, meccanica. Non sembra un augurio. E la richiesta non trasmette empatia. Dev'essere sveglia da molto, a differenza mia, e la cosa non dev'esserle piaciuta affatto.

Grugnisco. Il massimo grado di comunicazione che riesco a esprimere, appena sveglio e senza tracce di caffeina in corpo.

«Fatto di nuovo le ore piccole?»
E di nuovo discordia tra semantica e armonica, mentre riempie una tazzina.

Annuisco, sperando lasci cadere il discorso. Detesto darle spiegazioni che tanto so già non accetterebbe. Svuoto in un unico sorso e me ne verso subito un'altra. Al di là di quanto sia cambiato il nostro rapporto, di quanti difetti possieda, al di là di tutto il tangibile e l'imponderabile, il suo caffè resta il migliore. Ha un dono, davanti ai fornelli non la batte nessuno. Nessuno che conosca.

La porto con me nel balcone, la tazzina, dove mi attende la seconda parte del risveglio. Sul tavolo, tra un accendino rosso e un posacenere stracolmo di pessima abitudine.

Accendo. Il primo tiro del mattino è una botta. Una botta di vita. Il monossido di carbonio misto alla caffeina fa il suo dovere, le sinapsi iniziano a ricollegarsi tra loro e io credo... mi sembra di ricordare... no, sono abbastanza convinto di essere ancora vivo.

Laura mi parla. L'ascolto distratto, nella testa ho altro. Ricordi confusi, tra sogno e realtà. E monossido di carbonio che fa il suo sporco lavoro ma si sta esaurendo.
Faccio un altro tiro.

«Che programmi hai per oggi?»
Rispondo senza nemmeno pensarci veramente. Se ho dimenticato qualcosa sono fottuto, ma tanto ormai...
«Nulla. Perché?»
«Pensavo di andare da mamma, tra un po'...»

Fisso il vuoto, cercando di capire tutto ciò che di non detto c'è in quella frase.

Vuole che l'accompagni? Vuole che le lasci l'auto? O mi sta semplicemente informando della cosa?

Qualche tempo fa sarebbe stata senza dubbio la prima. Ma ora? Ho sbagliato a indovinare le sue intenzioni troppe volte perché possa ancora fidarmi dell'istinto. Ma mi butto, alla peggio mi rifilerà ancora uno di quei suoi silenzi stizziti. Di quelli che vogliono dire soltanto "tu non mi capisci più".

Ma quanto sto pensando, considerando che sono sveglio da nemmeno dieci minuti? Un record assoluto!

«Ok, mi faccio una doccia e t'accompagno.»

Annuisce spostando lo sguardo, al di là del corrimano e oltre il limite raggiungibile del balcone. È distante. Non credo di essere più in grado di stabilire cosa le passi per la testa. Se è piena come me di falsi problemi e inutili congetture o se tutto questo semplicemente non le interessa più.

Mi domando perché non sia già andata via. Lei si stanca presto delle cose. Non ha pazienza. Quando una situazione non le piace scappa via senza guardarsi indietro. Aggira gli ostacoli, evita i problemi, fugge dagli imprevisti.

Take On Me [Completa - In Perpetua Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora