Capitolo 20

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Incredulità dilagante.
Osservo il contrario di un miracolo.
Inerme, di fronte a qualcosa che non sembra assolutamente possibile.

«Chi sono io, Edo?»

Mi costa, ma parlo.
«Laura? Ma cosa...»
«Santo cielo!» porta le mani al viso.
«Che sta succedendo? Cos'è sta roba che m'hai dato? Che sono queste... caramelle?»
«Caramelle?»
«Sono giorni che mi ripeti di mangiarle, che diavolo sono?»
«Edo... sono pillole. Sono giorni che ti chiedo di ricominciare a prendere "le tue pillole".»

Shock.
«Pillole? Per cosa?»
Ma la risposta arriva sola. Un flash, un ricordo veloce. Medico in camice bianco che mi parla, mi spiega cosa sono e il loro funzionamento.

Questo farmaco è un neurolettico. Agisce nel cervello, contrastando l'elevato quantitativo di dopamina che il suo sistema nervoso centrale produce causandole allucinazioni, stato confusionale e frequenti alterazioni delle percezioni. Senza, lei vive in un mondo che non esiste, vede cose che non ci sono, distorce la realtà assecondando i suoi desideri più profondi e le sue voglie nascoste. E sebbene possa sembrare bello, vivere così, non lo è affatto. Lei deve tornare a vivere nella realtà, Edoardo, merita di vivere una vita vera non le sue belle ma finte illusioni. Si ricordi di non interrompere mai la cura o i sintomi potrebbero riprendere improvvisamente.

Allucinazioni?
No...
No.
«No!» grido.
«Edo... ti prego, calmati.»
«No, non è possibile... non può non essere vera!»

Silenzio d'esitazione sulla bocca di Laura.
«Chi non può essere vera, "Marlena"?»
Sguardo truce. Mascella contratta. Labbra serrate. Continua lei.

«Non lo è. Te la sei inventata, brutto stronzo che non sei altro. In una sera che ti sei dimenticato di prendere le pillole, dando sfogo alla tua perversa fantasia.»
«Che dici? Fantasia? Io l'ho...»
«Cosa? Incontrata alla stazione? Non c'era nessuno alla stazione, Edo. Io ero lì, ti ho seguito tutto il giorno. Eri solo...»

No. Non è possibile...

Pesco dalla mente il suo ricordo. Io che stringo il cartellone, lei che mi copre gli occhi da dietro. Il suo viso magnifico, la prima volta che lo vedevo dal vivo... ma sparisce. Al suo posto il nulla. Io che fisso i treni, in piedi davanti un binario ad aspettare qualcuno che non arriverà mai. Perché nessuna mai sarebbe dovuta arrivare.

«Ma non è possibile, abbiamo passeggiato sul lungomare fino a sera!»
«No, Edo. Sei rimasto tutto il tempo seduto s'una panchina, a fissare il vuoto.»

Il ricordo della passeggiata scompare, liquefatto e scolato nel nero. Sostituito da ore di inutile scorgere pelo d'azzurro e aranciato pomeridiano.

«L'ho portata a cena. Al miglior...»
«Solo anche lì. E non dove credi tu, ma alla paninoteca, vicino casa.»

Un altro bellissimo ricordo distrutto.

«Quella sera... abbiamo...»
«No, Edo. Ti ho seguito fino a casa. Fin dentro casa. L'hai... fatto, ma da solo.»

Frantumi della notte d'amore più bella della mia vita, che si spargono ai miei piedi come cristalli sbriciolati. Polvere di diamanti, senza alcun valore.

«Ma... io... ci ho parlato per giorni e giorni. Ho le chat salvate!»

Laura si prende la testa tra le mani. Sospirando, stancamente.
«No, Edo. Non hai parlato proprio con nessuno. All'inizio lo credevo anche io, che quella "Marlena" fosse vera. Ho letto le chat, volevo ammazzarti. Ma poi... c'era qualcosa di strano, che non mi tornava.»
«Cosa?»
«Quella sera... l'ultima volta che abbiamo fatto l'amore, eri strano. Diverso. Quelle pillole hanno spiacevoli effetti collaterali, ti rendono... insomma, meno prestante. Ma... Dio, tu sei stato quello di un tempo. Anzi meglio! Mi ha insospettito. Allora ho indagato e... ho notato il barattolo ancora pieno e... ho capito che non le stavi prendendo più.»

Non so cosa dire.
Ripenso alle nottate passate a chattare con lei, con la mia MissAndersonCouncil, la mia milady. E mi rivedo, a scrivere per due. Le mie battute e pure le sue.

«Ho staccato il modem, Edo. Dalla notte in cui trovai le chat salvate. Era solo una riprova, non hai mai chattato con nessuna MissAndersonCouncil. Perché non esiste nessuna MissAndersonCouncil, Edo. Anzi, non esiste nessuna Mar-»
«Zitta! Basta così...»

Tace. Finalmente.
Ma solo per un momento.
«Io sono stanca, Edo. Sono stufa di correrti dietro. Dietro a te e alla tua... "condizione". Pensavo di potercela fare, ma sono due anni che non lo sopporto più. Lo so che non è colpa tua... e io ci ho provato. Ma sono esausta, esaurita. Mi mancano le forze. E mi manca il coraggio.»

Si mette in piedi. Raccoglie la valigia alle sue spalle. Il trench nero cigola, sotto il peso dei ricordi che ha risposto lì dentro.

«Ricordati di prenderle sempre. E abbi cura di te. Addio, Edo...» mi lascia un bacio soffice, velato, s'una guancia. E un barattolo di caramelle in mano, che mi hanno ammalato più di quanto mi abbiano guarito.

La osservo senza parlare, mentre sfila via verso l'uscita dal mio mondo. Portandosi con sé i suoi ricordi, come un vento solitario. Che ha spazzato via tutto, tutte le cose belle.

Anche i miei, di ricordi.

Take On Me [Completa - In Perpetua Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora