Capitolo 05

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Giornata di lavoro. Senza nulla da fare. Ci siamo sbrigati presto e in due è stata una bazzecola.

Salvatore accanto a me, seduto al posto del passeggero nella nostra auto aziendale. Io sdraiato, sedile quasi completamente reclinato, occhi chiusi. Ascolto i suoni della natura che provengono da fuori. Passano attraverso sportelli aperti e finestrini abbassati.

Abbiamo riparato una cabina dell'impianto telefonico, posta fuori città, in così poco tempo che di libero ce n'è rimasto parecchio.

Cerco di godermi la quiete della campagna, il tepore del sole di settembre, i profumi dell'autunno. Ma lui decide di rompermi le palle per forza, parlando in modo sconveniente durante un momento d'assoluto relax.

«Allora, come vanno le cose?»

Una domanda insolita, da parte sua. Ci conosciamo da poco, siamo colleghi di squadra solo da qualche giorno. Mi fa strano voglia entrare così in confidenza. Così presto.
Ma decido di assecondarlo, credo possa farmi bene parlare un po'. Inoltre, probabilmente, dovrò lavorare fianco a fianco con lui per parecchio tempo.

Magari ho trovato un amico, oltre che un nuovo collega.

«Mah, che ti devo dire? Bene, credo...»
«Non sembri molto convinto, puoi parlarmene se vuoi. So che ci conosciamo appena, ma potrebbe essere una buona scusa per iniziare a farlo meglio, che dici?»

Lo guardo perplesso.

La sua proposta così in linea con i miei pensieri...

Ha tratti somatici strani, sembrano vagamente orientali nonostante non lo sia affatto. Occhi stretti in orizzontale ma chiari, troppo per un asiatico purosangue.

«Ok, rompiamolo 'sto ghiaccio. Sei sposato?»
«Convivo da qualche anno. Tu da quanto sei sposato?»

Cruccio, ma smetto subito: indica la fede. È attento al dettaglio, vedo.
«Sei anni, quasi sette.»
«Mmh... numero sfortunato.»
«Quale, il sei o il sette?»
«Sette. Pare sia portatore di crisi, il settimo anno...»

Rido, beffardo.
«Già, forse. Ti dispiace se fumo?»

Sento i suoi occhi studiarmi. Poi scuote la testa, io accendo una sigaretta di completo godimento.

Le campagne sono solitamente rumorose, in questo periodo di vendemmia, perciò questo strano e insolito silenzio me lo godo tutto. Fino all'ultimo cinguettio solitario, tra le fronde degli ulivi ai lati di una strada sterrata, poco battuta se non da trattori e mezzi agricoli.

Lui decide d'interrompere la magia, regalandomi una finta perla di saggezza. Fatta, come le peggiori frasi.
«Le crisi vengono sempre per un motivo preciso.»
«Ma va?»
«Pensi di averne uno?»

Tiro dalla sigaretta, sbuffando verso l'alto. Sperando la debole corrente che spira in macchina porti via quella nuvola passivamente tossica.
«Chi non ne ha?»

Attende un momento, prima di replicare.
«Chi è felice, non ne ha.»

Rido ancora. Decido di ricambiare il suo dono di prima, offrendogli una gemella da inanellare affianco alla sua per costruirci una futura collana da quattro soldi.
«La vera felicità non esiste.»
«Forse, ma esiste la serenità. Cosa non ti rende sereno?»

Fa troppe domande, per i miei gusti. Normalmente l'avrei già mandato a quel paese. Però... in lui c'è qualcosa di strano. Qualcosa che mi convince del contrario. Qualcosa che mi ripete in continuazione che posso fidarmi ciecamente, descrivergli ogni mio turbamento, raccontargli ogni mio segreto, confessargli ogni mio peccato.
Sento che lui non mi giudicherà. Che, anzi, potrebbe aiutarmi.

«Ok, senti... ho conosciuto una, su internet, che mi ha colpito particolarmente.»

Ci riflette su.
«È un bel gioco, lo ammetto. Ma è un gioco pericoloso. Credi ne valga la pena?»
«Cosa dovrebbe valere la pena?»
«Giocare a un gioco pericoloso, sapendo quanto lo sia. La gente cerca la quiete, la serenità di cui parlavo. Sei sposato, immagino tu lo abbia un equilibrio.»
«Sì, ma non lasciarti ingannare. È solo apparenza. La staticità non è equilibrio vero...»
Tiro ancora. Sigaretta consumata per metà.

Sbotta, alzando appena il suo tono.
«Ma piantala, dicono tutti così! Probabilmente sei tu a essere irrequieto. L'equilibrio ce l'hai e dovresti conservarlo, secondo me.»
«E se l'equilibrio mi stesse uccidendo? E se fosse proprio l'assenza di movimento, la causa della mia irrequietezza?»

Alzo le spalle, tirando su il sedile e sistemandomi per ripartire. Ultimo tiro alla cicca, la spengo sullo sterrato.
Salvatore mi imita, sistemandosi la cintura prima di ripartire. La pausa è finita, come anche la conversazione.

Metto in moto. La fine la scrive lui, citando una frase tratta dall'ultimo lascito del mio idolo.

«Meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente...»

Take On Me [Completa - In Perpetua Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora