20 - Draco

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Un mese dopo quella bizzarra notte accadde qualcosa che mi rese letteralmente euforico... restituendomi parte del buon umore che gli ultimi tempi avevano sepolto sotto una coltre grigia.
Il primo di una lunga serie di articoli uscì in prima pagina, a caratteri cubitali, proprio nero su bianco con tanto di foto.

Era un mattino caldissimo - di nuovo l'estate, sulle nostre teste, gravida di odori e di profumi - ricordo che aprii il giornale posato accanto al mio caffè... ed un lento sorriso mi si dipinse sul volto.

Severus stava facendo colazione seduto di fronte a me - vedendomi sorridere senza staccare gli occhi dalla pagina alzò il suo volto scarno.
Continuava a mescolare il suo caffè, fissandomi ansioso di sapere se per caso avessi letto qualcosa di interessante, i miei occhi scorrevano velocemente quell'articolo...

"Qualcosa di interessante?"

Appoggiò rumorosamente il cucchiaino dentro la tazza, io stavo per aprire bocca, esultante...successe in una frazione di secondo... il tempo di alzare il collo per guardarlo in volto.

Mi ero dimenticato di che Occlumante straordinario fosse: in genere non frugava mai nella mia mente senza avermi interpellato prima - mai avevamo discusso l'argomento, in effetti e mai aveva frugato nella mia mente, per quanto ne sapevo- ma quelli che incontrai in quella frazione di secondo non erano occhi, erano maledizioni senza perdono allo stato puro.

Severus si era immobilizzato con la mano scarna e sottile contratta, dimentico di avere la tazzina in mano.

"Starai scherzando, vero? Si sarà trattato di un incubo...vero?"

La sua voce era un sibilo basso, letale.

"Ecco..."

Ebbi uno scatto con il braccio, appoggiai il giornale di fronte alla brocca del latte, perché potesse prenderlo. All'improvviso non tolleravo più di guardarlo direttamente.

Il mio pensiero su Albus Silente doveva essere stato particolarmente forte, particolarmente intenso e fragrante, per così dire: a quanto pareva per via della sua straordinaria sensibilità, Severus non aveva nemmeno dovuto fare lo sforzo di addentrarsi in fondo alla mia mente... per scovarlo.

L'articolo parlava del discredito che la società magica stava facendo piovere su Albus Silente, delle sue retrocessioni nell'ambito di molte cariche pubbliche, tutte cose causate dall'aver annunciato pubblicamente il ritorno dell'Oscuro Signore.
Pareva che la società magica, il Ministero stesso avessero deciso di non credergli: Draco aveva riportato a casa la notizia di un annuncio ufficiale da parte del Preside, il quale aveva parlato di fronte a tutta la scolaresca... mi ero aspettato che anche questa volta l'incensato, osannato, riverito Silente li avesse tutti ai suoi piedi.

Invece tutti gli davano addosso, non gli credevano, e consideravano Potter come un visionario esibizionista.

L'Oscuro Signore non aveva ancora fatto nulla per palesare il suo ritorno, ed io già intuivo, quel mattino come la nuova situazione potesse renderlo estremamente felice. Era il terreno ideale per lavorare indisturbato.

Avrebbe dovuto esserci questo, prima di tutto nella mia mente: invece erano solo immagini collaterali. Avevo avvertito nel ricordo il brivido di ripulsa causato dalle mani di quell'uomo, le sensazioni che provavo quando ero solo con lui... anzi, doveva essere stata colpa di una immagine in particolare.

La sua voce rauca - "Sei un bravo ragazzo" - e quella figura addossata alla mia, esposta in modo tanto palese nell'intimità della stanza, il mio stomaco contratto di fronte a quel suo ineffabile sorrisetto.

O era colpa di quella particolare immagine, che aveva dato tutto il suo sapore al mio attuale trionfo, oppure Severus mi era così vicino che avrebbe potuto tuffarsi in me solo con un fugace sguardo negli occhi, anche se non l'aveva mai fatto, oppure... entrambe le cose.

"Quanto... da quanto va avanti?"

Non riuscivo a stare fermo. Mi decisi ad alzare il volto, finalmente. Mescolavo con una certa solerzia il mio caffè.

"Sono quasi tre anni ormai."

Il pugno di Severus fece sussultare violentemente l'argenteria sulla tavola.

"Scusami."

Deglutì, si umettò le labbra. Era assolutamente sconvolto.
Stavo per parlare ancora, ma lui mi anticipò. Le sue sopracciglia ora erano corrugate in una linea dura, quasi dolorosa.
"Come accidenti é possibile... sempre lì a parlare di cose grandi, giuste, di coraggio... é inaudito. Semplicemente inaudito."

La mia mano salì, nervosa a spostarmi una ciocca di capelli dal volto.

"Mi ha fatto solo spogliare, e beh... ecco, lui é completamente impotente. Si é limitato a farmi quello strano giochetto con..."

"Con l'enema? Ho visto bene?"

Nella sua voce qualcosa di pericoloso, come un vetro incrinato che più di tanto non regge.

"Si... insomma, é riuscito ad avere il numero riservato della nostra Camera Blindata."
"Che... cosa?"
"Non so come abbia fatto, non sono ancora riuscito a capirlo. Da lì però può risalire ad ogni cosa, lo sai. Non mi ha mai fatto del male a livello fisico. Ogni tanto mi scrive, vuole vedermi. Mi tocca, mi fa... ma niente di più."
"Lurido vecchio pervertito schifoso... laido, putrido..."
Ci fu una pausa.
Poi, Severus disse una parolaccia.
Prima che i miei occhi avessero il tempo di sgranarsi ne disse una ancora più grande, ed una più grande ancora. Per buona misura decuplicò il conto, assemblando quei vocaboli in nuove, ancora sconosciute combinazioni.

Mi alzai in piedi di scatto. Girai intorno al tavolo, eravamo soli. Gli appoggiai dolcemente una mano sulla spalla... le sue mani, che armeggiavano tremanti con il caffè rischiando di farlo cadere furono ciò che mi sconvolse: Severus non perdeva quasi mai il controllo fino a quel punto... forse doveva aver fatto qualcosa del genere quando si era trattato di Sirius Black.

"Va bene... Severus, guardami."

Al mio sommesso richiamo si voltò verso di me, con quel pallido profilo stravolto.
In quella sala da pranzo i nostri volti erano più vicini di quanto fossero mai stati fuori dal mio studio o dalla sua camera da letto. I nostri nasi si sfioravano. Dalla cucina giunse un remoto fragore di stoviglie, misto alla voce querula di uno degli Elfi.

"Le cose cambieranno, Severus. Leggi l'articolo. Per questo ridevo. Ah, il vento... il vento amico mio sta per mutare direzione." Dissi lentamente.

Lui mi fissò con l'espressione più strana che avesse mai avuto. Era un foglio di pergamena stropicciato.
Adesso penso di saperla interpretare meglio. Ciò che aveva scoperto su Silente lo sconvolgeva in quel modo sia perché in realtà lui non era affatto fedele all'Oscuro Signore, sia perché era successo a me.
Poi un guizzo liquido vinse quei suoi occhi scuri come tunnel immersi nel buio.

"Non posso sopportarlo..."
Mormorò, e mi si fece ancora più vicino. Portai le mie labbra ad aderire fugacemente contro il suo zigomo, poi la sua guancia.

"Va tutto bene."
"No che non va...!"
"Va tutto bene, vedrai, pagherà."



* * *





Non avevo idea che Draco avesse spiato quel nostro momento solitario, quella nostra conversazione. Invece il caso aveva voluto che fosse andata proprio così.
L'occasione di parlare con mio figlio si presentò appena qualche mese dopo quel magnifico numero della Gazzetta, e per un motivo del tutto imprevisto.
Ero appena tornato dal Ministero, ultimamente mi facevo vedere spesso lì in veste ufficiale.
Sorridevo tra me e me, seduto alla scrivania: avevo appena incontrato un tesissimo Potter, proprio accanto ad una delle aule dove si tenevano i processi: a quanto pareva era lì per un caso di Magia Minorile. Lo avevano assolto, e se io pensavo che fosse indice dei tempi convocare una corte plenaria per un caso di Magia Minorile, non lo davo a vedere: Potter era accompagnato da Arthur Weasley, e la tentazione di sorridergli e vederlo illividire sovrastava ogni altra cosa.
Lui, che si era schierato pubblicamente dalla parte di Silente non era più ben visto da Cornelius.

No, nemmeno il Ministro che aveva voluto farmi inginocchiare non appena eravamo rimasti soli poteva guastare il mio buon umore quel giorno.

Cornelius non mi aveva praticamente dato il tempo di girare l'angolo. Ci eravamo appena lasciati alle spalle Arthur e Potter, io avevo preso a trafficare con una tasca della veste, che tintinnava: ero sicuro che lo stesso tintinnio fosse risuonato nitidamente pochi istanti prima, la mia donazione all'Ospedale Magico era incastrata in fondo al giustacuore.
"Dentro."

Aveva mormorato Cornelius in fretta e furia, con voce talmente satura di eccitazione da risultare stentorea. Il tempo di chiudere frettolosamente la porta dello studio alle sue spalle: sul suo viso molle e languido non c'era più traccia della freddezza sfoggiata pochi istanti prima.
Aveva subito la straordinaria metamorfosi che io ben conoscevo.

"Prendimelo in bocca. Qui, adesso, subito."

Ed aveva preso a slacciarsi in tutta fretta la tunica, quasi impigliandosi con i lacci.


Quel pavimento era maledettamente duro - il tappeto mi era stato di poco aiuto - ed una volta a casa avevo dovuto cambiarmi la camicia.

"Padre?"

Mi voltai immediatamente, scorgendo un lampo fugace del mio riflesso nel grande specchio a parete vicino alla biblioteca.
Draco se ne stava lì, le guance molto rosse, l'aria assolutamente sconvolta.

"Ti disturbo...?"
"No, ho quasi finito."

Appoggiai la piuma nel suo calamaio, osservando attentamente mio figlio entrare nello studio, chiudersi la porta alle spalle. Non mi guardava, sembrava vinto dall'imbarazzo.

"C'è qualcosa che dovrei sapere, Draco?"
"No, no va tutto bene, almeno credo. Solo che..."
"Solo che?"
Silenzio. Giunsi le mani sulla scrivania, in attesa.

Facevo sempre la stessa domanda, quando lui era lì lì per confessami di averne combinata una: ma più lo guardavo, più mi convincevo che questa volta si trattava di altro.
Era venuto a domandarmi qualcosa, probabilmente non poteva parlarne con sua madre.

Sorrisi appena, forse in modo appena tagliente: conoscevo quel genere di 'domande', Draco aveva iniziato a farmene dall'età di dodici anni.

"Ebbene? Dai, parla. Non farmi impensierire..."

intanto avevo preso a riordinare seccamente un fascio di pergamene, ficcandole con decisione nel cassetto.

Draco mormorò qualcosa di indistinguibile in risposta.

"Come? Draco, raddrizza le spalle, prendi fiato e guardami negli occhi."

E quel ragazzo, che era cresciuto ancora un po' in altezza negli ultimi mesi, parve colpito da quelle parole: mi obbedì. Incontrai i suoi occhi, rendendomi conto appieno dell'insolito rossore sulle sue guance al solito esangui, proprio come le mie.

"Insomma, mi sono fatto male."
"Dove?"
Il mio tono aveva subito una brusca variazione: si era fatto duro, adesso ero piuttosto spaventato.

"Non tanto e in un posto che... insomma, mi sono fatto male lì. Non posso certo andare a dirlo a mia madre. Stavo... insomma mi stavo lavando, d'un tratto mi é uscito un po' di sangue. Adesso però si é fermato. Penso che..."


Per fortuna riuscii a soffocare la mia risatina. Mi morsi le labbra, con violenza: Draco non poteva non essersi accorto che stavo per ridere, quando mi guardò il suo volto era confuso, e leggermente attonito. Mi schiarii rumorosamente la voce, aderendo allo schienale della mia comoda poltrona.

Parlai con tutta la fermezza di cui ero capace, cacciando lontano ogni ilarità.

"Penso di sapere a cosa ti riferisci. Può capitare, anzi ti dirò, mi é capitato. Lavati con dell'acqua fredda, e sii delicato."

"Va bene. Il fatto é che é successo all'improvviso, insomma é normale che sia un po' indolenzito?"

Qualcuno potrebbe trovare la cosa molto divertente, io per primo pochi istanti prima.

Ma fu con espressione molto grave che scrutai il volto di mio figlio, lì in piedi nel suo completo estivo scuro.

"Indolenzito in che senso?"

"Beh..."

Lanciai una mezza occhiata alla porta, che era rimasta socchiusa, poi tornai a guardarlo.

"Fai vedere, forza..."

Sussurrai un po' sospirando, un po' alzandomi in piedi. Draco schizzò in direzione della pesante, lucida porta di mogano e la chiuse con decisione. Nel tornare verso di me mi vide chiudere con un gesto secco le tende della finestra, e mi lanciò uno sguardo interdetto.

"Che non ci vedano proprio tutti. Dai..."

La sua testa bionda si abbassò, alcune ciocche chiare ricaddero sulla fronte. Poi, con movimenti piuttosto titubanti, Draco slacciò la chiusura dei suoi abiti, esponendo alla mia vista le sue smilze anche pallide, l'esordio delle cosce diafane.

"Ecco, ehm..."
"Solleva un po'. Ti spiace? Accidenti. Mettiti seduto... aspetta un attimo."

Mi seguì ansiosamente con lo sguardo mentre tornavo velocemente alla scrivania e ne estraevo una fiala rossa. Niente di straordinario: un cicatrizzante istantaneo.

Tornai verso di lui a grandi passi, svitando la fiala.
Mentre ne appoggiavo velocemente il tappo sul divano alzai lo sguardo.
Sembrava più tranquillo, ma guardava di lato, verso la libreria e la porta, invece che verso il sottoscritto.

"Senti, se non ti imbarazza la cosa usiamo questo. Dovrebbe cicatrizzare subito la zona..."
"Ma figurati se mi imbarazza, padre."

Mormorò. Io, titubante presi posto accanto a lui, chinandomi verso quella tenera carne, su quel brutto graffio rosso. Mi versai qualche goccia di pozione sulle dita ed iniziai a coprire la zona interessata - come da etichetta - a malapena sfiorandola con i polpastrelli.

Non potevo fare a meno di pensare, ancora una volta, che non si fosse affatto ferito lavandosi, e potevo ben immaginare come fosse accaduto, ne vedevo le tracce sotto i miei occhi.
"Brucerà un po'... ecco, sparito."
Lavoravo in punta di dita.
Quell'incidente doveva averlo interrotto sul più bello, però: pensai - erano pensieri asettici, i miei - a come mi fosse accaduta la stessa identica cosa alla tenera età di tredici anni. Io però non avevo avuto coraggio di correre da mio padre: invece ero corso in fretta e furia ad Orion Black, che mi aveva tranquillizzato anche per lettera, spiegandomi come dovessi fare perché la pozione cicatrizzante lavorasse bene.
Avevo finito.

Richiusi la fiala e mi voltai verso Draco per dire qualcosa: a quale ragazzo non é capitato? Pensa che io una volta...mi bloccai.

I brevi sfioramenti di Orion non avevano risvegliato in me l'erezione che adesso Draco si sforzava di nascondere alla vista, rialzandosi velocemente in piedi.

"Sono a posto. Non... non brucia più."
Mi dava le spalle, dirigendosi con una certa fretta verso la porta.
Io ero ancora seduto, interdetto, cercando di non darlo a vedere, sentendomi dentro un misto inimmaginabile di sorpresa e sgomento.

"Grazie, padre."
Stava aprendo rapidamente la porta, la sua mano era sulla maniglia...

"Draco, non devi vergognarti. Davvero, é una reazione fisiologica. Insomma, quando un ragazzo viene toccato lì, a volte può capitare. Non darti pensiero... l'importante é che non ti fa più male."

Lui si bloccò, per una frazione di secondo... non si voltò a guardarmi, mentre cercava di comportarsi normalmente ed aprire normalmente la porta. Avevamo discusso di molte cose,
ma mai mi ero ritrovato in una situazione tanto bizzarra.
Proprio non mi ero aspettato quella reazione da parte sua: era giovane, forse aveva dovuto interrompere le sue solitarie carezze ed era ancora carico di eccitazione, fatto stava che ero io a sentirmi notevolmente scombussolato per aver sfiorato, d'un tratto carne dura al posto di carne morbida e rilassata. Per me non era molto diverso da quando pulivo la sua saliva e cambiavo le sue tutine, dopo tutto. Era Draco, il mio ragazzo dal volto affilato e la risata garrula e beffarda, Draco che era capace di lunghissimi, petulanti capricci inframmezzati da sorrisi e promesse per ottenere qualcosa.

"Io... ho sentito quello che dicevate tu e Severus, quella volta in salotto."
Disse così, di punto in bianco.
Per poco non mi cadde la pozione dalle mani: la afferrai appena in tempo.
"Draco..."
"Non sono più un bambino. Ormai so come vanno determinate cose."
Non fui capace di replicare: quel suo tono di voce, duro ed adulto eppure così tragicamente giovane mi aveva inaridito le parole in bocca.
"Come... come vanno, Draco?"
Non sapevo ciò che dicevo: faticavo a parlare, mi si era seccata la lingua contro il palato.
"Ho sentito in giro che tu... ma comunque, sono abbastanza intelligente da capire, ormai e poi penso che non sia tutto vero quello che dicono."
Oh no. Oh no, no no: si stava mettendo male.

"Potresti dirmi cosa hai sentito di preciso e da chi?"

La mano con cui appoggiavo la fiala sul divano era insensibile, come addormentata. Draco continuava a darmi la nuca.
Avevamo parlato sempre molto... ma questo, questo era oltre ogni previsione.

"Oh, una stupida ragazza di Tassorosso... veramente una cretina. Sua zia lavora al Ministero, credo se me lo ricordo ti dico anche il cognome, adesso non mi viene. Le sono passato dietro l'ultima settimana di lezione, lei e gli altri parlavano di Potter, di Silente. Se dicevano o meno la verità. Poi lei ha fatto il tuo nome. Ed ha detto... ha detto una cosa, non la voglio ripetere però."

"Che genere di cosa?"

Avevo un filo di voce, forse neppure quello: mi domandavo se Draco se ne fosse accorto. Se si fosse voltato, avrebbe visto che avevo il volto terreo, e cercavo di calmarmi in tutti i modi.
Lo sentii prendere un profondo respiro.

"Draco, che genere di cosa? Non mi arrabbierò, lo prometto."
"Va bene. Ha detto che tu sei quello che sua zia definisce... 'poco di buono', ma lo ha detto in un senso...ecco dopo ' poco di buono' ha aggiunto puttana. Ha detto puttana, ruffiano, cortigiano e...marchettaro. Non mi ha visto, ero alle sue spalle... stavo per lanciarle una fattura, ero fuori di me. Poi però é arrivato Vitious."

Mi alzai così violentemente che le gambe mi inviarono una fitta, Draco adesso sembrava più rigido, lì impalato sulla porta... sentì che mi avvicinavo, si voltò appena, non tanto da potermi guardare direttamente in volto, e prima che potessi replicare: "Anche se é vero, non me ne importa."
A voce molto, molto sommessa.

A quel punto allungai un braccio sfiorandogli piano la testa.

"Non mi interessa quello che dicono, sono gli ultimi a poter parlare, sono solo feccia!"

Quasi ringhiava, sputando le parole.
Mi avvicinai ancora, lui reagì alzando gli occhi su di me. Lo guardavo nel modo in cui lo guardavo sempre quando era agitato o spaventato: funzionò.
In quel momento la mia mente cercava di venire a patti con l'idea che anche dentro le mura di Hogwarts, tra i coetanei di Draco c'erano adulti che spargevano le loro congetture e le loro opinioni, non era una cosa facile: ma riuscii ad infondere in mio figlio la calma che stentavo a ritrovare.
"Non pensare a lei, a loro... Draco. Solo, cerca di ricordare come si chiama. Perché se é vero che sua zia lavora al Ministero, beh...vedremo quanto durerà, no?"
A quella mia venefica osservazione, il volto di Draco si aprì in un sorriso.



"Ma certo. Deve essere una di quelle che pendono dalle labbra di Silente."
"Ci scommetterei."
Dissi con violenza.

Draco si avviò in corridoio molto più calmo e rilassato, ora anche guarito da quello spiacevole incidente... si voltò solo per chiedermi se poteva invitare Goyle a cena, ed ascoltarmi rispondere ' assolutamente si' prima di girare di nuovo la maniglia.

Diario di un cortigianoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora