26 - Di nuovo a casa

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Più mi allontanavo da Azkaban, più le mie gambe si facevano salde.
Più mi allontanavo da quella prigione, capendo di non star sognando, più mi sembrava di essermi svegliato da un incubo. Lui camminava davanti a me a qualche passo di distanza, in silenzio.

Non c'era più traccia di Dissennatori, la loro assenza era clamorosa. Quella nera fortezza alle mie spalle pareva corrosa dalla loro azione. Adesso abbandonata e vuota somigliava ad una gigantesca, sinistra tomba.
Il cielo era livido e color ferro, la bacchetta mi pesava nella tasca sinistra.
Non potevo tirare fuori la mano dalla tasca, lasciarla anche per un solo istante.

L'Oscuro Signore me l'aveva ridata quando avevo indossato tutti gli abiti, senza dire niente.
Mentre ci smaterializzavamo fui lì lì per chiedergli cosa ne fosse stato dei miei compagni, c'eravamo solo io e lui in quel fazzoletto di terra.
Volevo chiedergli molte altre cose, ma avevo imparato da tempo che non era bene mostrare ansia o preoccupazione all'Oscuro Signore.
Non era bene mostrargli qualsiasi tipo di sentimento, a pensarci.

Scoprii molto presto dove fossero gli altri: nella mia casa, precisamente nel mio salotto.

Non fu Draco a precipitarsi immediatamente su di me, non appena i miei incerti passi ebbero attraversato di nuovo quel lussuoso, enorme salone che mi ingoiava, dopo quasi un anno di angusta cella.
Non fu nemmeno Narcissa.

Fu Severus.
Avevo appena messo piede nel ballatoio delle scale, ancora incerto, quasi smarrito nella mia stessa casa. I volti dei miei compagni erano lapidi fredde, mi avevano accolto con un cenno rigido del capo, e saluti incolori, che non mi avevano lasciato presagire niente di particolare se non la gioia indistinta di essere di nuovo liberi. Liberi, seduti alla mia tavola, nutriti del mio cibo e dissetati del mio vino: ma non era a questo che pensavo. Mi bloccai, su quel ballatoio, perché volevo cambiare strada, dirigermi verso il bagno. Avevo scoperto di desiderare ardentemente un lungo, lunghissimo bagno caldo.

D'un tratto qualcosa di tiepido mi piombò addosso e qualcosa di molto scuro offuscò il mio campo visivo. Barcollai, ma mani che conoscevo bene mi sorressero.

Mani dal delicato intrico di vene in evidenza, mani dalle dita magre, affusolate.
Affondai il volto in quel nero. Inalai l'odore della sua tunica, ebbi appena il tempo di sorprendermi per quello slancio così atipico, così assurdo, poi chiusi lentamente gli occhi.
Scivolai contro quella presenza che mi avvolse, mi colmò e mi dissetò più di qualsiasi cosa io abbia bevuto o mangiato, mi rallegrò più di qualsiasi pensiero felice, con la potenza di diecimila Patronus.

Serrai le palpebre e lentamente iniziai a piangere.

Non so fare di meglio, veramente.
Forse sarebbe necessario uno scrittore migliore... qui c'è solo Lord Lucius Malfoy, che non era un granché neppure ad eseguire gli ordini del suo Signore dell'epoca.

"Severus" scandii lentamente, quasi sottovoce, senza nemmeno accorgermi di parlare.
"Severus..." potevo solo dire. Restammo così, stretti, in quel ballatoio deserto, sbiaditi ritratti sonnecchiavano alle pareti, il fuoco delle fiaccole magiche rischiarava mogano lucido e sontuosi tappeti, ma non doveva essere il responsabile di quel tremolio rosso, oltre le mie palpebre serrate. Era la prima volta in assoluto che ci abbracciavamo in quel modo.

La prima volta in assoluto.

Poi accadde.

Le mie mani stringevano quella magra schiena, quel volto scarno era ancora seppellito senza vergogna nel mio collo, Lord Lucius Malfoy aprì lentamente la bocca e le parole uscirono da sole.

"Io ti amo."

Lungo brivido da parte sua, silenzio.

Piccolo avvoltoio con la pellaccia dura... piccolo corvo che non sei altro, io ti amo come la mia stessa carne.


Severus si staccò lentamente da me, forse stava per dire qualcosa... i suoi occhi luccicarono, poi una voce risuonò forte e chiara alle mie spalle: "Padre!"

Mi voltai.

Draco era lì, pallido, emaciato, con una strana ombra sofferente sotto gli occhi, quasi in lacrime: non arrivò ad abbracciarmi, sembrava inciampare nei suoi stessi passi. Quando mi si fece abbastanza vicino, gli circondai le spalle con il braccio, attirandolo a me. Narcissa lo seguiva, pallida a sua volta come un fantasma, gli occhi un po' dilatati.

"Bentornato."

Disse semplicemente, mentre Draco singhiozzava sulla mia spalla.
Bentornato. Mi fissò con certi occhi colmi di angoscia, sollievo ed allarme.

Diario di un cortigianoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora