23. Quel tipo d'amore non muore mai

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Continuai a straziare la gola di Trevor con furia cieca, fin quando non sentii la mano dell'angelo della morte posarsi sulla mia spalla per avvisarmi che avrebbe messo un'altra vittima sulla lista, lista che, per oltre secolo, avevo allungato con sempre più anime. Lasciai cadere rovinosamente a terra il cadavere del giovane, ero completamente coperto di sangue.

La mia maglia bianca ne era zuppa e anche il mio volto era interamente sporco della linfa vitale del povero ex ragazzo di Sharon. Mi toccai il torace e con due dita mi tolsi da dentro lo sterno i due proiettili che Trevor mi aveva sparato, mi fece male ma sarei guarito in pochi minuti.

Solo allora iniziai a udire il pianto soffocato di Sharon, stava addossata alla porta senza forze e letteralmente sotto shock.

Mi voltai lentamente e quell'attimo sembrò durare come la mia dannata eternità, fissai i miei occhi rossi dentro i suoi per quanto la distanza tra noi fosse parecchia.

Lei gridò nella mia direzione qualcosa di incomprensibile, mentre alcuni vicini accorrevano curiosi, avendo sentito il rumore degli spari. Due di loro imbracciavano un fucile, così lanciai un rapido sguardo alla ragazza, per poi sparire nella notte.

Mi aveva visto uccidere, ora sapeva ciò che ero. L'ultima immagine di Sharon che avevo era lei che cercava con tutte le sue forze di chiudere la porta per cacciare via il mostro.

Solo, dentro l'oscurità della notte, mi trovavo al sicuro, il demone interiore aveva preso il sopravvento su di me, non provavo emozioni così forti da decenni e recentemente erano accadute troppe cose in contemporanea.

Il ritorno di Faith, la scoperta della verità, il litigio con Rob e, infine, questa ragazza che era entrata nella mia vita in maniera improvvisa e mi aveva legato a lei in un modo che non ero neanche capace di descrivere.

Mi incamminai tramite vari vicoli secondari, per non farmi vedere coperto di sangue. Dopo qualche minuto in cui vagavo senza una meta precisa, notai un parco e iniziai a cercare una fontana per lavarmi.

La trovai dopo una veloce ricerca, feci in modo che il mio viso tornasse umano e mi pulii meglio che potevo con l'acqua corrente. Provai a calmarmi, bagnandomi più volte la faccia, poi mi tolsi la maglia rimanendo a torso nudo. Fortunatamente sui pantaloni avevo solo qualche goccia di sangue e le scarpe erano rimaste illibate.

«Ehi, amico... tutto bene?» disse una voce alle mie spalle. Mi voltai e vidi un ragazzo trasandato, i suoi abiti erano laceri e strappati era coperto di piercing e aveva occhi chiari e una cresta verde.

Osservò la mia maglia sporca di sangue e la mia espressione confusa e assente. Le mie abilità non mi avevano permesso di sentire i suoi passi, perché la mia mente era ottenebrata dai ricordi e dalle preoccupazioni.

Non sapevo cosa rispondere o come fare a evitare che chiamasse la polizia.

Qualcuno sembrò pensarci per me, dato che il giovane iniziò a tenersi la gola da cui cominciò a colare del sangue. Una donna dai capelli biondi cenere era china sul suo collo mentre si nutriva straziando la sua carne.

Si staccò quasi subito lanciandomi il punk addosso, lo presi d'istinto guardando la ferita che sgorgava.

«Cristo, non ho mai mangiato niente di più di schifoso!» affermò la donna pulendosi la bocca nella fontana con foga.

Indossava un top bianco che le lasciava scoperto l'addome e i fianchi sotto il giubbino aderente di pelle nero, calzava un paio di jeans stretti e stivaletti scuri. Portava un bracciale che riconobbi subito. Quando tirò su il viso, ebbi la conferma che era Faith.

Il ragazzo continuava ad agonizzare tra le mie braccia, così usai la mia maglia zuppa di sangue come tampone per la sua ferita e lo adagiai sulla panchina dove ero seduto pochi istanti prima.

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