-Allora? Vuoi spiegarmi quanto tempo ancora devo rimanere così?-
Il cielo limpido della giornata iniziava a mostrare tinte più cupe, le ombre dell'Hotel Rothschild si allungavano con movimenti impercettibili.
-E' l'unico modo che ho per assicurarmi che tu non faccia pazzie.- replicò Virginia con la solita aristocratica aria di noncuranza.
-Pazzie? Se c'è una pazza qui sei tu. Anzi, sei completamente fuori!- protestò Eric, tentando inutilmente di liberare le mani serrate da un pezzo di corda. I piedi erano ugualmente legati alla sedia dove era stato posizionato a forza dalla ragazzina. - Guarda, guarda cosa mi hai combinato al braccio! Non serviva a nulla graffiarmi! -
- Mio Dio, quante storie per un graffio sul braccio! Ti sei opposto ed ho reagito. Semplice! -
- Graffiandomi come un gatto. Lo ribadisco, tu sei completamente pazza! -
- Smettila di frignare, finché sei nella mia camera sei mio ospite ed ho il dovere di prendermi cura di te.-
-Oh beh, sai trattare bene i tuoi ospiti. Chi altro hai legato prima di me?-
-Ah, ah, ah.- rise la ragazzina sarcastica. –Gli altri non provavano di certo a buttarsi da una finestra.-
Eric abbassò le pupille a terra serrando le labbra. Un brivido percorse il suo corpo, fuoriuscendo dagli occhi sotto forma di una lacrima bruciante come succo d'ortica. Virginia chiuse le palpebre, quindi sedette a terra con delicatezza di fronte al giovane. –Scusami,- sussurrò, sfiorando con il suo guanto ricamato un ginocchio ossuto di Eric –Scusami, davvero ... non riesco a vedere gli altri piangere.- Disse di nuovo avvicinando le sue ginocchia al mento e stringendole con forza tra le braccia.
-Non è nulla,- replicò il giovane –sono io, è colpa mia. Riesco ad esagerare sempre, sempre inopportuno in ogni situazione.-
I due rimasero in silenzio per qualche minuto, ognuno mentalmente perso nei propri meandri nascosti, con gli occhi fissi su paesaggi invisibili. Quindi, senza che Virginia se ne accorgesse, Eric spostò impercettibilmente lo sguardo sul suo viso.
La ragazzina aveva la testa poggiata sulle ginocchia, il viso inclinato dal lato della finestra; l'espressione lasciava trapelare una dolorosa mortificazione, eppure, nonostante quello sguardo corrucciato, il giovane non poté fare a meno di ammirare quel volto diafano: celava una bellezza sofisticata, antica, visibile solo in qualche vecchia fotografia conservata nei cassetti dei nonni. Una bellezza casta, candida come il viso di una bambola di porcellana. A pensarci bene somigliava davvero ad una bambola da vetrinetta: con quella pelle lunare, priva di imperfezioni, e quell'acconciatura di epoca vittoriana avrebbe fatto impallidire di gelosia le bamboline di porcellana collezionate in salotto da sua madre.-Sei diversa,- commentò Eric, senza pentirsene poi così tanto –sembri uscita da un'altra epoca.-
La ragazzina sollevò il viso, sorridendo con una punta di compiacenza. –Anche tu. Sei diverso dai giovani d'oggi.-
-Lo so, è una maledizione che ho fin da bambino. Sono nato sbagliato- sospirò Eric -nel carattere, nei gusti, nel modo di vestire. È per questo che mi odiano.-
La ragazzina scosse la testa. –Non è colpa tua.- rifletté pensierosa - È che ... a volte penso ci sia qualcuno oltre il cielo. Uno scrittore gigantesco che si diverte ad inventare personaggi per le sue opere. A volte crea trame e personaggi indimenticabili. Altre volte ... - la giovane non riuscì a terminare la frase, una smorfia di sofferenza si era impadronita del suo viso. Ma non durò che pochi secondi. Con un balzo fulmineo si alzò in piedi recuperando la consueta patina regale.
-Quanto tempo hai ancora?-
-In che senso?- replicò il ragazzo.
-Dovrai pur tornare dai tuoi compagni di classe ... -
-Cavolo!- sbottò Eric sollevando gli occhi al cielo –Avranno già finito di farsi la doccia. Quanto tempo è passato? Due ore?- il ragazzo controllò il piccolo orologio da polso. –Le sette e quarantacinque. Tra un quarto d'ora la cena. – in quegli ultimi istanti aveva quasi dimenticato i conati che provava solitamente di fronte alle porzioni di cibo, ma il groviglio allo stomaco tornò prepotentemente a farsi sentire non appena ebbe nominato la parola cena.
-Che cosa farai una volta di sotto? Riuscirai a guardarli in faccia?-
-Grazie per l'incoraggiamento,- commentò Eric senza alcun tono di accusa. La domanda era più che opportuna –farò finta di non esistere. Come ho fatto esattamente fino ad ora.-
Virginia fissò intensamente il ragazzo, con i suoi occhi vitrei come una sfera da chiaroveggente. –Puoi darmi ancora cinque minuti? Prometto di slacciarti, ma ... voglio mostrarti prima una cosa.- aveva un'aria criptica ed incredibilmente entusiasta. Quando il giovane annuì si avvicinò correndo al grande armadio della soffitta estraendone un vero pezzo d'antiquariato.
-Un giradischi?- commentò Eric sempre più perplesso. – Immenso!- continuò ad ammirare la sua sagoma antica mentre la fanciulla estraeva un grande vinile da una custodia color cremisi. Saint- Saёns, "Danse Macabre", recava incisa a lettere dorate in stile gotico. Virginia estrasse il disco dalla custodia, posandolo con delicatezza accanto alla tromba del giradischi.
- Mi esercito sempre su questo pezzo quando ho qualche pensiero triste che mi volteggia in testa. Adesso chiudi un attimo gli occhi.- ordinò –Riaprili quando partirà la musica.-
Eric obbedì. Udì un'anta dell'armadio spalancarsi, uno strofinio di stoffe che strusciavano a terra. Poi fu la volta del ronzio del mangianastri. La melodia ebbe inizio con i dodici rintocchi delle campane, i rintocchi cupi della mezzanotte. Il giovane aprì gli occhi, preparandosi ad assistere alla Danse Macabre della fanciulla.
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Strìa #Wattys2019 (In Revisione)
Gizem / GerilimVincitrice Wattys2019 nella categoria thriller/mistero [Vincitrice del concorso-Scambio di lettura 2.0 di Ary913711, lista 17] [Vincitrice del Concorso di scrittura 2K19, categoria mistero-thriller] Stravolto dall'ennesimo episodio di bullismo, il...