Il violino della Signora Morte

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Dopo essersi congedato da Virginia, Eric impiegò differenti ore prima di prender sonno.
Aveva simulato senza troppa difficoltà un disturbo allo stomaco con il professor Palumbo che, memore anche dell'episodio in giardino, aveva bonariamente consentito al ragazzo di saltare la cena.
 Quando finalmente le palpebre divennero pesanti e il respiro regolare, si trovò di nuovo nella soffitta polverosa in compagnia della fanciulla.

Le persiane serrate lasciavano trasparire una luce sottile che illuminava il grande armadio a muro, la sedia a dondolo e l'antico giradischi su cui poggiava ancora il vinile color fumo. Tutto era ricoperto da uno spesso strato di polvere, sottili ragnatele si allungavano da un angolo all'altro del soffitto.

"Non aver paura Eric, non ho bisogno di legarti ora. Siamo al sicuro ..." sorrise Virginia con una voce melliflua, stranamente echeggiante nonostante le scarse dimensioni della stanza.
Aveva un abito diverso da quello turchese indossato il pomeriggio precedente: una veste sottilissima e ricamata, simile a un velo da sposa, semplice ma ugualmente elegante attorno alla sua corporatura minuta. I capelli erano sciolti sulle spalle, morbidi e diafani come boccoli di cotone; il chiarore emanato dalla fanciulla era interrotto soltanto da una maschera dorata, una sensuale maschera veneziana che copriva la parte superiore del volto.

 "I raggi della luna filtrano a intervalli fra nuvole a brandelli. Dodici cupi rintocchi risuonano dal campanile della chiesa."* Recitò la ragazzina iniziando di nuovo la sua danza; il giradischi aveva ripreso a muoversi, emettendo gli stridori del violino scordato, i cigolii e i rumori d'ossa infrante fuoriuscenti dai sepolcri.

"Coraggio Eric, ascolta ... ascolta il violino della Signora Morte, la Morte, che suona il violino seduta sulla pietra tombale."* Proseguì Virginia entusiasta, continuando a volteggiare e a sorridere, come in preda a una visione estatica. Aveva le movenze eleganti di una ballerina di danza classica unite allo spirito di una menade in preda al delirio dell'ebbrezza.
Man mano che la musica s'intensificava, la ragazzina aumentava il numero dei suoi volteggi, dei balzi, delle capovolte, fino a cadere a terra, priva di forze, ansimante dalla fatica di quella danza febbrile. Il giradischi si spense, cadendo a terra con un rumore di vetri infranti. Ancora rapito da quell'inquietante visione, il ragazzo si avvicinò al corpo velato di Virginia, prendendola delicatamente tra le braccia. Tolse con cura la maschera veneziana dai suoi occhi vitrei, quindi, mosso dall'esile mano della tenerezza, avvicinò le labbra alla fronte pallida della ragazzina sfiorando con un bacio le sue vene azzurrine. "Domani tornerò in soffitta, ma tu non andartene ... ti prego" sussurrò Eric al volto di cera della ragazza. Virginia spalancò lentamente gli occhi, fissando le iridi color lavanda sulle lacrime che rigavano il viso del giovane. "Non me ne andrò Eric, resterò qui, finché avrai bisogno di me. Io non posso andarmene."

*Estratti dalla composizione poetica "Danse Macabre" di Henri Cazalis.

***

Nota d'autore: come consigliatomi da una gentilissima lettrice, ho deciso di aggiungere tra i media del capitolo la "Danse Macabre" di Camille Saint-Saëns. Vi consiglio vivamente di ascoltarla, specialmente durante o prima della lettura del capitolo. Fatemi sapere poi cosa ne pensate, personalmente è una delle mie opere preferite!

Strìa #Wattys2019 (In Revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora