Capitolo 7: Sogno o son desto?

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Eccomi qui, a terra, steso e sporco di fango. Le lacrime iniziano a scalare il dirupo della mia pupilla lentamente. La foresta iniziava a chiudermi nella sua morsa buia, chiusa in quella verde gabbia di rami e foglie. Sento un qualcosa che mi tocca la schiena. Una prima lacrima prende il sopravvento,

"Eccomi, sono finito" penso.

Giro lo sguardo lento, come un agnello al macello spalanco gli occhi di paura. Il tremore mi assale. Piango fino allo sfinimento, ma quello che esce dai miei occhi è gioia, una mano salda: HINDY! Mi alzo di colpo e lo abbraccio veloce come un fulmine. In un tentativo disperato tenta di staccarmi, ma io in preda alla felicità lo stringo ancora di più. Mai credo di aver pianto di gioia così tanto. Lo stringevo come fosse mio figlio, lo abbracciavo come un padre. Dopo un po' riuscii a staccarmi, ancora col volto pregno di lacrime, riuscii a vederlo: aveva gli stessi vestiti dell'altra volta, solo molto sporchi di terra. Aveva anche il volto sporco e molto pallido, ma straordinariamente pulito in confronto al suo abbigliamento. Notai però una cosa: portava un bastone, che gli avevo fatto cadere abbracciandolo. Dopo tre secondi notai una cosa anche peggiore, ossia il motivo per cui voleva che mi scrollassi: il suo pantalone destro era sporco di sangue. La macchia era grossa e pure abbastanza densa. Si notava dal pantalone una piccola sporgenza lungo tutta la gamba. Alzando lo sguardo notai che una macchia simile, seppur meno densa, c'era pure sul fianco sinistro, dove la maglietta era bucata. Alzai quindi lo sguardo verso di lui e gli chiesi:

"Hindy, cosa ti è successo?".

Con molta calma lui rispose con un sorriso beffardo:

"Male e peggio, mi è successo di tutto" .

Spaventato gli domandai:

"E ai pantaloni? E...e...e...la...?"

"A parole tue John"

"La cosa, si insomma, la maglietta!". Molto fermamente, sorridendo mi rispose:

"Una ferita alla gamba e una al fianco, tranquillo, sono salvo, forse solo un po' meno sano".

La macchia rimaneva comunque molto densa, quindi chiesi:

"Che genere di ferita?"

"Una profonda" mi rispose

"Ora però dammi una mano...ugh...arrivare fino a qui è stata un'Odissea!"

Chiesi della gamba e lui mi rispose che aveva attaccato un pezzo di legno per tenere ferma la fasciatura della gamba, infatti camminava zoppo. Alzò il pantalone e riuscii a vedere la fasciatura di colore rosso vivo, bloccata da un bastone di legno.

"Avevo il polpaccio aperto a metà: le rocce mi avevano colpito le arterie" commentò lui. Mi misi le mani davanti per non far vedere la bocca spalancata dallo spavento.

"Sul fianco invece mi ha colpito una stalattite molto appuntita e lunga dall'alto, ora però andiamo a Casa".

Gli chiesi cosa gli fosse successo, ma diceva di volerlo dire solo dopo aver salutato tutti. Non capivo il suo essere positivo nonostante tutte quelle ferite. Mentre camminavamo mi chiese cosa avessimo fatto in quei giorni e io risposi:

"Nulla, tu eri morto". Ci rise su, siccome non ci credeva; quando si accorse che non stavo scherzando, chiese una conferma.

Io risposi: "Beh, ti sono venuto a cercare, sono stato nella foresta la mattina presto e un'orsa mi ha accompagnato fino alla grotta, dove poi è scomparsa. Sai, ci sono salito sopra abbracciandola"

Disse con tono scherzoso:

"OHH, che tenero, che carino, abbraccia gli orsi a scrocco"; riusciva sempre a smorzare l'atmosfera, ma lo faceva bene! Dopo un silenzioso secondo di disappunto per fargli capire di non intervenire più, continuai:

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