Capitolo 2: Luoghi Fisici E Comuni

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“Ok, la stanza si accende, è quasi mattino, c’è sempre una penna sul comod…aspè, che sto dicendo? Sono le 3:07, che ci faccio sveglio?”
“Dormi, che domani devi andare a dormire.”
“ Io domani mi devo alzare, non devo dormire.”
“Ah si, volete dormire voi due? E invece no, ora vi metto in testa una musica a caso ”
“Che musica?”
“Un violino a caso”
“Ma a noi non piace il violino, piace a Ness quello, a noi fa venire il sonno”
“No, ma diglielo, così dormiamo meglio”
“Grazie per avermelo detto, sapete qual era la mia seconda scelta?”
“Ti prego non Lentamente” (Lentamente era una canzone di Luigi Fonzini)
“In realtà era Gimmy D’Alassio, ma siccome m’implori…”
“Bla bla bla… te quiero… mi amor…contigo…”
“MA CHE PALLE! NON SI DORME MAI IN QUESTA DANNATA TESTA”

Eh sì, quella sera andai a dormire alle…ehm…mai. Queste maledette voci continuavano a rimbalzarmi nella testa, la quale a tratti sembrava una partita di pallavolo dato che le idee fluttuavano e non toccavano mai terra, come la palla. Detestavo le voci nella mia testa, diamine se le detestavo. Sono uscito dalla tenda alle 6 del mattino, e ho visto una figura femminile preparare il caffè: Mercy! Peccato che quando uscii tutto baldanzoso, mi strofinai gli occhi e vidi che era Fay. Dannazione! Perché quella donna non rimaneva a dormire al suo solito posto? Vabbè, mi sedetti accanto a lei sorseggiando il caffè che aveva preparato e, in effetti, pensai che le pantegane se la passassero bene a bere dalle fogne. Però le dissi che era ottimo comunque. Fayde (era questo il suo nome completo) quel giorno aveva i capelli arruffati e il volto struccato male. Poi, a cosa le servisse il trucco in campeggio era un mistero, ma non ci addentriamo nei dettagli. Era una ragazza molto bella, col viso pulito, allegro. Le sue guance erano sempre rosse, che creavano un bel contrasto col volto pallido: sembrava uscita da Biancaneve. Aveva dei bei occhi, con delle sfumature particolari, che riflettevano e rendevano la sua faccia più luminosa. Era una di quelle ragazze che faceva sempre battere il cuore la prima volta che la si vedeva. Tranne me, perché il giorno che la conobbi, Mercy aveva già rapito il mio cuore e chiuso in un’ampolla di cristallo. Andiamo, per me non c’era paragone! Nonostante trovassi che Fay fosse una bella ragazza, avevo occhi solo per Mercy (che fedeltà ragazzi!). Fay si avvicinò dopo che bevemmo il caffè, e si mise in atteggiamento come se mi volesse abbracciare. Rifiutai temendo che Mercy si svegliasse e ci vedesse. Poco dopo fu lei a svegliarsi. Quando si alzò, alzò le braccia mettendo in risalto i capel…oh, insomma, che vi spiego a fare? Avete capito, no?
Iniziò a parlare con Fay, poi Mercy si rivolse a me con sguardo serio e mi chiese: “Cosa succede a Ness? È molto strano in questo periodo”
“Guarda, non ne ho idea, penso che qualcosa nel bosco lo turbi” risposi
“Ieri poi” continuò lei “è rimasto a fissare il fuoco a lungo, sembrava incantato, tu hai idea di cosa sia successo?”
“Se lo sapessi ve lo direi, ragazze, perché non ne ho idea, hai qualche ipotesi Fay?”
Era rimasta indifferente per tutto lo scambio di battute e quando si girò mi disse:
“Che vuoi che ne sappia io? Sei tu il suo migliore amico”


Riprese il suo sguardo indifferente
“Perché non lo chiedete direttamente a lui, siccome ci sta seguendo?” chiese Mercy
Mi girai e realizzai che aveva sentito i nostri discorsi per tutto il tempo, facendo capolino dalla tenda e poi nascondendosi una volta che si rese conto di essere stato scoperto. Dopo qualche secondo aprì la tenda e uscì tranquillamente dicendo:
“Ragazzi, sto bene, davvero! Non ho nulla”
“Tu lo sai che non crediamo a una singola parola?” disse Mercy
“Non credermi, allora, perché non ho nessun problema, vedi? Sono tranquillissimo” replicò sorseggiando il caffè:
“Chi l’ha fatto questo?” domandò Ness
“Io, ti piace?” chiese Fay
“Si, buonissimo” disse sorridendo in una maniera che più falsa non si poteva
“Però sai cosa? Non ho bisogno del caffè, mi sento abbastanza riposato” concluse


Seguirono ad alzarsi in ordine Sis e Hindy. Hindy in particolare era più frastornato del solito. Una volta che fummo tutti svegli e attivi spiegai il percorso:
“Ieri abbiamo scherzato, oggi facciamo sul serio, passeremo dal lago Pheo, andando verso le rovine Reverie e per finire visiteremo Elbourt quando sarà notte, contenti Hindy e Ness?”
Li vidi sbiancare e poi, dopo essersi scambiati un’occhiata, annuirono insieme. Mercy era più che felice, Fay un po’ meno e Sis poco. Guardava anzi Fay in cagnesco di tanto in tanto. Sis non era aggressiva, era solo un po’ permalosa. La adoravo: era sempre lì, a darmi una mano nel momento del bisogno, senza esitare. Aveva un volto paffuto e molto amichevole, due grandi occhietti e vispi come quelli di un cucciolo che gioca. Portava spesso la coda di cavallo ai capelli, anche se io li preferivo sciolti, e lei puntualmente li legava per farmi un dispetto. Il suo volto, spensierato come quello di una bambina, celava un affetto paragonabile a quello di una madre e un’attenzione fuori dal comune, che la rendeva tutt’altro che ingenua; il tutto ben miscelato con empatia in un calderone qual era il suo carattere, molto vivace e quasi sempre attivo. Per questo ero sorpreso di vederla col broncio, poiché, nonostante lo avesse fatto altre volte, era raro da parte sua. In fondo aveva un carattere forte, quindi per quel giorno lasciai correre.
Ci incamminammo. Non mi potei avvicinare a Mercy fino al lago, stando sempre lei con Fay e Sis. Camminavamo spediti, ma senza alzare troppo il passo. Di tanto in tanto mi divertivo a calciare i ciottoli che trovavo sul percorso. Ci fermammo davanti a un ruscello per attraversarlo e per bere. Passammo sopra un ramo che pareva parecchio instabile, quindi avvisai simpaticamente: “Prima le donne”
“Ma te lo scordi!” rispose Fay “Noi tre non ci muoviamo di un millimetro”
Tirai un sospiro di seccatura:
“Che palle che siete, vedete?” dissi mentre attraversavo il ruscello “È semplicissimo!”
Non sembravano ancora convinte, quindi Hindy e Ness attraversarono e dopo che fummo tutti e tre dall’altro lato, aprimmo le braccia e facemmo le spallucce come per dire: “Che ci vuole?”
Quindi si decisero, iniziarono a salire tutte insieme
“Mi raccomando ragazze una alla volt…” nemmeno finii la frase che caddero tutte e tre. Scoppiammo a ridere io, Ness e Hindy e intanto le ragazze urlavano:
“Smettetela e dateci una mano, idioti!”
Quando le sollevammo, Fay esclamò: “Ora sono tutta bagnata”
“Te l’avevo detto che ti saresti dovuta mettere una maglia bianca” commentò Hindy. Inutile dire che Fay lo rincorse per fargli provare del sano bungee jumping senza corda, ma furono fermati da un taglialegna
“Oh, salve, dove andate voi?” domandò
“Vado a uccidere quello scemo” rispose Fay “Lei chi è piuttosto?”
“Piacere, sono Harry Relieve, un umile tagliaboschi, dove siete diretti?”
“Stiamo andando al lago Pheo” disse Ness
“Oh, il lago? Spero non vogliate seguire questa strada: è la peggiore”
“Beh, sì, era quella l’intenzione” replicai
“Siete messi davvero male” commentò Harry “ve ne indico io una migliore! Però ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a portare un po’ di legna”
“La aiuto io!” rispose Ness
“Diamoci del tu, è inutile procedere con questi formalismi” e seguimmo la strada di Harry.
Era quasi l’una, avevamo fame, ma avevamo quasi raggiunto il lago. Ness parlò a lungo con il taglialegna di non so cosa. Harry sembrava ascoltarlo con molta attenzione. Era sempre paziente nelle risposte nonostante vedessi che Ness perdeva le staffe molto spesso. Una volta arrivati lì, lo vedemmo: il lago Pheo. Era circondato da un’atmosfera calda. I fasci di luce solare che passavano giocavano con lo specchio del lago, che quasi invitava a fare un bagno. Il bosco lì era poco invadente, circondava il tutto senza interferire con nessun elemento: eravamo noi, lui e il lago. Mangiammo e lo osservammo ammaliati da quel piccolo capolavoro naturale. L’acqua era limpida, fresca, perfetta. Dopo aver mangiato, ci riposammo tutti, tranne Ness e Harry, che continuavano a parlare camminando intorno al lago. Quando ci stendemmo, Mercy si mise accanto a me e poggiò la testa sulla mia spalla, voglio dire, come dormire in una situazione dove il cuore batte più veloce di Usain Bolt? Impossibile, ma il “Colpo di grazia” me lo inflisse quando nel sonno poggiò la mano sul mio petto, stringendolo in un abbraccio. Non resistetti: le diedi una carezza sul viso, le lisciai i capelli e poi un bacio sulla fronte. Lei aprì i suoi occhi e con sguardo stanco mi sorrise e quando li chiuse, mi strinse ancora di più, senza spegnere quel suo sorriso. Al risveglio (mi alzai per primo) le ragazze vollero fare un bagno. Una scena meravigliosa: lei si toglieva la maglietta, rimanendo solo con l’intimo. Non avrei mai pensato di dirlo, ma trovavo il suo corpo così sensuale: mi pareva di vedere una Venere per la prima volta. Il suo corpo dolce e aggraziato, così snello. Pensai per la prima volta a lei e me a letto, ma non immaginandola nuda, solo io e lei che facevamo l’amore. Quando mi accorsi della presenza delle altre due ragazze, volli pure io fare il bagno, ma ero in imbarazzo essendo l' unico maschio sveglio e non avendo Ness intenzione di smettere di parlare con Harry, quindi per quella volta passai e mi limitai a rimanere a guardare, facendomi schizzare ogni tanto.
Ness finalmente tornò da noi e il boscaiolo se ne andò. “Finita la dichiarazione di amore?” domandai con ironia
“Perché, vogliamo parlare della tua?” replicò
“Taci, vuoi che ci sentano?” risposi indicando con un cenno della testa. Uscite dall’acqua, le ragazze si asciugarono, si rivestirono e solo allora potemmo avviarci per le rovine Reveire.
Durante il percorso chiacchierai con Hindy di varie cose:
Del fatto che lui adorasse la musica (argomento nel quale ero del tutto impreparato), di come a lui piacesse l’arte in generale (anche peggio della musica). Parlammo anche di argomenti più frivoli, dei quali non trascrivo, ma che potrete intuire, in particolare se siete ragazzi o ragazze particolarmente birichine. Hindy era intelligente sotto sotto: aveva un’espressione un po’ ottusa, che faceva apposta, per motivi che all’epoca ignoravo, ma che erano molto profondi. I suoi occhi erano molto espressivi, calmi, pacifici. Il suo sguardo era molto intenso, spesso pareva impossibile capire cosa gli balenasse in testa quando manteneva la sua espressione di base, supponendo di poter capire quale fosse la sua “espressione di base”. Nei momenti di serietà dava il meglio di sé, peccato fossero rari, ma molto interessanti; parlava di persone, comportamenti ed era più che consapevole che la parola sia l’arma più potente che un uomo o, come accade più spesso, una donna possa usare. Amava raccontare di come molte donne fossero abili nell’uso delle parole, di come non le usassero casualmente e di come fossero, in un certo senso, delle “cacciatrici”, non che cacciassero qualcuno, nemmeno figurativamente. Erano, piuttosto, solite al lasciare delle “trappole” per capire cose che si sarebbero potute capire anche in milioni di maniere più semplici, ma che per qualche motivo recondito, non utilizzavano. Che si trattasse di tattica, sadismo, ingenuità o di un semplice rasoio di Occam non applicato? Non si sa. Sapete cos’è il rasoio di Occam? È un ragionamento metodologico secondo il quale la soluzione a un problema è quella più semplice. E la maggior parte delle donne non ha la minima idea di cosa sia, perché di solito tendono a complicare cose che di base sono semplicissime. Il mio era un discorso molto generale, ma quando domandai a Hindy la sua opinione, lui molto fermamente mi rispose:
“Sai, alcune donne non sono fatte per essere comprese, ma per essere amate”
E in questo pensiero non potei che riconoscermi, lo ammetto. Arrivati alle rovine Reverie, fu come un sogno ad occhi aperti. Erano di un fascino unico: la flora aveva avvolto le strutture in pietra antica, disposte a formare una struttura circolare. Al centro troneggiavano una serie di ruote concentriche, quattro per l’esattezza, ciascuna divisa in sezioni contenenti forme varie.
Per capirlo dovrete fare un piccolo sforzo con la mente, immaginate di avere una pizza divisa in quattro. Ahh, una deliziosa e fumante pizza margherita. Ora, immaginate che sopra ci sia un’altra pizza più piccola, magari questa volta con salame e funghi. Su quest’ultima ce n’è un’altra, sempre più piccola, con le olive e sopra essa un’altra ancora senza pomodoro. Abbiamo una piramide di quattro pizze una più piccola dell’altra divise in quattro. Immaginate dopo di avere quattro ingredienti (es. cipolla, origano, pesto e pomodorini) e, su ogni pizza, metterne uno per trancio. Infine immaginate di togliere dalla margherita un cerchio per incastrare la salame e funghi, dalla salame e funghi quella per incastrare la pizza alle olive e così via.
La nostra “pizza”, però, era fatta di pietra e gli “ingredienti” erano simboli incisi.
Osservammo a lungo la macchina, in particolare Ness, che dall’inizio sembrava prestare attenzione a questi dettagli. Era sempre affascinato da questi macchinari, ma in generale dal funzionamento di tutte le opere d’ingegneria. Quel giorno le nuvole erano cotonate e il cielo molto azzurro, un peccato non poterselo godere a causa della foltezza del bosco. Si poteva scorgere solo qualche pezzo di cielo.
Le rovine erano illuminate quasi totalmente, rimaneva solo oscurata una piccola struttura di forma conica. La pietra dominava in questo paesaggio avvolto dal mistero e in queste strutture rudimentali dove un tempo l’uomo viveva. Sicuramente quel posto era molto suggestivo, non ai livelli del lago, ma comunque con un suo valore estetico. Quella mattina il clima era caldo, eravamo delle maledette grondaie in un pomeriggio di pioggia. Sis non sopportava il caldo, andava, infatti, in giro gongolando, stordita dall’afa. Stare al caldo per molto la rendeva nervosa e, in effetti, quel giorno lo era. Mi venne in mente un piccolo aneddoto con Ness. Eravamo al parco, morivamo di caldo, e avevamo girato per ORE alla ricerca di una fontana o un po’ d’acqua, elemento che sembrava essere scomparso dalla faccia della terra quel giorno. Vagavamo per la città senza un soldo e non c’era nemmeno un dannato barista disposto a darci l’acqua senza farcela pagare! Nemmeno un bicchiere! Quando trovammo una fontana che era purtroppo bloccata. Ness si guardò intorno, il suo volto s’illuminò e disse:
“Aspetta qui”. Dopo poco tornò correndo con due bottiglie in mano. Me ne lanciò una, la presi al volo e lui gridò:
“Corri!”
Nei primi istanti mi domandai il perché, ma mi bastò guardare verso sinistra per capire che eravamo inseguiti da minimo una decina di maratoneti che urlavano:
“Quelle le abbiamo pagate!”
Da quel giorno imparai che le idee di Ness necessitavano una previa autorizzazione da un qualunque adulto coscienzioso prima di essere messe in atto. Come andò a finire? Riuscimmo a fuggire, ma la bottiglia di Ness aveva il tappo mezzo svitato e quindi cadde tutta a terra e la mia era piena per metà e calda.
Quel giorno parlai un po’ con Mercy, diceva sempre poco di sé, ma parlava spesso delle altre persone. Non so se fosse una tendenza sua o si trovasse a disagio a parlare di sé con me. Fatto sta che io la ascoltassi a prescindere, bastava che lei mi parlasse! Nonostante la sua indole però, mi parlò molto di alcuni pettegolezzi e amicizie. Dite un po’, vorreste saperli, cari curiosoni, lo so, lo so. Ebbene parlò di tutti, tranne che, ovviamente, di me e lei. Disse di Sis che non sopportava quando s’impermaliva, che diventava silenziosa quando le veniva fatto un torto, comportandosi in maniera litigiosa, ma sotto sotto pure lei era così: quando s’indispettiva, non le parlava. La differenza sostanziale era che Mercy tendeva a ignorare, Sis a farlo notare, seppur involontariamente. Disse di Fay che talvolta tendeva a isolarsi, ma non perché si sentiva esclusa, solo perché lo voleva! Iniziai a pensare che Fay amasse stare in solitudine con una persona soltanto: se stessa. Raramente sentivo di lei andare in giro con una sola persona: o era in gruppo o non usciva. Lo faceva poche volte con Mercy, ma era plausibile essendo le due molto vicine come amiche. Disse di Hindy che trovava fosse un deficiente, che facesse solo la parte del pagliaccio nel gruppo. Sapevo bene che tutta quella cattiveria non era reale, lo faceva solo per dare un’immagine di lei che non era vera. Non sapevo perché volesse dare un’immagine anziché la sua persona, ma poi mi venne in mente che in fondo io ero il primo a farlo o ad averlo fatto. Poi arrivò a Ness. Trovava che fosse simpatico, ma che a volte fosse anche troppo gentile. Disse anche che trovava a volte il suo comportarsi ridicolo in certe situazioni e non le aggradava molto il fatto che talvolta fosse anche parecchio scurrile. Concluse dicendo che non le piaceva che fosse troppo sospetto in alcune situazioni (lo sguardo fisso, il tremore) e che, secondo lei, lui sapeva cose che noi non sapevamo. Non capii solo la parte delle situazioni ridicole, dato che quando si comportava così era nei momenti di ignoranza tra me, lui e Hindy. Per quanto riguarda il suo comportarsi sospetto, iniziai col vederla con un uno sguardo ironico, domandandole implicitamente:
“Ma dai? E da cosa lo avresti capito, scusa?”, però tolsi subito quell’espressione nel timore che lei mi vedesse e si offendesse. Poi mi chiese alcuni pareri riguardo cosa ne pensassi io. Non approvai solo su Hindy e Sis, dicendole del primo che lui non era così, ma molto più intelligente di quanto lei pensasse (anche se fece un’espressione del tutto non convinta) e della seconda che ignorarla non sarebbe servito più di tanto.
Chiacchierammo così a lungo che non mi accorsi nemmeno di essere arrivato. Erano le venti ed eravamo arrivati ad Elbourt di un’ora di anticipo rispetto al programma. Fay propose di entrare nella villa, stranamente aperta. Chiaramente Hindy e Ness erano impauriti, ma per non fare la figura dei conigli, entrarono lo stesso. Non era buio, di più, ed era spaventoso! Entrammo nella villa accendendo le torce, imbattendoci dapprima nel salone. Era coperto da un tappeto rosso scuro decorato con un motivo a forma di fiore giallo. Davanti al tappeto, le scale di marmo in disuso. A occhio sembravano molto pericolanti, ma in realtà mantenevano ancora la loro solidità. Il loro colore bianco, tempo fa, avrebbe dato luminosità alla stanza, ma, dopo decine di anni senza visite, parevano sporche. L’aspetto del salotto era molto rustico, per certi versi ottocentesco, ma poi mi resi conto della televisione della stanza accanto risalente agli anni ’60, probabilmente. Le finestre facevano passare un losco filo di luce, il quale illuminava uno scrittoio posto sulla sinistra, un vero pezzo di antiquariato, con solo dei libri di alcuni inventori: Alfred Nobel, Samuel Morse, Antonio Meucci e i Fratelli Lumière. Non mi ci volle molto a dedurre che chi in precedenza viveva qui dovesse essere un appassionato d’invenzioni, anche perché sugli scaffali di legno, posti intorno alla televisione a mo’ di libreria, c’erano alcuni modellini di varie invenzioni: la pila di Volta, un modellino in scala della prima automobile di Benz e una macchina da scrivere, o almeno quelle riuscii a riconoscere. Troneggiava, al centro, un tavolino di legno della prima metà dell’ottocento davanti al quale era sistemato un antico divano decorato in maniera sfarzosa e stranamente in buone condizioni, considerate quelle degli altri oggetti. La casa, a un occhio disinteressato, sarebbe parsa in disuso, ma era soltanto un po’ logorata dalla solitudine e dal silenzio. Ciò che creava inquietudine era invece l’ordine disarmante, come se il padrone avesse messo a posto prima di uscire, che avesse chiuso tutto a chiave e l’avesse buttata o semplicemente non avesse mai fatto ritorno. Quell’ordine dava l’impressione che qualcuno vivesse ancora lì. Procedemmo verso una porta posta alla destra dello scrittoio, che conduceva alla cucina. Mi spaventai moltissimo quando sentii una mano femminile molto gracile avvolgere la mia. Pensavo che fosse Mercy e invece no! Era sempre Fay, quella maledetta! Perché maledetta? Perché m’illudeva ogni volta! E siamo a tre con la domanda “A chi stai pensando?” all’inizio e alla sua sagoma fuori dalla tenda di prima mattina! Chiaramente non potevo dirle queste cose per due ovvi motivi:
1 Non ne aveva colpa, non lo sapeva
2 Se gliel’avessi detto avrei dovuto confessare che ero innamorato di Mercy ed io, sinceramente, mi sono sempre fidato poco di Fay per quanto riguarda i segreti.
Procedemmo verso questo corridoio più illuminato della sala precedente, infatti, riuscii anche a riconoscere i volti. Mi girai per verificare che tutti ci fossero e quello che vidi fu Mercy da sola, Sis e Ness uno accanto all’altro e Hindy…scomparso. Dissi quindi:
“Hindy dov’è?”
“Ah, boh, non so, era dietro di noi poco fa” rispose Sis. D’un tratto la porta in fondo al corridoio si spalancò e una sagoma iniziò ad avvicinarsi a noi lentamente, con passo calmo e pesante, uscendo da quella porta. Si fermò in penombra: non fui capace di distinguere i tratti del suo volto. Poi fece un passo avanti, con molta freddezza e placidità e poi esclamò:
“Oh raga, ma non eravate andati verso la cucina? Vengo da lì”. Era Hindy! Io con molta calma gli risposi:
“Oh, non ti preoccupare, ti stavamo giusto cercando, anzi, menomale che ti abbiamo trovato e che nessuno si è perso”
No, non è vero, gli urlai:
“MA PERCHÉ NON FAI MAI QUALCOSA DI UTILE NELLA TUA VITA? MI HAI FATTO PARTIRE IL VENTRICOLO DESTRO! PERCHÉ DEVI FARMI VENIRE UNA TACHICARDIA ACUTA SENZA CHE IO SOFFRA DI PROBLEMI DI CUORE?”
“Eh vabbè, mi ero perso” si scusò lui
Da questo punto in poi il dialogo dovrebbe continuare, ma siccome poi risulterei scurrile, preferisco non dirvi come andò a finire. Fatto sta che continuammo a vagare per la casa, e visitammo altre stanze di cui è inutile che vi parli. Una in particolare però, dove avvenne un fatto strano, ve la descrivo. Era una sala vuota e con un solo pendolo, che, come tutti i pendoli, ticchettava. La stanza era vuota: null’altro lì, se non una moquette rossa e decorata come il tappeto del salone. A un certo punto il pendolo suonò e la finestra si chiuse di colpo, squarciando il silenzio della casa. Ci spaventammo tutti: Fay si attaccò a Hindy, Mercy a Sis, ma Ness era lì. Era immobile, tremava e aveva perso colore, come nelle altre occasioni. Questa volta fissava la finestra ed era rimasto a bocca aperta. Dopo pochi secondi, caddero due lacrime dai suoi occhi e iniziò a respirare affannosamente, poi cadde a terra, e continuò a lacrimare senza distogliere lo sguardo dalla finestra e respirando sempre più affannosamente. Balbettava qualcosa che non si capiva udendo, ma che compresi in parte leggendo il labiale: pronunciò tre parole che non riconobbi e poi le parole “per sempre”. Lo presi, lo portai via dalla stanza lanciando la torcia a terra e dissi:
“Torno subito, prendete la torcia e non seguitemi”
Lo portai nella stanza accanto, lo feci sedere e gli presi le spalle e gli dissi:
“Ness, calma, sono qui…siamo qui e non c’è motivo di agitarsi” lui intanto continuava a lacrimare e ansimare, ma non mi guardava, osservava il vuoto
“Ness, cosa ti spaventa?” balbettò qualcosa a bassa voce, quindi ripetei:
“Ness, cosa ti spaventa?”
Sentii le seguenti parole:
“Mi bloccherà qui, per sempre”
“Chi?”
“Il bosco” rispose
Gli feci altre domande, che rimasero tali, sicché continuava a piangere e tremare. Dopo poco iniziò a riprendere il normale ritmo respiratorio e mi disse:
“Non ti preoccupare, mi passerà”
“Ma cos’hai?” chiesi
“Non posso spiegartelo”
“E allora perché ti comporti così?”
Disse qualcosa che non capii:
“Come?” domandai
Ripeté, questa volta con un tono di voce più alto:
“Perché so di essere in pericolo!”
Dopo che riuscì a calmarsi, lo portai nella stanza e notai che tutti quanti stavano fissando la porta. Io feci segno di non chiedere nulla e proseguire. Ness procedeva a occhi bassi. Nonostante il mio cenno Fay si avvicinò e chiese insolentemente:
“Perché ora stai così?”
Ness alzò lo sguardo e la fissò con espressione ostile. Lei non aggiunse altro. Ci avviammo verso casa e Sis mi domandò cosa fosse successo a Ness. Le risposi che aveva paura del bosco, che si sentiva in pericolo. Dopo parlai con lei di Mercy, di come stesse andando, di cosa avesse fatto lei quel giorno. Solo che quando le chiesi che possibilità avessi mi rispose:
“Secondo me puoi farcela, ma ricorda, lei non è l’angelo che credi”
“Come no? È tanto bella, gentile e…” replicai
“…e onesta pare! John, nessuno è perfetto” terminò Sis senza che potessi finire la frase.
Una volta arrivati a Casa, accendemmo il fuoco e andammo a cambiarci. Sentii dalla tenda delle ragazze urlare Sis:
“Ti sembra normale?”
“Cosa?” rispose Fay
“Dire in un momento del genere: “Perché stai così?”. Detto poi con quel tono saccente e seccato!”
“Che volevi facessi? Vedo che sta male e gli chiedo il perché!” contestò Fay
“Sì, e in una condizione del genere vuoi che te lo dica pure!”
“E cosa altro avrei dovuto fare in alternativa?”
“Non so, magari stargli accanto, come facciamo tutti noi, anziché tediarlo con domande inutili! Sei sempre l’ultima a vedere queste cose!”
“Non è vero, e poi io gli sono accanto come tutti voi”
“Ah si? E quando è stata l’ultima volta che gli hai parlato? Perchè da quando è iniziata questa gita, non gli hai rivolto la parola.”
“Se lui non si avvicina e non mi parla che ci posso fare?”
“Ah beh, ora è colpa sua che non ti parla, no ma, bella scusa, la userò come motivo per non parlarti” contestò Sis
“Allora se è così, anche Ness mi dà fastidio”
“Senti, non ho voglia di parlare con una persona così…così…come te!” e sentii Sis lasciare la tenda.
Poi andò verso la tenda di Ness e iniziò a parlare con lui. Non riuscii a capire quello cosa si stessero dicendo, ma di certo quest’ultima conversazione aveva toni molto più pacati di quella precedente. Sentii in alternativa una discussione tra Fay e Mercy, le quali stavano parlando di Sis e del suo essere “ingiustificatamente” scontrosa. Io trovavo le sue ragioni più che valide, poiché tutto quello che aveva detto era reale, mentre le giustificazioni di Fay non stavano in piedi. Parlarono anche di me e del fatto che odiassero il mio “mantenere loro all’oscuro di tutto”. Che ci posso fare? Un segreto è un segreto. E poi pensandoci non è nemmeno un segreto ciò che mi ha detto Ness: semplicemente non me l’hanno chiesto. Qualcuno potrebbe ribattere: “Ma tu hai fatto segno di non parlare, questo è mantenere la gente all’oscuro”. No, questo è adeguare le parole in base alla situazione, tentando di evitare che gente come Fay faccia domande inopportune, anche se alla fine le fa comunque.
Ci accampammo accanto al fuoco e iniziammo a fare i nostri tipici giochi. Ness sembrava aver calmato Sis stranamente, dato che era molto amichevole. Fay e Mercy sembravano ignorarla, quindi quella sera non ci furono ulteriori litigi. Facemmo i soliti giochi davanti al fuoco. Una serata (apparentemente) come le altre. Cominciammo con il gioco della bottiglia. Le regole erano queste: si girava una bottiglia due volte e i primi due che capitavano si dovevano dare un bacio. Dove? Sulla bocca, ovvio. Non sto qui a spiegarvi che coppia volevo che uscisse. Iniziammo con le prime tre coppie: Sis e Fay, Fay e Hindy, Mercy e Ness. Potete pensare che volessi morire in quel momento in cui uscì quella coppia, ma non era così, o meglio, era così quando scelsero la coppia ma Ness mi venne incontro: sapeva bene che ne avrei sofferto molto. Cosa fece? Si rifiutò per cinque minuti buoni finché non fu disposto ad avere non un bacio, bensì un tocco di una “molecola” di pelle delle sue labbra con un atomo di quelle di Mercy. Ne fui contento da parte sua (seppur bruciassi di invidia). Tra l’altro sembrava essere parecchio tranquillo, anche se abbassava lo sguardo ogni tanto. Poi le altre tre: io e Sis (aiuto), Mercy e Hindy (Mercy ci mise dieci minuti buoni per dare un bacio “alla Ness”) ed io e Ness (Volevo cambiare spazio dimensionale). Poi passammo a raccontarci segreti e Sis ci disse un suo terribile segreto che si teneva dentro da tanto e che Mercy e Fay erano curiose di scoprire, essendo venute a conoscenza di fatti che avevano intenzione di approfondire
“Quando andavo alle medie, ero più robusta di così e mi prendevano in giro. Mi chiamavano “Balena”, ”Cicciona” e con altri nomignoli molto cattivi. La gente sfruttò a suo vantaggio per deridermi anche il fatto che fossi solitaria. Adoravo disegnare ed era una delle poche cose che poche persone di cuore ma con poco coraggio mi dicevano ogni tanto. Come se non bastasse iniziarono a sfruttarmi pure per l’ora di arte, chiedendomi di fare disegni e poi ringraziandomi con un:
“Grazie, lardo di merda”.
A ricreazione mi rubavano le penne, mi buttavano via le cose dallo zaino. Durante educazione fisica mi prendevano in giro:
“Oh, abbiamo finito i palloni Missis, ci fai da pallone?” oppure
“Che c’è, sei stanca? Dimagrisci e impara a correre cicciona!” oppure mi spingevano e mi dicevano:
“Oh, Missis è caduta, chiamate la gru per sollevarla” e a volte rispondevano:
“Ma se spacca pure quella col suo peso”.
Ed io rispondevo ogni tanto, ma ridevano ad ogni mia parola. Poi iniziarono a far girare voci su di me. Dicevano che puzzavo, che venivo da una famiglia di barboni. Non mi sono mai motivata tutta questa cattiveria. Non riuscivo a uscire di casa senza vergognarmi e ogni tanto mi dicevo pure:
“Ma perché, sono dei cretini, perché non li ignoro e basta?”.
Poi fecero una cosa che oltrepassò il limite. Il ragazzo che mi piaceva mi regalò per San Valentino dei cioccolatini. Erano in una scatola forma di cuore. La aprii e non mi accorsi che tutti mi stavano guardando. C’era una lettera dentro, bloccata con un sigillo a forma di cuore e dietro c’era scritto “Al mio amore”. La aprii e iniziai a guardarlo con gli occhi che mi brillavano e il cuore che mi batteva all’ impazzata. Lui accennò con un sorriso dolce. “Su, leggilo”. Abbassai lo sguardo e l’unica cosa che lessi era una scritta :
“BALENA, DIMAGRISCI OPPURE SPERO CHE TU MUOIA AFFOGATA NEL TUO GRASSO”.
Scoppiai in lacrime, corsi via dalla classe piangendo sotto le risate di tutti, che continuavano a insultarmi. Alla fine potei sopportare altri due giorni, poi mi rifiutai di andare a scuola e mia madre me la fece cambiare. Ora sto bene con me stessa e so che la gente che mi diceva quelle cose perché era per il puro gusto di vedermi piangere, ma oramai ho superato tutto ciò per fortuna”
Ci fu un momento di silenzio collettivo: era un fatto molto triste. Ciò che apprezzai di più in lei fu il suo coraggio quella sera, perché riuscì a trattenere le lacrime e a riprendersi dieci minuti dopo averlo detto. Era chiaramente indicante del fatto che avesse sofferto e anche molto in passato. Mi piaceva descriverla così: coraggiosa.
Come già detto, dopo dieci minuti l’atmosfera si ravvivò e, dopo esserci raccontati altri segreti, facemmo una variante del gioco della bottiglia, dove il primo scelto obbligava il secondo a fare qualcosa. Obbligai Hindy a twerkare (scuotere il sedere in maniera provocante su un’altra persona) su Sis e Mercy a ballare la macarena con Fay. Ness fu costretto da Fay a farmi un ballo sensuale, e lo fece! Solo che lui, a causa dell’imbarazzo, era sensuale come una cassettiera. Lo fermai io dopo quattro secondi. Mercy obbligò Sis a togliersi l’intimo senza togliere la maglietta e pantaloni, e ci riuscì, per la legge dell’attraversamento dei corpi, legge fisica fondamentale secondo la quale un corpo puo’ attraversarne un altro se gli va. Poi mi obbligarono a limonare con Hindy. E per finire, Hindy voleva che io e Ness ci mettessimo sotto le coperte e simulassimo una scena di sesso. E LO FACEMMO! Ma solo perché ebbi un’idea geniale. Ci mettemmo sotto le coperte e dissi a Ness di fare un particolare movimento: il PESHO! Il pesho era un movimento inventato da noi che consisteva nello stendersi a terra e muovere su e giù le gambe e il busto in modo da simulare il movimento di un tonno spiaggiato. Per finire facemmo un gioco dove uno faceva una domanda all’ altro di qualsiasi tipo. Le domande salienti furono due: quella di Fay e quella di Mercy. Mercy chiese a Fay:
“Ti metteresti mai con Ness?” e lei rispose “Ma stai scherzando? Con lui? Scusami Ness, ma non lo farei manco morta”
Ness rispose allegramente con un
“Peccato, di solito mi piacciono le ragazze brutte ”
“Scusa?” disse lei
“No, non ti devi scusare, non è colpa tua” replicò lui. Iniziammo tutti a ridere tranne lei, la quale s’indispettì. A fine di serata andarono a parlare da soli.
La seconda domanda fu la più importante per me: Fay mi domandò se mi piacesse Mercy. Iniziai a sudare e lei a guardarmi con sguardo malizioso. Sapevo di non poter sfuggire o avrei dovuto mentire e deludere Mercy. Il mio respiro rallentò e il mio battito pure, avevo poco tempo e procrastinare sarebbe stata una scelta sbagliata. Avrei potuto rispondere qualsiasi cosa del tipo:
“È carina ma non è il mio tipo”
oppure
“Siamo amici e non di più”
o anche meglio
“No, perché ci conosciamo da troppo poco e non mi piacciono le cose fatte di fretta”
Ma no! Risposi all’inizio con un semplice: “No!”, ma sapevo che la domanda seguente non si sarebbe fatta attendere, e infatti Fay, subito dopo:
“Perché?”
Facevo invidia alla fontana di Trevi per quanto stessi sudando in quel momento. Il mio cervello era in allarme, ma evidentemente qualcuno al suo interno con una tazza di caffè in mano si fece spazio tra i colleghi che lavoravano nella mia testa e con molta spavalderia disse:
“Calma, non c’è motivo di preoccuparsi, basta fare così” e premette un bottone che mi fece dire una cosa di cui mi pentii:
“Perché non si fa mai gli affari suoi! Come fa a piacermi una persona così?”.
Volevo morire. Vidi lo sguardo di Mercy spegnersi e guardarmi delusa, poi disse: “Grazie John, ne avevo bisogno stasera”
E la serata si concluse lì.


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