Capitolo 12: Follie Preferenziali

20 2 0
                                    

Allora, credo mi tocchi darvi delle spiegazioni, d’altronde non avete nemmeno capito quale sia la soluzione del mistero, immagino. Ness era stato molo molto peculiare e preciso nell’utilizzo delle parole. Trovavo una connessione tra di loro, ma non riuscivo semplicemente a vederla. Beh, prima di tutto, ero nella tenda a scrivere le note, pensando triste e malinconico alla mia delusione. Dannazione! Non credo di poter essere stato più idiota di così. Alla fine sapevo che mi avrebbe detto di no, ma perché darmi una possibilità, anzi no, chiamiamola per quello che è: un’illusione! Come, e dico, come ho fatto ad essere così cieco?! Eppure ero stato avvisato, me l’avevano detto tutti! Ci pensai su per molto, sfogando ogni goccia di rabbia nell’inchiostro della penna sul block-notes. Scorreva con un misto di rabbia e tristezza, come un fiume di sangue. Nelle mie vene solo delusione, non sapevo, anzi, non volevo dire nulla, solo tacere. Così feci. Trovai però un’illuminazione nel buio della mia mente. Non fu immediata: stavo rileggendo le righe delle mie note, facendo attenzione a eventuali errori. Controllavo più volte: quelle note mi facevano sentire incompleto, non andavano bene. Dopo circa una decina di riletture mi accorsi di ricordare perfettamente le parole di Ness. Era un fatto straordinario per una persona come me, col cervello di una gallina, eppure ricordavo ogni singola parola. Iniziò a balenarmi un pensiero nella testa, che mi portò a rileggere proprio quelle parole. Di certo non stava parlando normalmente in quel momento, non era solito che fosse così criptico, nel parlato perlomeno. Poi lessi una parola, intermittenza. Aveva senso nel suo contesto, eppure avrebbe potuto benissimo esprimerlo in altre parole, insomma dava un’aria di ambiguità all’intero periodo. Spremetti le meningi, rilessi le mie note, ma nulla. Lasciai perdere. Le seconde a impressionarmi, però, furono le parole porte bloccate e porte aperte. Mi venne subito in mente la porta bloccata a Villa Elbourt. La peculiarità in questo caso stava nell’utilizzare la parola “bloccate” e non “chiuse”. La porta bloccata più importante era proprio quella ad Elbourt. Avevo però troppe incognite per risolvere il mistero, dovevo informarmi: mi armai di mappa e lettera di addio di Ness (quella con tutte le scritte su come risolvere il mistero). Su VE c’era scritto 59’ 59” > 0”. Non era una disequazione, sarebbe stata ovvia. Magari i tre numeri corrispondevano a delle lettere da inserire nella combinazione per aprire la porta. Più volte ricorreva il numero tre, pareva che Ness vivesse nel 1300 a Firenze. Non mi veniva in mente nulla. Presi la lettera di Ness: “La ragione è la vostra chiave”, diceva a fine lettera. Spostai lo sguardo su ciò che era scritto dopo: in ogni luogo seguendo l’istruzione avevamo trovato qualche cosa di particolare:
Nel Great Void quei segni sulla parete, visti da Hindy. Nelle Rovine Reverie le combinazioni sulla ruota, che avevo trascritto da qualche parte; e a Villa Elbourt l’orologio, che batteva solo una volta. Anche in questo caso erano tre i luoghi, ma il loro ordine era sparso nella lettera, rispettivamente 1,3,2. Presi la mappa, ma non mi diceva nulla. Ripresi in mano le note e rilessi attentamente le sue frasi. Notai come la dannata parola intermittenza rimbombasse anche nella lettera. Arrivò quindi a impressionarmi la terza frase che mi disse nel bosco combattendo il lupo: “è la stessa che morse il tuo animo”
“Morse, che significa? Poi che frase è?” pensai
Come un fulmine mi venne in mente lo scrittoio a Villa Elbourt, senza motivo. Ricordavo tutti i libri e che ne mancava uno rispetto alla prima volta che la esplorammo…quello di Morse! Ecco perché avevo collegato con il libro il verbo. Capii anche il perché di intermittenza: c’entrava il codice Morse! Avevo capito: era presente da qualche parte un codice Morse, ma non sapevo dove. Osservai attentamente le note, cercando una risposta, ma non la trovai finchè non vagai con la mente e mi accorsi di una particolarità: il codice morse è un codice a intervalli, dove il tempo è cruciale; un punto vale un tocco, una linea tre continui. Non vi pare simile a qualcosa? Ad ogni modo avevo bisogno di una mano. Presi le carte e uscii dalla tenda con spavalderia:
“Ho risolto il mistero”
“Finalmente sei uscito da quello schifo della tua tenda” commentò Fay
“Ehi, taci tu, io ho scoperto il mistero”
“Si, proprio tu” commentò lei
Fece un sorriso di simpatia, lasciandomi procedere. Spiegai loro quanto scoperto cercando di chiarire ogni dettaglio. Quello che ottenni fu solo una serie di sguardi storditi e confusi. Si guardavano tutti l’un l’altro, simbolo del loro non aver compreso. Mi spiegai meglio
“Non ci credo” affermò fermamente Hindy
“Non ci credere, eppure quasi tutto coincide” ribattei
“Si ma non è malata fino a questo punto la cosa” contestò lui
“Infatti” aggiunse Fay “Poi lui quando mai progetterebbe una cosa simile?”
“Ne è capace” rispose Sis
“Comunque” conclusi “Ho bisogno di qualcuno che conosca il codice Morse”
“Io non lo conosco” si alzò Sheryl “Però nella Villa c’è un libro che parla proprio di quello, con tanto di tabella per leggerlo”
“No, quello è scomparso” dissi io
“Impossibile, era lì e lì deve essere”
“Me lo ricordo perfettamente, quel libro non c’era”
Discutemmo per un po’, ma alla fine giungemmo alla conclusione che per trovare Ness sarebbe valsa la pena provare. Ci mettemmo tutti in cammino, verso la villa. Il bosco non poteva essere che felice, sorrideva per quanto allegro. I suoi colori erano vividi, accesi, mi sentii per la prima volta tranquillo in quella selva. Camminavamo tutti di fretta, ero in ansia di raggiungere quella villa dannata. Iniziavo a credere che la soluzione fosse davvero lì. Ci avvicinammo alla struttura. Rimaneva quella macchia nera su sfondo bianco, che sporcava l’allegria del bosco. Incuteva sempre timore, nel bene o nel male. Attraversammo la porta scricchiolante e avanzammo con le torce accese. La casa rimaneva pulita, ma sempre buia. Raggiungemmo il famigerato scrittoio: non credevo ai miei occhi, il libro era lì. Dopo poco però mi resi conto di avere ragione:
“Perché è al centro della scrivania e non impilato come gli altri?” domandò Sheryl
“Cosa?” chiese Fay
“Il libro”
“Boh, non ne ho idea”
“Che strano” replicò Sheryl
Ci ponemmo tutti la stessa domanda e rimase senza risposta, per quanto semplice fosse. Fu Sis a supporre che:
“Qualcuno è venuto qui prima di noi e l’ha spostato”
“Infatti io non ricordavo ci fosse il libro” risposi
“Quindi…” disse dubbiosa Sheryl “Voi sostenete siano entrati prima di noi?”
“Sia” la corresse Hindy “Non sono state più persone, è stato solo Ness”
“E come faceva a sapere quando saremmo venuti?” domandai
“Non ne ho idea” rispose lui
Mercy se ne stava dietro con Fay, parlavano l’una all’altra di nascosto. Non volli sapere che si stessero dicendo, tanto che la guardai un po’ male e tanto bastò per farla smettere. Decidemmo quindi di metterci all’opera: aprimmo il libro. Andammo senza esitare alla tabella delle combinazioni. Era una tabella dove accanto a ogni lettera o numero c’era una serie di punti e linee, ad esempio la A era affiancata dal “punto-linea”. In cima c’erano quattro regole, di cui tre erano cancellate e una sola rimaneva: la prima
“Una linea corrisponde a tre punti”
Le altre, sebbene Sheryl le ricordasse vagamente, erano illeggibili:
“Se la teoria di Hindy è vera, allora Ness le ha cancellate” sostenne Fay “Oppure già lo erano?”
“No” sostenne fermamente Sheryl “Mio nonno lavorava in telegrafia. Non avrebbe avuto senso cancellarle”
“E se fossero stati i tuoi genitori?” domandò Fay
“E perché avrebbero dovuto? Nemmeno lo utilizzavano il telegrafo”
“Quindi la più probabile sembrerebbe essere che Ness è stato qui” affermò Mercy
“Si, ok, ma ci deve essere una relazione tra questo libro, quindi il morse, e le lettere di Ness”
“Dammele” ordinò Sis
Le esaminò a lungo, girando la testa più volte e muovendo gli occhi da un foglio all’altro. Dopo circa dieci minuti trasse la sua conclusione:
“Ci sono tre scritte che portano a una combinazione finale, ogni scritta (ad esempio GV…)corrisponde a un lettera da inserire nella combinazione della porta bloccata”
“Si, ma cosa c’entra col morse?” domandai
Sis tentò di aprire bocca, ma fu interrotta da Fay: “Abbiamo ottenuto qualcosa di simile a un codice morse alle rovine” Sis annuì, poi intervenne Mercy:
“Anche qualcosa di simile qui, presso l’orologio, se consideri i battiti dell’orologio come punti”
Hindy leggeva il foglio intanto che le ragazze parlavano. Appena finì alzò lo sguardo e esclamò:
“Anche presso il Great Void ho trovato qualcosa di simile”
“Ragazzi” alzai le mani “Spiegatevi, avete capito solo voi”
Iniziò Fay:
“Guarda che presso le rovine abbiamo ottenuto una serie di combinazioni, te le sei scritte, vero John?” annuii “Bene, dammele qua” gliele porsi “Ecco, tra queste vi era rettangolo-cerchio-rettangolo-rettangolo”
Rimasi ancora dubbioso:
“E quindi?” domandai
“Come e quindi?” intervenne Sis “Rettangolo-cerchio-rettangolo-rettangolo, quindi linea-punto-linea-linea”
Iniziai a capire il funzionamento di tutto l’apparato. Domandai anche agli altri cosa avessero capito, Hindy mi spiegò di aver visto nel GV tre linee e che in qualche modo queste dovevano essere collegate al morse. La sua intuizione provenne dal suo aver letto che una linea sono tre punti:
“Adesso che mi ricordo, le penultime due linee erano distanti circa tre volte in più rispetto alle altre”
“Cioè?” domandai
“C’erano cinque linee verticali parallele, ma messe a distanze diverse. Le prime tre linee e le ultime due avevano una distanza, no? La terzultima e la penultima però avevano una distanza tre volte più grande”
“Quindi?” lo intimai a continuare con un gesto delle mani
“Quindi immagina di disegnare un punto negli spazi piccoli e una linea negli spazi grandi: punto-punto-linea-punto. Ingranai la prima nella mia mente e iniziai a comprendere la soluzione, ma ne ero ancora distante. Rimaneva il mistero dell’orologio. Mercy aveva giusto avuto un barlume di idea su cosa rappresentasse. La guardai come fosse la mia ultima speranza. Purtroppo il mio cuore ancora batteva per lei, ed era molto sconsolante sapere di esserle accanto, ma distante da lei. Quando qualcosa ti lega a una persona, nulla e nessuno, nemmeno la persona in questione, potrebbe mai dividerti. Il problema dell’amore è il suo essere come un foglio di carta: non lo puoi rompere se non strappandolo. E lei mi aveva strappato in due il cuore, forse ne era pure felice. Potevo vagare pure con la mente, eppure lei rimaneva lì, a spiegare cosa significasse l’orologio, o almeno tentandoci:
“L’orologio nasconde un codice Morse” affermò
“E si, questo lo abbiamo capito, ma prima cosa intendevi?” intimò Sis
“Nulla, ci sto pensando, che ti posso dire” ribadì ridacchiando come al suo solito
Ci dovemmo riflettere parecchio su, prima di giungere a una conclusione concreta. Sheryl ebbe un’intuizione dopo un po’:
“Sentite, ma solo io ricordo che il pendolo non funzionava bene?”
“Ma si, sarà perché è vecchio” commentò Fay
“No, è secolare quel pendolo e ha sempre funzionato” ribatté, prima che teorizzasse: “E se Ness avesse manomesso il pendolo?”
Ci guardammo con fare dubbio, ma riconobbi che quella soluzione era plausibile, Fay però riuscì a battermi sul tempo:
“Datemi il foglio” ordinò con il tono che utilizzava sempre per farsi autorevole “Supponiamo che siano minuti e secondi questi qui” indicò il 59” sul foglio “Questo matematicamente è un maggiore…” fece una lunga pausa, sbarrando gli occhi, come avesse capito qualcosa: “…ma simbolicamente potrebbe tranquillamente essere una freccia”
Aveva dannatamente ragione! Era così stupido che ci pensai su e contestai la sua idea, ma aveva ben supposto, non aveva detto una fesseria. Fece un collegamento alquanto contorto:
“Il pendolo era difettoso, diciamo, aveva fatto ticchettare un secondo e poi aveva battuto una sola volta. Non poteva però essere un difetto: quell’orologio funziona da secoli, quindi qualcuno l’ha manomesso per farlo battere così. Pensateci, qui c’è scritto 59’59”>0”, se è una freccia significa che dopo il minuto 59 e 59 secondi, stanno zero secondi, l’orologio riparte da capo.”
Ancora non capivamo, la intimai con un:
“Quindi? ”
“Quindi, fammi finire, pensate al suono che avete sentito: il suono della lancetta che batte il secondo è lento e immediato, mentre il pendolo che batte l’ora ha un suono forte e lungo, che rimbomba”
“QUINDI?” la esortai nervoso
“Quindi, punto-linea, brutto scemo!” urlò
Collegai tutti gli elementi e appresi che avevamo ogni codice morse per luogo. Aprii il libro e convertii i codici in lettere. Questo andava con questo, questo con questo, poi metto tutto in ordine e… Il libro mi cadde di mano, non volevo crederci, eppure avevo convertito bene. Se la ragione era la nostra chiave, allora Ness aveva scelto una chiave che mai avrei sognato. Era inquietante quella risposta, magari un errore, ma non poteva essere un errore così casuale. Mi prese un po’ lo sconforto, rimasi senza parole. Piegai il foglietto con il codice e lo misi in tasca, ancora pallido, feci cenno ai ragazzi di seguirmi. Volevano tutti sapere quale fosse la chiave, ma attesi di arrivare alla porta per parlare.
“John, ci vuoi dire qual è la chiave o no?” disse infastidita Fay
Mi girai verso di lei e la guardai: era inconsapevole, poverina, del codice che stavo per digitare. Diedi le spalle a tutti, mi chinai e mossi il dito verso la serratura, spostai con il dito i tre rulli per ottenere una sequenza di lettere: FAY. Un colpo metallico della porta mi fece capire che non avevo tradotto male. Mi voltai verso Fay: il suo sguardo era impietrito, la sua bocca spalancata, le sue sopracciglia incurvate verso l’interno:
“Perché sono io la chiave?”
La vidi, ero spiazzato, come lei, come tutti, ma avevamo solo un modo per capire cosa stesse accadendo. Spingemmo la maniglia e la porta si aprì scricchiolando. Varcammo la soglia e osservammo la stanza: era decorata con un gusto molto classico ed era molto illuminata. Tra le librerie di mogano e i divani antichi, in tutta la stanza a comandare era il rosso. Fummo spaesati, del tutto, ci perdemmo in quel piccolo antro. A un certo punto un odore di caffè pervase la stanza e la porta in fondo alla camera, posizionata dietro una scrivania, si aprì. Sentimmo dal suo interno una voce:
“Quanto diamine ci avete messo! Per fortuna che ho fatto il caffè, almeno!”
Dall’uscio si scorse dapprima un’ombra, poi una sagoma, finchè il suo volto non si fece chiaro come la luce: NESS! Fummo tutti confusi, ma il mio primo gesto fu spostare chiunque e qualsiasi cosa. Lo presi tra le mani e lo abbracciai stringendolo molto forte:
“Ci sei mancato” dissi
“Mi fai male” lamentò a denti stretti “Comunque anche a me”
“Perché te ne sei andato?” domandò Sis
“Ne avevo bisogno” rispose tranquillamente mentre versava il caffè “Non riuscivo più a stare in quel maledetto bosco, anzi…” alzò lo sguardo verso di noi e fece una piccola pausa “…con un preciso albero”
Era vestito in modo elegante, con una giacca nera e una camicia bianca. Sapevamo tutti che adorasse vestirsi elegante per un motivo non precisato. È probabile che gli desse un senso di importanza di cui aveva bisogno, sempre per un motivo non precisato. Ness era così, aveva sempre bisogno di sentirsi come voleva essere, anche se non era necessario che fosse come avrebbe voluto, solo sé stesso. Me lo confessò più volte: lui era convinto di apparire meglio di quello che era. Lui non voleva essere così, si sentiva limitato, sapeva di essere una persona migliore, secondo il suo pensiero, ma in realtà non era nemmeno lui. Aveva di continuo dubbi e sempre dubbi. Lo riconoscevo in quel momento, purtroppo: aveva gli occhi lucidi e stanchi e il viso che accennava un sorriso di amareggiamento, eppure si muoveva con gesti decisi, fatta eccezione per le dita, che leggermente gli tremavano. Gli occhi di Fay, intanto, già erano specchio. Fece una pausa e poi domandò:
“Perché sono io il codice di apertura?”
Ness la fissò, poi fece un sorrisetto e abbassò lo sguardo, iniziò a sorseggiare il caffè con tutta calma e una volta finito, lo poggiò con pazienza sul tavolo, poi chiese:
“Sai Fay di cosa avessi paura?”
“Del bosco?”
“Errore, avevo paura di un albero, sei poco attenta, vedo” gli occhi blu di  si fecero più lucidi “Io avevo paura anzi, di qualcuno, è normale la paura no?”
“Avevi…” lei si mise una mano sulla bocca “…avevi paura di me? Non capisco, cosa ti ho fatto? Perché dovresti avere paura di…”
“Perché sei tu!” Ness batté il pugno sul tavolo “Ma a quanto pare a te non interessa, vero? Oh, sei così intelligente, eppure non capisci un concetto così elementare! Come è possibile, eh?” il suo tono si faceva sempre più alto
“Cosa ti succede Ness?” la voce di Fay iniziò a tremolare
“Ness non ti riconosco” aggiunse Sis
“È perfettamente normale che non mi riconosciate” si avvicinò a loro “Questo è quello che io voglio, quello che ho sempre voluto. Fay, dimmi, tu sai cosa si cela dietro Ness? No che non lo sai, perché Ness è solo un amico, una persona, particolare, un po’ strana, ma comunque senza problemi e sempre allegra. Qualsiasi sia il mio problema non è affar tuo, perché non ti importa di qualunque cosa mi affligga”
“Questo non è assolutamente vero!” ribattè
“Oh si che è vero, più volte sono stato FISICAMENTE male e tu? Tu nulla, e quelle volte che ti preoccupi il tuo tatto nel parlarmi mostra il tuo vero volto!”
Ness aveva ragione, quando stava male lui, in molti casi, lei era del tutto carente di tatto, ma ignorava un importante particolare: Fayde non era affatto una psicologa, anzi l’empatia non era esattamente il suo forte. Oltretutto, non era una persona che sapeva come comportarsi in certe situazioni e questa la faceva reagire in modo istintivo. Per farvi un esempio, se una persona le cadesse addosso piangendo, lei non saprebbe cosa fare, risponderebbe istintivamente, e di certo non sarebbe delicata quanto uno si aspetterebbe vedendola.
“Io mi preoccupo per te, non so perché adesso tu mi stia accusando!” la prima riga le cadde sul volto
“Perché tu non hai idea di quante lacrime io abbia versato a causa tua, della sofferenza che mi hai portato, ed è solo colpa tua e della tua freddezza, del tuo amare la gente che ti odia, io non sono così e quindi? Merito meno di loro di avere la tua attenzione? Bene!”
“Ness ma cosa dici?” le lacrime si fecero più numerose “Io ci tengo molto a te insomma…che colpa ho? Lo sai che tu sei importante per me e…” non riusciva a parlare per i singhiozzi “…Insomma non avrei mai voluto diventare questo per te, nemmeno lo immaginavo, ma…io…io…non ti ho mai ignorato e…e…s-se…semmai lo avessi fatto…non volevo, ecco!”
“Peccato sia tardi” iniziò anche lui a piangere “Peccato che oramai mi hai fatto del male, peccato che oramai Ness sia scappato!”
“Fermi!” Hindy tentò di calmare le acque “Ness, di sicuro avrà le sue colpe, ma stai esagerando”
“Spostati, io esagero dove e quando mi pare!” esclamò
“Hindy ha ragione, Ness” la difese Sis
“Si, vero” aggiunse Mercy
Fay cadde sulle ginocchia, mettendosi le mani in faccia per il pianto. Vederla disperarsi non era mai un bello spettacolo, era lì, che piangeva a dirotto e non aveva il coraggio di aprire bocca se non per singhiozzare, mentre le lacrime le accompagnavano la mano e i suoi lamenti cantavano il suo dolore. Le ragazze le furono subito accanto per consolarla.
“Ness, non voglio che tu mi odi così!”
Ness fece un verso di rabbia, alzando la testa e mettendosi le mani sugli occhi:
“È PROPRIO QUESTO IL PROBLEMA” emanò un verso furioso “IO NON RIESCO AD ODIARTI! Sei sempre stata tu il mio problema. Avessi potuto ti avrei già eliminata dalla mia vita, ma no, tu ogni volta ritorni e non vai via.” riprese fiato “Ho dedotto quindi dopo molto tempo di ragionamento che il problema in realtà sono io!”
“No, ma che dici?” domandò arrabbiata Sis “Ness, stai dicendo solo una marea di cazzate, te ne rendi conto?”
“Si Sis” il suo pianto si fece più impetuoso “Me ne rendo conto, ma per troppo tempo mi sono sentito incatenato, sempre costretto a sentirmi inferiore, sotto chiunque, in qualunque senso. Ora voglio solo dire basta! Io voglio essere artefice della mia vita e non voglio che nessun’altro lo sia.”
Si avvicinò alla scrivania e prese una cosa, si sentì una sorta di “Tlac”, come un incastro, poi la mise in mostra: UNA PISTOLA!
“NESS!” urlai “Non fare cazzate, ok? Passerà”
Anche Hindy tentò di avvicinarsi, ma senza successo. Le ragazze sobbalzarono dallo spavento
“Tranquilli” disse con le lacrime agli occhi “Avrei dovuto dire a quell’idiota di non usarla, mi dispiace che vi siate fatti del male”
Fece scorrere la mano sul carrello, espellendo con un rumore metallico il bossolo, che rimbalzò a terra. Lui ancora armeggiava con il ferro, mentre noi ci avvicinavamo a lenti passi per sottrargli l’arma. Non appena però si accorse che ci stavamo avvicinando, ci intimidì con un:
“Ve la punto se vi avvicinate ancora”
Ci fermammo tutti, poi dopo una pausa, vedemmo le sue lacrime riprendere a colare, quindi tentai di calmarlo:
“Ok Ness, ora poggia la pistola e vieni con noi”
“No, non vengo con te” disse con voce molto rattristata
“Ness, per cortesia, ascoltami”
“Scusami se diserto, ma preferisco…” iniziò  a tremare, impallidì e fissò lo sguardo.
“Preferisci cosa Ness? Per cortesia, vieni con noi, te lo chiedo per cortesia, ascoltaci”
“No” sbatté le palpebre e poi fece un sorriso sofferente. In una rapida azione puntò la canna verso la gola:
“Preferisco morire d’amore”
BANG!

Il boscoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora