Il fastidioso fantasma della sua coscienza lo stava implorando in modo ormai perpetuo di fermarsi mentre guidava nervoso nel buio della notte ormai sopraggiunta. Lo sguardo pervenuto delle sue iridi scure era fisso dinanzi la strada fluente, il piede premuto con forza sul pedale dell'acceleratore. Frammenti di città scorrevano dal finestrino fugaci come il flash di una macchina fotografica confondendone la bellezza delle sue luci e colori; il sangue defluiva nelle vene gonfie alla stessa velocità con cui l'auto sfrecciava sulla carreggiata, superando tutte le altre code che lente invece procedevano ad andatura moderata.Le mani di Jungkook erano incollate al volante della sua Mercedes nera, un gioiellino di alta classe che i suoi genitori gli avevano discretamente regalato non appena la candelina della sua tanto attesa maggiore età fu spenta; la mandibola ormai pronunciata era serrata in una morsa ed il respiro, lento ma profondo, visibile sotto lo strato sottile di una camicia di seta, destava spazio ad un irrefrenabile e folle impulso di guidare alla cieca, verso posti della bassa Corea del Sud a lui ancora sconosciuti fino al sorgere dell'alba successiva.
Più si avvicinava alla destinazione prestabilita, guardando inquieto il contachilometri staccare come in un countdown diversi numeri di volta in volta, più il suo corpo si abbandonava ad uno stato increscente di tensione difficile da placare. Il suo addome era in subbuglio, nausea e disgusto avrebbe detto ma pura eccitazione invece accertò, ed il suo cuore ... Jungkook fu sorpreso di sentirlo battere più forte che mai, di sapere che era lì, nella sua alta parte sinistra, non più quiescente come ormai era abituato a percepirlo. Con la freschezza dei suoi 22 anni appena suonati, Jungkook sentiva di aver ripreso tra le mani i primi arbori di un'adolescenza sfuggita a lui troppo in fretta, quando ci si infatuava di un sorriso timido, di guance rosse e occhi d'incanto. Quando il senso di ribellione - la bramata libertà - sembrava essere l'unica priorità da ottenere in quella vita. L'unica via di scampo.
Sin da ragazzino la sua famiglia gli aveva insegnato con regole rigide a tener contegno dei propri sentimenti dinanzi ad occhi esposti, spiegato come una dottrina che uomini di potere come lui non dovevano far sfoggio dei propri punti deboli ma apparire freddi, irraggiungibili, a volte persino temuti. Con loro grande rammarico, il giovane avvocato non riuscì mai a sentirsi parte integrante di quell'insulso stereotipo da loro dettato. Lui, tanto stanco di conservare il suo cuore sotto una fin troppo fragile campana di vetro, voleva provare sulla pelle il brivido del rischio, farsi male fino a sentire quel muscolo pulsante sanguinargli nel petto, sentire il vuoto sotto i piedi e la mancanza di respiro strangolarlo. Jungkook sapeva che l'amore somigliava a quello: una felicità presente che poteva svanire in un attimo dopo come polvere spazzata via dal vento, un vortice di emozioni da cui aveva imparato era impossibile uscirne illesi, capace di inghiottire, se non uccidere nel peggiore dei casi.
Così, fermo sull'opposto ed isolato marciapiede, il moro osservò mordendosi le labbra la porta girevole dentro cui sapeva avrebbe avuto modo di provare - e scoprire - una volte per tutte la reale natura dei suoi presentimenti. Non sapeva per certo cosa Jimin pensasse di lui, non lo conosceva neanche così bene, ma attraverso la profondità dei suoi scintillanti occhi color nocciola il giovane avvocato era cosciente, se non del tutto certo, che quella scarica elettrica che intercorse fra loro, l'intesa che legò - quasi in maniera telepatica - le loro menti quella sera, Jimin l'aveva avvertita in egual modo.
Era cominciato tutto come un gioco, una difficile partita a scacchi che portò però Jungkook a diventare pedone della sua stessa scacchiera, burattino dei suoi stessi fili. Il sorriso di Jimin gli appariva ormai in sogno come fiamma ardente, la sua ingenuità e bontà d'animo le uniche ad esser state in grado di abbattere quelle pareti difensive di cemento armato che anno dopo anno, con tanto lavoro e fatica, aveva innalzato attorno a sé. Jungkook stava andando incontro ad un bivio, o forse soltanto un vicolo cieco, tutti quei segnali sarebbero potuti essere soltanto frutto della sua volatile immaginazione ma se, con una punta di egoismo, non avesse provato, tentato di capire cosa stava realmente accadendo dentro di lui e dare così un nome a quel subbuglio infernale, era certo non si sarebbe mai dato tregua.
STAI LEGGENDO
You got the Best of Me ✧ Jikook
RomancePark Jimin lavora come cameriere in uno dei ristoranti più ambiti di tutta Seoul. La sua è una vita stabile, circondata da amici, divertimento ed un grande sogno nel cassetto: quello di diventare un ballerino professionista. Tutto cambia quando inco...