War Zone

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Lo odiava.

Quel maledetto suono che sanciva l'inizio di un nuovo giorno, di un'alba appena sbocciata, Jungkook lo odiava terribilmente. Erano le sette scoccate in punto quando la sveglia del cellulare, posto sul comodino di fianco al suo letto, cominciò a risuonare a gran volume per tutta la sua stanza, strappandolo bruscamente dal quieto sonno in cui da ore era ormai calato.

Jungkook detestava uscire dal calore delle sue coperte di prima mattina, quel rifugio sicuro attraverso cui soltanto i suoi sogni erano i benvenuti, soprattutto quando fuori la città - ancora calma e dormiente - era coperta da strati di soffice neve bianca. Il giovane avvocato dischiuse gli occhi con lentezza e fatica, guardando le luci flebili del sole non ancora caldo penetrare dalle persiane fino allora abbassate, e raggiungendo con colpo di mano l'apparecchio squillante per porre così fine a quel suono infernale.

La serena pace, caratteristica principale per cui aveva scelto di comprare quella casa, ritornò a far da padrona a poco a poco e Jungkook con un braccio a penzoloni e una guancia schiacciata nel morbido cuscino, sapeva che se non si fosse alzato nell'arco di quella manciata di minuti sarebbe finito col precipitare nuovamente fra le braccia di Morfeo. Dopo aver ricollegato i fili del suo cervello e fatto pace con il mondo reale, si raddrizzò con un grugnito mettendosi a sedere e guardando il suo gatto, raccolto in una piccola palla di pelo, ronfare beatamente accanto a lui. Jungkook lo accarezzò dolcemente abbozzando un sorriso; quando l'avevo trovato fuori la sua porta, tremante e al riparo da una fitta tormenta, Maru zoppicava ed era grande quanto il palmo della sua mano. Jungkook era riuscito ad accoglierlo in casa e, con polso fermo e tanta pazienza, beccandosi anche qualche graffio di tanto in tanto, a medicare e fasciare la sua piccola zampa infortunata.

Da un incontro nato per caso, un improvviso arcobaleno apparso nella sua vita, Maru cominciò così giorno dopo giorno ad abituarsi al calore di quella casa e alle viziate attenzioni che di sua volta il corvino con tanto amore era solito donargli. Jungkook non riuscì più a sbarazzarsi di lui, Maru era la sua simbiosi, il suo piccolo migliore amico. Colui che lo aspettava la sera di ritorno dal lavoro e colui senza il quale, Jungkook stesso, non riusciva più ad addormentarsi senza aver prima ascoltato in sottofondo il dolce suono delle sue fusa.

Quando il micio si sveglio e balzò giù dal letto, aspettando miagolante ed indulgente che il suo padrone lo seguisse, giunse così anche per Jungkook il momento di alzarsi. Con indosso i soli pantaloni sgualciti del pigiama, il giovane avvocato si trascinò lungo il corridoio fin verso la cucina laddove si accinse a preparare la loro ordinaria colazione: un'abbondante ciotola di croccantini per Maru, pancakes proteici ed una tazza di caffè amaro per lui. Jungkook si godette quelle delizie e quel momento di tranquilla familiarità per brevi attimi, finché il suo cellulare posato su uno dei banconi non cominciò insistentemente a vibrare, segno che qualcuno della sua presenza proprio non poteva farne a meno.

Il moro lo prese scrollando, con un forchetta di cibo portata alla bocca ed espressione annoiata dipinta sul volto, i numerosi messaggi di suo padre presenti sullo schermo i quali lo invitavano, gentilmente ma con persistenza, a non tardare all'importante riunione di ufficio che quella mattina si sarebbe tenuta nel suo studio. Jungkook eliminò le notifiche una ad una senza neanche visualizzarle, approfittando invece della comodità del tempo a sua disposizione per stuzzicare ancor di più i nervi dell'uomo da cui aveva ereditato quel famoso cognome.

Fra tutte quelle raccomandazioni, un messaggio in particolare catturò però la sua attenzione. Un testo semplice, di poche righe, che fu in grado di deformare i tratti apatici di Jungkook per accogliere invece le curve di un radioso e splendente sorriso. Il primo di quella giornata.

 Il primo di quella giornata

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You got the Best of Me ✧ JikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora