"Ti ricordi la prima volta in cui ci siamo visti ?" chiese Namjoon a Jin mentre guardavano scorrere veloci i titoli di coda di un film appena visto insieme: una commedia divertente e di poco spessore in cui la protagonista, giovane e di bell'aspetto, trascorreva la sua intera vita a rincorrere per amore il volto di un uomo sognato, per poi ritrovarlo, anni a seguire, attraverso una serie di paradossali ed assurde coincidenze seduto accanto a sé al tavolino di un bar di periferia. Jin era disteso sul divano con la testa poggiata sulla sua spalla, le braccia possenti cinte intorno al suo addome rilassato. "Eravamo all'aeroporto" rispose accennando un sorriso, "Mi chiedesti disperatamente di aiutarti a cercare il numero del tuo gate perché ti eri perso".
"Non mi ero perso!" precisò Namjoon, "Lo sai che all'Incheon c'è sempre troppa confusione. Le persone urlano, corrono, quasi non riesco a pensare".
"Perché non ammetti invece che il tuo senso dell'orientamento non è mai stato dei migliori ?" Jin sollevò il viso per osservare al meglio le labbra piene del suo ragazzo piegarsi in un adorabile broncio, il solito che lui metteva quando fingeva di essere offeso. Namjoon possedeva una bellezza disarmante, a tratti, persino invidiabile: dal fisico asciutto e tonico, i capelli ondulati – ora – di un tenue castano chiaro ad incorniciare i lineamenti del viso perfettamente proporzionato. I suoi occhi erano neri come il buio della notte, di una forma ondulata di cui Jin non riuscì mai a trovarne l'aggettivo perfetto che potesse descrivere appieno la loro lucentezza.
"Va bene, confesso: potrei avere qualche problema ad afferrare le giuste direzioni" assentì "Ma non puoi negare di esserti comportato come un pazzo quel giorno".
Le mani del maggiore giunsero sul viso a coprirsi gli occhi e le guance rosee di imbarazzo nascente. Jin era sempre stato un ragazzo impulsivo ed avventato, uno che non pensava mai alle conseguenze delle sue azioni, che amava invece sentire il brivido del rischio - e l'adrenalina - rizzargli ad uno ad uno i peli della nuca; se avesse abbassato le palpebre e lasciato trasportare anni addietro, attraverso i cassetti della memoria, Jin riusciva ancora a sentire in lontananza la gracile voce di sua nonna sgridarlo per tutte le volte che da bambino era tornato a casa con delle orribili e sanguinanti sbucciature sulle ginocchia, soltanto perché una vocina nella sua testa gli aveva suggerito che arrampicarsi fino alla cima di quel grosso albero e guardare dall'alto il suo piccolo quartiere illuminarsi all'imbrunire di tante luci colorate, sarebbe stato divertente.
"Sei sempre il solito Seokjin!"
In realtà a Jin, un ragazzo dalla risata fragorosa e tanto contagiosa, poco importava di agire secondo le regole, di seguire il giusto o lo sbagliato, il bianco o il nero. Lui andava laddove portava la curiosità, lungo la strada dettatagli dal cuore, e quando quella volta in aeroporto aveva incrociato - per puro caso - lo sguardo caldo di Namjoon e sentito il suo muscolo palpitante fare nel petto un triplo salto carpiato, Jin riconobbe di essersi spinto al di là dei suoi stessi limiti. Una scelta folle, presa così su due piedi, ma che sapeva non avrebbe mai rimpianto. "Non appena avevi scoperto che il tuo aereo sarebbe partito nel giro di quindici minuti, sei corso via come un fulmine. Ti ho cercato ovunque, guardato negli occhi di tutte le persone che incontravo nella speranza di rivederti. Ho perso un volo per Tokyo solo per sapere il tuo nome"
Namjoon scosse la testa divertito, "Non ci sei riuscito".
"No, non ce l'ho fatta" sospirò lui, "In un attimo ho perso te, il viaggio in Giappone e – forse – anche l'occasione della mia vita. Ma poi ci siamo rincontrati dopo due mesi proprio qui, a Seoul, come i due ragazzi nel film. Ti ho guardato a lungo seduto su quella banchina dell'autobus e non sai quanto ho pregato Joon affinché tu mi riconoscessi"."Eri completamente diverso da allora. Portavi gli occhiali, e i tuoi capelli erano tinti di biondo. Ho riconosciuto il tuo sguardo Jin, quello non avrei potuto dimenticarlo per niente al mondo. Ti è bastato un cenno, un segnale da parte mia, quando hai visto che ero rimasto paralizzato tanto quanto te, mi hai urlato dall'altro capo della strada "Hey ti va una cioccolata calda ?" Lì ho pensato sul serio ti mancasse qualche rotella".
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You got the Best of Me ✧ Jikook
RomancePark Jimin lavora come cameriere in uno dei ristoranti più ambiti di tutta Seoul. La sua è una vita stabile, circondata da amici, divertimento ed un grande sogno nel cassetto: quello di diventare un ballerino professionista. Tutto cambia quando inco...