Capitolo 17

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Laura's POV
Con la felpa più pesante che ho e dei leggins neri semplici, mi affaccio in balcone a contemplare l'alba. Sono allegra, mi sento leggera, come ci si sente solo quando si è innamorati. Nel giro delle ultime 10 ore sono stata quasi violentata e uccisa, l'amore della mia vita è tornato e se n'è riandato, io l'ho raggiunto, abbiamo chiarito le cose e ci siamo dimostrate l'amore reciproco sul nostro letto matrimoniale... sì, il nostro, ormai abbiamo deciso di non separarci più. Mi lavo velocemente e vado nel bar più vicino a comprare dei pancakes e delle uova per colazione. Mentre cammino nella direzione opposta alle macchine e osservo i conducenti e i passeggeri. Una donna con gli occhiali da sole, il rossetto rosso fuoco e i lineamenti decisi e pronunciati, sola in auto; un'altra donna, ma struccata, senza occhiali e con i capelli castano chiaro, lunghi sino alle spalle; un ragazzo giovane con i capelli scuri, e la carnagione abbronzata, che è evidentemente assonnato. Quando passeggio per strada non posso fare a meno di osservare le persone, in auto o a piedi, e chiedermi cosa succede nella loro vita, se stanno bene, come si sono svegliati oggi, dove stanno andando... è una cosa morbosa, non riesco a smettere di pensare a loro, vorrei dirgli che, qualunque cosa stiano passando, io voglio aiutarli. A essere sincera, da quando sono una ragazzina ho questo problema: penso troppo. Pensare troppo non è una cosa positiva quanto sembra: non riesco a concentrarmi su me stessa, su quello che faccio quotidianamente... a volte mi succede di avere la testa talmente carica di preoccupazioni, pensieri, di pensare talmente tanto agli altri, che non riesco nemmeno a leggere. Amo leggere da quando ho 6 anni, ma ci sono momenti in cui proprio non ci riesco a farlo a causa di questo mio "problema". Quando hai la mente troppo affollata dai pensieri non puoi leggere, non puoi far nulla, solo pensare e cercare di consumare quelle idee, in modo che non siano tanto ingombranti e lascino spazio ad altro nella tua mente. Quando la tua mente è rumorosa non puoi far nulla: puoi scappare da una stanza rumorosa, da un negozio, da una classe, ma come scappi dalla tua stessa mente? Come scappi da te stessa?
Entro nel bar e ordino la colazione da asporto, e mentre la aspetto mi guardo intorno e osservo le persone che mi circondano: un bambino con la sua famiglia, ma sembra che né sua madre né suo padre siano intenzionati a guardarlo: sono entrambi troppo concentrati sul proprio telefono. Un uomo anziano che beve un cappuccino mentre legge il quotidiano, mi chiede cosa abbia fatto da giovane. È o era sposato? Ha combattuto una guerra? Ha figli o nipoti? Quali sono i suoi più grandi rimpianti, e quali le sue più grandi soddisfazioni? Lo guardo meglio: ha un bastone appresso, dev'essere zoppo, e chiama i camerieri per nome: è sicuramente un cliente abituale. Questi due fatti si possono collegare con un'ipotesi: è benestante e non ha le mani particolarmente rovinate, quindi potrebbe aver riportato delle ferite in guerra. A giudicare dalla sua età, potrebbe aver partecipato alla 2^Guerra Mondiale.
"Ecco la sua colazione - mi dice il cameriere, mentre mi porge il sacchetto -buona giornata."

Noto il numero di telefono che ha scritto nella parte alta della busta... penso a quanto ci resterà male quando non gli scriverò. Il viaggio dal bar a casa di Taylor è molto più breve di quello di andata, ma questo è un dato di fatto: il viaggio di ritorno sembra sempre più breve. Apro la porta con le chiavi che Taylor mi aveva dato qualche mese fa e urlo:

"Tay, sono tornata!", ma non ricevo risposta, anzi, la sento parlare da sola, probabilmente al telefono. So che è scorretto, ma l'onestà non è mai stata il mio forte, quindi mi metto a origliare. Quello che sento dire da Taylor è questo:

"Sì... era tornata Yael... no... ma certo!... Ho chiuso con lei, ho esaurito tutti i sentimenti che avevo in serbo... sicurissima". Non riesco a proseguire nell'ascolto perché un gruppo in gola che in questo momento mi impedirebbe di emettere qualsiasi suono, e che se peggioro ascoltando altre cattiverie dette da Taylor potrebbe impedirmi sul momento di respirare. Che significa che non prova più niente nei miei confronti? Allora quella di stanotte era tutta funzione? I "ti amo", i "per sempre", le carezze, i baci rubati? Cos'era, se non un teatrino? E mi viene spontaneo chiedermi: a quale scopo? Cosa ha ricavato da tutta questa situazione?

Non riesco a tenere a freno la mia mente, non faccio in tempo a realizzare di aver concepito un pensiero, che subito un altro si insinua nel mio subconscio, e l'altro è quasi superato.

La porta di Taylor si apre e, prima che possa rilevare la mia debolezza, la supero e inizio a fare le valigie, dandole sempre le spalle.

"Laura, ma che diavolo stai facendo? Sei impazzita? Molla quella roba! Ma dov'eri finita? Io... pensavo che tu mi avessi abbandonata di nuovo!"
Non appena sento quelle parole mi blocco subito. Credeva che l'avessi abbandonata di nuovo?
"Ma che dici, ieri notte abbiamo chiarito, perché mi sarei dovuta fare cinque ore di auto e due di discussione per poi andarmene la mattina successiva?"
"Proprio non lo so - sorride Taylor, rassicurata -ma con te tutto è possibile!"
Le mostro il sacchetto contenente il mio ordine e le dico:
"Ero uscita a comprare la colazione"
Alla fine scopro che lei aveva detto quelle parole a Yael perché pensava fossi ancora scappata -che poi, Taylor, non sono mai scappata da te, semmai scappare dai miei problemi mi ha obbligata ad allontanarmi da te- e che nulla di tutto ciò era vero, e che mi amava ancora. Me lo ha detto con queste testuali parole: "I'm still loving  you", quindi io le ho creduto.

In questo momento siamo coricate una su un capo del divano e una sull'altro, con le gambe intrecciate. Io sto leggendo un libro, mentre lei sta aggiornando il suo blog sull'alimentazione per la prima volta dopo mesi. Ed è così che vorrei continuasse a trascorrere la mia vita, nulla di più, nulla di meno: lei, un libro, del vino, vicine al camino contenente il fuoco acceso, e la pioggia che bussa ai vetri. Bussa come se volesse entrare, come fosse un ospite che spera di essere accolto all'interno di una dimora calda, ma i cui abitanti non gli danno ospitalità... quindi vado a far compagnia alla pioggia, là fuori, e porto anche Taylor.

"Laura, che fai?" mi chiede quando apro la porta, allora la trascino per un braccio sotto la pioggia, volgo lo sguardo al cielo e rido, come una bambina di cinque anni a cui stanno facendo il solletico. Ed è questo che pioggia mi fa: mi solletica il viso, le labbra, i capelli fino a scendere al collo, infine mi entra dentro i vestiti e sta a contatto con la mia pelle fredda. La pioggia è sempre stato il mio posto felice. La pioggia è il posto felice degli strani, dei pazzi, degli scrittori e dei poeti, delle persone che finalmente vogliono poter piangere in compagnia di qualcuno e per una volta non voglio asciugare le gocce con un fazzoletto di carta. La pioggia è il posto delle persone a cui non importa del trucco, di ammalarsi, dei giudizi degli altri. La pioggia mi trasmette allegria, non posso fare a meno di sfoderare un sorriso a 32 denti ogni volta che una lacrima di cielo sceglie me come persone su cui morire, su cui infrangersi.

La pioggia è il mio posto felice, Taylor lo è. Rimaniamo così, sotto la pioggia, come se nient'altro a parte noi e le nostre risate importasse davvero. Io la bacio, e lei mi bacia. E in questo momento non chiederei altro dalla vita.

Nella foto di inizio capitolo c'è Laura che interpreta Charlotte nel film "the hero", è molto bello e fa riflettere parecchio, ve lo consiglio.🏳️‍🌈

Still loving you-LaylorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora